Lo studio First Cisl sugli utili delle principali banche dichiarati nel terzo trimestre dell’anno ha alimentato un ampio dibattito. L’elaborato ha favorito spunti e riflessioni puntualmente ripresi dalla stampa.
Complessivo il ragionamento fatto da Conquiste del Lavoro che ha così titolato il suo servizio: “Più utili, ma la festa è solo per le banche”. Firma l’articolo Carlo D’Onofrio che con il suo attacco sintetizza la ricerca: “Quasi nove miliardi di utile netto, svalutazione dei crediti in calo, costi in discesa. Ma anche una vistosa contrazione di filiali e personale”.
«Le banche festeggiano ma festeggiano solo loro» è questo il secco commento del segretario generale di First Cisl, Riccardo Colombani. Nello scorrere lo studio sui dati delle prime cinque banche italiane (Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco Bpm, Mps e Ubi), si apprende che “il calo degli occupati e degli sportelli è drammatico: rispetto al settembre del 2018 i primi scendono del 3,6%, i secondi del 6,6%. Una vera e propria emorragia”.
Sulle risultanze delle ultime trimestrali rese note dai più importanti istituti di credito Colombani dice che esse «dimostrano inequivocabilmente che l’emergenza è finita ma anche che il limone ormai è spremuto. È ora di dire con chiarezza ai banchieri – si legge su Conquiste del Lavoro – che l’epoca dei tagli è finita. Non è infatti continuando a tagliare che si può sperare di veder crescere i ricavi. La strada giusta è quella di rilanciare occupazione e salari, come chiediamo nella piattaforma di rinnovo del contratto nazionale. I 135 euro di aumento offerti dall’Abi non sono assolutamente sufficienti».
La ricerca di First Cisl è completa. Essa analizza tutti gli elementi evidenziando che “per la redditività del sistema è determinante la qualità del credito. Le rettifiche su crediti sono scese da 5.1 a 4.6 miliardi, con l’incidenza dei crediti deteriorati netti (Npl ratio) adesso inferiore al 4%. Si riduce il peso del flusso dei nuovi crediti deteriorati, che, come documentato da Banca d’Italia, è sceso all’1.5%, un valore assai inferiore a quello misurato negli anni pre-crisi. Le prospettive sono dunque in miglioramento dal momento che è ragionevole attendersi che anche i costi per le svalutazioni dei crediti possano abbattersi fino ai livelli degli anni pre crisi, con recupero di costi per diversi miliardi a livello di sistema. Calano anche i costi”.
«Vogliamo iniziare a confrontarci con le banche su strategie di investimento e di sviluppo, non solo sulle ricadute del taglio dei costi e del ridimensionamento», sostiene ancora Colombani. «La fine dell’emergenza dei crediti deteriorati deve portare ad investimenti in grado di generare nuovi ricavi, con una rinnovata attenzione alla sostenibilità e alla funzione sociale dell’attività bancaria».
Il documento elaborato dall’ufficio studi di First Cisl certifica che “gli utili netti delle Big 5 superano 8.7 miliardi, con un + 38,5%: un dato che non deriva solo da profitti straordinari. Incide fortemente la riduzione delle svalutazioni dei crediti (-10.1%), ma emerge anche un forte incremento della produttività del lavoro. Il risultato netto di gestione per dipendente, cioè l’utile operativo al netto delle svalutazioni dei crediti, sale del 6,8%. Nonostante il basso livello dei tassi di interesse e la competizione sui servizi, i ricavi core per dipendente (margine di interesse e commissioni nette) sono rimasti sostanzialmente stabili. In questo quadro si evidenzia un forte aumento del prodotto bancario pro capite, che aumenta del 5,2% nei primi nove mesi del 2019”.
Sui dati elaborati la conclusione del leader dei bancari della Cisl Riccardo Colombani: «Le banche non possono pensare solo a remunerare gli azionisti, devono pagare anche la produttività del lavoro ai bancari».