Processo di uno stupro: Artemisia Gentileschi e Pippa Bacca

In questo nuovo numero di Ogni giorno è un buon 8 marzo racconteremo la storia di Artemisia e Pippa, due artiste vissute in epoche lontane tra loro, le cui vite presentano degli elementi comuni e paralleli: entrambe vittime di stupro e di un successivo processo – in un caso inquisitorio, nell’altro mediatico.

Eventi che seppur tra loro distanti si snodano attraversando lo spazio ed il tempo, risultando, purtroppo, ancora tragicamente attuali, segno evidente di una carenza culturale e di una più preoccupante decadenza sociale che devia le colpe sulla vittima, anziché condannare il carnefice.

Artemisia Gentileschi nasce a Roma nel 1593. È figlia del pittore Orazio Gentileschi, da cui eredita la passione e le doti artistiche. La sua pittura è di scuola caravaggesca, reale e non idealizzata. La sua arte rivela una drammatica rappresentazione della realtà attraverso l’utilizzo dei contrasti di luce e d’ombra, come traspare nella sua opera più celebre “Giuditta che decapita Oloferne”.

Giuseppina Pasqualino di Marineo, in arte Pippa Bacca, nasce a Milano nel 1974 da una famiglia nobile, ma non convenzionale. Suo zio è Piero Manzoni, autore della celebre e provocatoria opera “Merda d’artista”. Come quella di suo zio, l’arte di Pippa è performativa e legata alla tradizione post-moderna: uno stile concettuale, profondo, da interpretare, ma ugualmente caratterizzato da un forte impatto emotivo.

Il matrimonio. È questo un primo elemento comune nella vita delle nostre protagoniste: per Artemisia si tratta di un matrimonio riparatore a seguito dello stupro subito; per Pippa rappresenta l’ispirazione della sua ultima performance artistica che la condurrà nelle braccia del suo aguzzino.

Roma, 1611. Artemisia è nel pieno della sua giovinezza e della sua attività artistica. Il suo innato talento è motivo di orgoglio per il padre il quale decide di affidarla alla guida del pittore Agostino Tassi, esperto di prospettiva. L’attività di Artemisia è interamente confinata entro le mura domestiche essendo, all’epoca, vietata alle donne la frequentazione di scuole artistiche.
È proprio nel sicuro alveo casalingo, dopo numerosi approcci e rifiuti, che si consuma la violenza da parte di Agostino Tassi.
Artemisia ha solo diciassette anni.
Vi era a quel tempo la possibilità di cancellare il reato di violenza sessuale attraverso un matrimonio riparatore che rendesse nuovamente la donna rispettabile; si riteneva difatti che la violenza sessuale ledesse solo una generica moralità e non la vittima. Ma Agostino Tassi, oltre ad essere uno stupratore ed un presunto assassino (si pensa abbia ucciso la sua prima moglie ed è stato inoltre accusato di incesto con la sorellastra e di furto), è anche un bugiardo: il promesso matrimonio riparatore non può celebrarsi in quanto egli è già coniugato.
Solo a quel punto il disonorato padre Orazio, impossibilitato a ripristinare l’onore della figlia stuprata, decide quindi di denunciare l’accaduto a papa Paolo V.

