Colombani, Pnrr essenziale per la ripartenza. Ora un nuovo modello di sviluppo con la partecipazione al centro

I segnali di una crisi profonda del modello di sviluppo affermatosi a partire dalla metà degli anni ’70, quando il consenso keynesiano venne soppiantato da quello neoliberista, erano evidenti da tempo. La pandemia ha impresso però un’accelerazione che risulta evidente negli orientamenti dei decisori politici e nel dibattito pubblico. È da questa premessa che il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani – che ha aperto con la sua relazione i lavori dell’ultimo Consiglio generale di First Cisl – muove per leggere uno scenario macroeconomico rivoluzionato dal Covid-19 e immaginare la rotta che il sindacato dovrà tenere nel settore bancario, destinato a cambiamenti profondi dall’evoluzione delle tecnologie digitali, dal processo di consolidamento sospinto dalle autorità di regolazione europee e italiane, dai cambiamenti nell’organizzazione del lavoro maturati nella fase critica della pandemia.

Il Pnrr rappresenta, secondo Colombani, l’occasione giusta per uscire dalla stagnazione che ha contraddistinto l’economia italiana negli ultimi venti anni: “Il Piano nazionale di ripresa e resilienza può rappresentare un punto di svolta. Dal 1999 al 2019 il nostro Pil è cresciuto molto meno di quello di tutti i grandi paesi europei e le condizioni sociali, di riflesso, hanno segnato un pesante arretramento. Il tasso di povertà assoluta è balzato dal 3,3% del 2005 al 7,7% del 2019; nel 2020 abbiamo toccato il 9,4%. Abbiamo il numero più elevato di Neet a livello comunitario e la partecipazione delle donne al mercato del lavoro resta molto al di sotto della media Ue: il 53,8% contro il 67,3%”.

Perché l’inversione di rotta si concretizzi è però necessario un cambiamento più profondo: quello che serve – dice Colombani – è un nuovo modello di sviluppo: “Dopo la seconda guerra mondiale c’è stato uno straordinario periodo di sviluppo, che ha portato alla riduzione delle diseguaglianze. Poi questo processo si è arrestato e le diseguaglianze hanno ripreso a crescere. Per farlo è evidente che il Pnrr da solo non basta. Gli investimenti pubblici vanno infatti accompagnati dagli investimenti privati. È ciò che ho definito in più occasioni uno shock da investimenti, che può essere innescato mobilitando il risparmio privato, canalizzando il suo flusso verso l’economia reale. È una proposta che abbiamo avanzato già nella prima fase della pandemia. Il tema è stato poi ripreso in varie forme da associazioni imprenditoriali e settori del mondo politico fino a divenire centrale nel dibattito economico. Se davvero vogliamo combattere le diseguaglianze abbiamo bisogno per un lungo periodo di una crescita sostenuta, sopra al 5%, in grado di sopravanzare – come ha spiegato Thomas Piketty – il tasso di crescita registrato in età moderna dalla rendita finanziaria. Un nuovo modello di sviluppo passa dalla riscoperta dei fondamenti dell’economia sociale di mercato, come ha ricordato di recente il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra. In questo quadro siamo determinati a tornare a scommettere sulla partecipazione dei lavoratori, che per noi rappresenta un tema identitario”.

“I segnali di un ripensamento sul modello di sviluppo, del resto, sono numerosi. La parola debito non è più un tabù, la politica di bilancio torna ad occupare il centro della scena, in precedenza egemonizzata dalla politica monetaria. Il cambiamento è visibile anche nella revisione della strategia di politica monetaria approvata recentemente dalla Bce, che ha fissato per il tasso di inflazione il nuovo obiettivo del 2% nel medio periodo, da mantenere simmetricamente. In precedenza il target previsto era inferiore ma vicino al 2%. Ciò significa che vi sarà maggiore tolleranza nel caso di scostamenti verso l’alto e che le pressioni dei paesi “rigoristi” per un immediato rientro verranno contenute. È inutile sottolineare l’importanza di questa decisione per un Paese come il nostro, che ha un rapporto tra debito e Pil che viaggia attorno al 160% e che finirebbe stritolato da una politica monetaria restrittiva”.

In questa congiuntura difficile l’Italia dovrà in ogni caso contare sulle sue banche. Rispetto alla crisi del debito sovrano del 2012, che lasciò strascichi pesantissimi sui bilanci, zavorrati da una massa enorme di crediti deteriorati, le condizioni del settore sono decisamente migliori: “La qualità degli attivi è elevata – prosegue Colombani – Il flusso di nuovi Npl probabilmente aumenterà con il venir meno delle moratorie, ma i valori per adesso restano bassi. Anche le semestrali che verranno presentate alla fine della prossima settimana si annunciano positive. Da parte nostra continueremo ad insistere affinché il capitale eccedentario venga indirizzato verso l’economia reale attraverso il credito. Non dimentichiamo che i prestiti garantiti sono stati essenziali per garantire la tenuta delle imprese. Il sistema bancario potrà svolgere un ruolo centrale nella ripartenza se attraverso il credito sosterrà gli investimenti”.

