L’Europa che vuole la transizione ecologica è la stessa Europa che chiede ai governi, con il nuovo Patto di stabilità, di sterilizzare la finanza pubblica come leva di investimenti e crescita. Una contraddizione, solo apparentemente insuperabile, che può risolversi invece in un balzo in avanti, a patto di non perdere l’occasione che si apre al protagonismo delle parti sociali: “L’Europa si forgerà nelle crisi, sosteneva Jean Monet, e penso che avesse ragione. Dopo il periodo tragico della pandemia, cui l’Europa aveva reagito con la creazione lungimirante del Next Generation Ue, è iniziata una nuova stagione di austerity, con l’approvazione di un Patto di stabilità tendenzialmente regressivo, mentre invece abbiamo bisogno di una crescita forte e duratura per colmare il gap, che si sta allargando, con gli altri blocchi geopolitici”, ha affermato il Segretario generale nazionale First Cisl Riccardo Colombani intervenendo alla tavola rotonda con cui si è chiusa la conferenza internazionale svoltasi a Bergamo presso il Centro Congressi Giovanni XXIII, nell’ambito della Conferenza annuale di Adapt, atto conclusivo del progetto finanziato dalla Commissione europea “Finanziare la transizione verde. La contrattazione collettiva transnazionale e il ruolo dei Cae nel sostenere il passaggio delle banche europee alla responsabilità ambientale e sociale. Focus sui nuovi profili professionali e sulla riqualificazione dei professionisti e manager” (#GreenFin, ndr), di cui First Cisl è stata capofila.
“Dopo il 2026 il Patto di stabilità determinerà necessariamente una riduzione del rapporto tra debito pubblico e Pil, dal momento che siamo vincolati a contenere il rapporto tra deficit e Pil entro margini molto stretti. Sappiamo però che la Commissione Ue per la transizione ecologica stima, fino al 2030, la necessità di investire 620 miliardi di euro l’anno. È evidente – ha proseguito Colombani – che l’unica strada, se si vuole raggiungere l’obiettivo, passa dalla mobilitazione del risparmio delle famiglie italiane. Una mobilitazione ovviamente volontaria e incentivata dalla garanzia integrale del capitale investito, con limiti precisi temporali e di ammontare, nel Fondo nazionale di investimento in economia reale (Finer, ndr), lo strumento che costituisce il centro della proposta che First Cisl e Cisl hanno presentato proprio con l’obiettivo di favorire una transizione ambientale giusta dei nostri sistemi produttivi”.
“Si tratta di un cambiamento di carattere culturale che non riguarda solamente il risparmiatore, ma anche gli intermediari finanziari, chiamati a riscoprire la loro funzione sociale, dal momento che la partecipazione di banche, assicurazioni e industria del risparmio gestito, sotto la regia di Cassa depositi e prestiti, consentirebbe di coniugare la redditività con gli interessi più vasti del Paese”.
Il progetto del Finer si inscrive inoltre nel dibattito, alimentato dai rapporti di Mario Draghi ed Enrico Letta, sulla creazione di un mercato unico europeo dei capitali. “Un progetto – ha sottolineato Colombani – che giustamente nel Rapporto Letta viene denominato mercato unico dei risparmi e degli investimenti. Per avere un senso, però, è necessario che l’obiettivo sia chiaro: il sostegno all’economia reale ed alla crescita. Quello delle ridotte dimensioni dei nostri mercati dei capitali è un problema particolarmente grave, soprattutto in Italia, dove sono appena 427 le società quotate”.
“La crisi in cui ci troviamo – ha concluso Colombani – sta creando le condizioni necessarie per la partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori alla gestione delle imprese. Il nostro auspicio, ovviamente, è che la proposta di legge di iniziativa popolare della Cisl vada in porto e venga tradotta in legge dal Parlamento. Si tratterebbe davvero di una straordinaria occasione per l’evoluzione del lavoro da fattore della produzione a collaboratore della produzione. Non dobbiamo avere paura di ibridare il capitale con il lavoro. Le quattro diverse forme di partecipazione individuate dal progetto di legge Cisl possono venire impiegate anche in modo combinato. Una partecipazione al capitale di rischio, con una rappresentanza collettiva del lavoro, attraverso meccanismi come il voting trust, consentirebbe di far venire meno l’alibi paternalistico di un capitalismo che mira a restringere i confini della partecipazione al solo ingresso nel capitale azionario”.
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