Milano, 2006. Pippa ha 32 anni, veste sempre e solo di verde, lavora part time in un call center e lo fa per occuparsi di altri mille interessi come la danza ed il canto, ma soprattutto per finanziare le sue performance artistiche. I suoi lavori giocano con l’ambiguità: ritaglia foglie di fico a forma di foglie di quercia, riaprendo uno dei temi su cui da sempre ci si interroga, l’Essere e l’Apparire. Cosa è reale e cosa no.
Richiude foto di conoscenti ed amici in bolle di vetro riempite con grappa e maizena per ricreare l’effetto della nebbia milanese e raccontare così luoghi e persone.
Vive la sua vita da artista trentenne e partecipa ad un matrimonio: il matrimonio della sua amica Margherita. Pippa trova curioso che la sposa continui a ripetere agli ospiti di non calpestare lo strascico per evitare di sporcarlo, in fondo è un abito che si utilizza una sola volta.
Eureka! Nasce così l’idea “Brides on tour – spose in viaggio”: indossare un unico vestito per un viaggio speciale, in autostop, attraverso paesi colpiti di recente dalla guerra. Un unico vestito da sposa quale simbolo di pace e di speranza in netto contrasto con luoghi segnati da recenti conflitti. Un abito la cui gonna, a forma di giglio, è composto da undici veli a forma di petalo, ciascuno dei quali simboleggia uno degli undici paesi da attraversare (Slovenia, Croazia, Bosnia, Serbia, Bulgaria, Turchia, Libano, Siria, Egitto, Giordania, Israele). L’opera si fonde con l’artista e ne diviene il suo guscio protettivo in continua mutazione: sono le donne incontrate nelle varie tappe infatti ad arricchirlo con dei ricami.
Il viaggio ha inizio l’8 maggio 2008, partenza Milano con destinazione Gerusalemme. Dopo aver attraversato Slovenia, Croazia, Bosnia e Bulgaria, Pippa arriva in Turchia, a Gezbe.
È il 31 marzo. Il viaggio fin qui è stato più faticoso di quanto immaginato, Pippa è stanca ma determinata a concluderlo.
Il giorno prima ha incontrato il suo fidanzato, volato dall’Italia in Turchia solo per riabbracciarla. L’assale la nostalgia. Un respiro profondo in un’afosa mattina di primavera, un sms inviato di fretta alle 7.20: “Eccomi al porto tutto bene, mi scappa un po’ la pipì ma aspetto dopo ne faccio di più. Baci baci” e si riparte.
Una macchina rallenta, si ferma. Pippa sale a bordo dell’auto di Murat Karatash, il suo stupratore. Il suo assassino.

La violenza. “Serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò su la sponda del letto dandomi con una mano sul petto, mi mise un ginocchio fra le cosce ch’io non potessi serrarle et alzatomi li panni, che ci fece grandissima fatiga per alzarmeli, mi mise una mano con un fazzoletto alla gola et alla bocca acciò non gridassi e le mani quali prima mi teneva con l’altra mano mi le lasciò, havendo esso prima messo tutti doi li ginocchi tra le mie gambe et appuntendomi il membro alla natura cominciò a spingere e lo mise dentro. E li sgraffignai il viso e li strappai li capelli et avanti che lo mettesse dentro anco gli detti una stretta al membro che gli ne levai anco un pezzo di carne”. È con queste parole che Artemisia descrive l’accaduto in un processo che per la prima volta vede una donna accusare pubblicamente un uomo per lo stupro subito.

Per Pippa, al contrario, non abbiamo nessun racconto dell’accaduto ma questo ci impedisce forse di capire cosa significhi avere addosso, premuto contro, qualcuno che non si vuole?
Chi non è in grado di immaginare il disgusto, la vergogna, la paura, gli odori sgraditi, le mani invadenti, l’impotenza, il dolore provato?
Non è un caso se di frequente lo stupro è utilizzato come una vera e propria arma di guerra, come punizione corporale: dai tempi dell’antica Grecia ad oggi, le donne sono state imprigionate, torturate, violentate, usate come schiave.

Il processo. Roma, 1612. L’iter probatorio è tortuoso, complicato e particolarmente aggressivo, nonché costantemente compromesso dall’impiego di falsi testimoni al fine di ledere la credibilità e l’onore di Artemisia. Obbligata a numerose visite ginecologiche lunghe ed umilianti, esposta alla morbosa curiosità del popolo e agli attenti occhi di un notaio incaricato di redigere un verbale, Artemisia non si lascia intimidire, porta avanti le sue accuse e il processo si conclude con una condanna per il Tassi il quale tuttavia, godendo dei favoritismi del pontefice, verrà presto graziato.

Italia, Aprile 2008. Sono settimane che i famigliari di Pippa non hanno più sue notizie. Sale la preoccupazione, partono le denunce ed il volantinaggio, viene rilasciata un’intervista a Chi l’ha visto. Intervista che non andrà mai in onda: il 12 aprile il suo corpo, nudo e ricoperto di foglie, viene ritrovato a 50 km a sud est di Istanbul. Il blog dell’artista è presto invaso da messaggi di solidarietà alla famiglia, ma anche da cattiverie gratuite da parte dei nuovi leoni da tastiera: “una ragazza sola, vestita da sposa che si sposta facendo l’autostop (..) e mò l’Italia deve pure scomodarsi a cercarla…con tutti i problemi che ha l’Italia si deve preoccupare di sti idioti che si credono artisti!”, “quello che ha fatto è di un’incoscienza intollerabile (…) non sono cinico ma razionale e logico…se fai il bagno in una piscina piena di squali affamati ed esci con le gambe sbranate …non è sfortuna!”.
Inizia il processo mediatico e successivamente quello in tribunale che porta alla condanna all’ergastolo per il Karatash.