Spingendo lo sguardo avanti, ragiona il numero uno dei bancari della Cisl, “la ripresa dei tassi porterà ad una crescita del margine di interesse, cosa che dovrebbe frenare la ricerca ossessiva di ricavi da commissioni, che come sappiamo è la causa principale delle pressioni commerciali che vengono esercitate sui lavoratori. A livello sistemico dobbiamo però rilevare che non si è arrestata la tendenza a comprimere i costi tagliando la rete fisica delle banche. Solo quest’anno chiuderanno mille sportelli. Questo è anche l’effetto del consolidamento promosso dalle autorità europee ed italiane. Abbiamo sottolineato molte volte i suoi effetti negativi a livello sociale: la desertificazione bancaria avanza in tutto il Paese, specie nelle aree interne e al Sud. Ecco perché ci siamo pronunciati a più riprese contro una nuova ondata di aggregazioni che finirebbe per strutturare il mercato attorno a pochi gruppi di grandi dimensioni. Un assetto di questo tipo non potrebbe che risolversi in un danno per un’economia come quella italiana, nella quale il peso delle piccole imprese, già colpite negli ultimi anni dalla rarefazione del credito, è rilevantissimo. Qui sta anche la ragione della nostra difesa delle piccole banche, che sono le meglio attrezzate per garantire supporto alle Pmi. Il Pnrr offre da questo punto di vista una grande occasione”.

Le crisi bancarie vanno risolte senza un approccio dogmatico, guardando sempre all’interesse del Paese. A partire da Mps, che secondo Colombani va rilanciata mantenendo il suo radicamento territoriale e procedendo al più presto al rafforzamento patrimoniale previsto dal piano industriale: “L’accordo con la Fondazione, che riduce il contenzioso, è senz’altro una buona notizia. Privatizzare la banca entro la fine dell’anno sarebbe un errore, ne siamo sempre più convinti. Mi pare che stia emergendo un orientamento favorevole a prorogare la permanenza dello Stato nel capitale, e questo mi sembra positivo”. Quanto a Carige, appena riammessa agli scambi in Borsa, ci vorrà del tempo, sottolinea Colombani, per capire “su quali valori si attesterà il titolo”. In ogni caso “non siamo contrari a prescindere ad una aggregazione, a patto che questa valorizzi il capitale umano e non vanifichi i sacrifici fatti in questi anni da lavoratrici e lavoratori”. E poi c’è la Popolare di Bari. Dopo il salvataggio, ricorda Colombani, il progetto di farne una banca di investimenti per il Sud timonata dal Mediocredito Centrale: “Resto convinto che sia una grande opportunità per il Mezzogiorno e che Mcc sia il soggetto giusto per realizzarla. Ora bisogna passare ai fatti”.

Il segretario generale di First Cisl si è poi soffermato sul fenomeno dell’assicurazione – banca, che può rappresentare un punto di equilibrio per il sistema finanziario italiano vista la propensione dei gruppi assicurativi a comportarsi da investitori pazienti. Il caso Unipol – Bper dimostra che le compagnie assicurative hanno le carte in regola per giocare un ruolo di pivot. “Molto dipenderà anche dalla piega degli eventi in Generali – sottolinea Colombani – e dagli effetti sulla governance dei movimenti in corso. È evidente in ogni caso che le compagnie assicurative possono offrire un grande contributo alla ripartenza del Paese ed alla costruzione di un modello economico fondato su sostenibilità sociale e ambientale. Basta pensare ad un dato: solo il 3% delle Pmi è assicurato contro business interruption e attacchi cyber. Fossero state di più i costi affrontati dallo Stato durante la pandemia per sostenete il tessuto imprenditoriale sarebbero stati nettamente inferiori. Gli incentivi fiscali possono costituire la spinta gentile, per dirla con Richard Thaler, che serve a favorire comportamenti virtuosi”. In ballo sul fronte assicurativo c’è anche il rinnovo del contratto nazionale: “Siamo pronti a discutere con Ania – conferma Colombani – La valorizzazione delle persone è elemento essenziale per un settore che si propone di svolgere un ruolo determinante nei prossimi anni. La trattativa dovrà riguardare anche la gestione condivisa dell’innovazione digitale e del suo impatto sul lavoro e sull’industria assicurativa”.

Spazio infine a due vicende che hanno visto i sindacati dei bancari incassare due successi di grande rilevanza. Il primo è “lo stop alla riliquidazione dell’assegno straordinario per quanti sono transitati nel 2016 nel Fondo di solidarietà, cui l’Agenzia delle Entrate aveva inviato gli avvisi bonari. Il Parlamento ha recepito il dispositivo predisposto dalle organizzazioni sindacali e scongiurato questa ingiustizia, a dimostrazione che la nostra credibilità è elevata anche nei confronti della politica”. Il secondo è quello maturato nella battaglia che da più di venti anni vedeva impegnati i sindacati al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione: “l’Inps ha infatti riconosciuto il loro diritto a percepire le prestazioni aggiuntive maturate grazie alla contribuzione obbligatoria al Fondo previdenziale di settore. Un risultato che è stato reso possibile anche dal costante sostegno della Cisl ”.