Tra teoria e realtà: un quadro a due facce

A pochi giorni da quello che sarà l’anniversario di un anno vissuto nel pieno della pandemia, il confronto di tavolo dell’11 febbraio u.s., incentrato su soluzioni e risposte organizzative all’emergenza sanitaria, ha analizzato l’ultima fase della stessa, facendo emergere nuovi problemi e vecchi difetti.

È emersa nuovamente una percezione notevolmente difforme tra le parti rispetto a criticità generate da storture organizzative che da (troppo) tempo caratterizzano la gestione del periodo pandemico, alimentando sempre più distanti visioni tra quella che potremmo chiamare “la teoria da comunicazione interna”, rispetto a quella che è la realtà negli uffici.

Un periodo emergenziale in cui non è stata concessa nessuna tregua sul fronte commerciale, né sui comportamenti comunicativi, come ampiamente dimostrato dai continui e numerosissimi interventi della Commissione Politiche Commerciali.

Sempre in bilico tra la teoria e la pratica si registrano anche la recente iniziativa aziendale che ha riguardato i lavoratori fragili con patologie che presentano rischi medici più bassi, con una richiesta di rientro al lavoro che in più di un’occasione ha visto tentativi di rovesciamento dei ruoli di proponente e destinatario della richiesta stessa tramite forme comunicative che necessitano di una pronta correzione.

Permangono, inoltre, le irrisolte tempistiche dilatate del rientro da malattia, il cui tempo medio risulta nella norma all’azienda (una giornata), ma nella realtà vede continue difficoltà organizzative, problematiche nella gestione di un corposo numero di pratiche da parte del medico aziendale, richieste forzate di utilizzo di ferie, quando si potrebbe e dovrebbe ricorrere a strumenti esistenti come lo smart working o l’easy learning, anche per portare avanti un piano formativo che nella quotidianità è oggetto di continue sollecitazioni non correlate dalle soluzioni organizzative che sono invece già a disposizione.

Esistono poi casi di colleghi positivi da 21 giorni, il cui rientro viene giustamente gestito con massima cautela richiedendo un tampone per il ritorno al lavoro, lasciando però l’onere economico in capo al lavoratore. Anche in questo caso, peraltro sporadico, basterebbe un piccolo sforzo per chiudere coerentemente il cerchio.

Le apprezzabili campagne di prevenzione messe in campo hanno visto una diffusione territoriale incompleta, nonostante le segnalazioni di OO.SS. e RLS, per cui da un lato si sottolineano lecitamente le migliaia di test effettuati, ma dall’altro ci sono colleghi che non hanno mai potuto beneficiare di uno strumento preventivo utilissimo perché costretti a viaggi inattuabili a causa della mancanza di centri convenzionati nelle loro zone. Abbiamo quindi sollecitato un nuovo passaggio tra azienda e Sì Salute atto a sbloccare lo stallo.

Restano problemi irrisolti anche con Unisalute, per cui è stata sollecitata una riunione della Commissione Sanitaria a fronte di rigidità sui rimborsi da parte della compagnia e di ritardi nei pagamenti delle diarie da COVID, per le quali i colleghi non hanno notizie da novembre.

Ne emerge un quadro a due facce che riguarda troppe situazioni e che richiede azione e riflessione su quello che appare in teoria e quello che invece si vive ogni giorno sul campo. Dietro la facciata ci sono dei problemi, che oltre alla fase di presa d’atto vanno affrontati concretamente.

I dettagli nel comunicato sindacale