L’eredità. Terminato il processo, per riabilitarsi agli occhi della società, Artemisia sposa un semisconosciuto artista fiorentino e continua a dedicarsi intensamente alla pittura al punto da riuscire a farsi ammettere – come prima donna nella storia – all’Accademia delle arti del disegno.
Impegnata a perseguire la propria indipendenza ed affermazione artistica, sviluppa uno stile che la rende distinguibile in quell’ universo, fatto di soli uomini, che ha osato sfidare.
Le principali protagoniste dei suoi dipinti sono eroine bibliche: donne che si ribellano con forza, e se necessario anche con violenza, a una figura maschile che tenta di sottometterle.
Ciò rende Artemisia, anche ai giorni nostri, una delle principali artiste simbolo del femminismo internazionale, con numerose associazioni e circoli ad essa intitolate.

L’assassinio di Pippa ha scosso non solo l’opinione pubblica italiana, ma ancor di più quella turca riaprendo il dibattito sulla violenza contro le donne. Al processo dell’assassino, gruppi femministi in abito verde, hanno innalzato cartelli con l’immagine di Pippa Bacca. Uno dei principali quotidiani del Paese ha invitato le artiste turche a riprendere – in abito bianco e consapevoli dei pericoli – il viaggio interrotto di Pippa, trasformandolo in una “marcia della libertà” delle donne turche.

Sebbene la violenza fisica rappresenti la forma più eclatante e unanimemente condannata, si tratta in realtà della punta di un iceberg che stenta a sciogliersi: da sempre lo stupro è stato utilizzato come mezzo per zittire, umiliare, sporcare nel profondo e in maniera indelebile le donne.

Numerose sono le sfaccettature e gli atteggiamenti misogini, messi in atto ogni giorno, frutto di una cultura patriarcale e maschilista che a partire dal falso concetto di superiorità del maschio fino al presunto diritto di possesso su tutto ciò che si vuole, incluso le donne, porta a pensare che certi comportamenti siano tutto sommato giustificabili.

In caso di molestie, ad esempio, si verifica frequentemente una messa sotto accusa della vittima: “Come eri vestita” – “Cosa ci facevi da sola?” – “Eri ubriaca?” – “Te la sei cercata!”. Una sorta di “colpevolizzazione” che spesso scoraggia le donne nel denunciare quanto subito.

È bene ricordare che non vi sono atteggiamenti provocatori, vestiti troppo corti o maglie troppo scollate tali da giustificare commenti, battute, palpatine o violenze fisiche, ma solo una vittima ed il suo carnefice.

La violenza contro le donne è anche e soprattutto un problema di mentalità che non si combatte solo attraverso le leggi e le campagne di sensibilizzazione, ma soprattutto attraverso una rivoluzione culturale incentrata sul rispetto reciproco, sull’educazione e sulla solidarietà.

In una società ancora oggi troppo maschilista, l’impegno più grande spetta a noi donne in qualità di figlie, mamme, amiche, mogli e purtroppo spesso vittime, in quanto ogni donna che lotta per sé stessa, lotta anche per tutte le altre donne.

Le ferite di una violenza sono difficili da rimarginare, tuttavia è fondamentale che il dolore e la rabbia non siano eterni. Continuare a identificarsi nella donna violentata rischia di far rivivere la stessa aggressione ogni giorno. È indispensabile superare il trauma in quanto oltre al dolore c’è una vita che ci aspetta, non solo una vita in apparenza “normale”, ma una vita vera.

Ispirate dal coraggio di Artemisia e guidate dal messaggio di pace e speranza di Pippa ci auguriamo che qualunque donna continui a splendere ed a inseguire i propri sogni senza arrendersi mai.

Lucia Sacco, Dirigente Sindacale First Cisl Emilia Centrale.

 

 

In copertina: “Susanna e i vecchioni” di Peter Paul Rubens, particolare.