14 maggio. La vita ai tempi del Covid-19

E se lavorassimo da casa per sempre?

È quello che ha proposto Twitter, il social dei cinguettii brevi, ai sui dipendenti.

Ieri, infatti, l’azienda americana ha fatto sapere che, se i lavoratori vorranno, potranno lavorare da casa “per sempre”, anche al termine dell’emergenza (https://blog.twitter.com/en_us/topics/company/2020/keeping-our-employees-and-partners-safe-during-coronavirus.html).

Ma come? Ora che siamo in fase due, che ci dicono che possiamo tornare ad uscire, che possiamo anche tornare in azienda qualcuno va in direzione esattamente contraria proponendo di restare a casa? È forse il caso isolato di una folle azienda innovativa americana con delle idee strambe? Parrebbe proprio di no. Molte aziende sembrano non avere alcuna fretta di riportare i colleghi in ufficio. Dopo anni passati a contrastare il lavoro da remoto per questioni prevalentemente culturali e di rigidità organizzative, costrette dall’emergenza a introdurre il lavoro a distanza, molte imprese sembrano essersi innamorate di questa modalità. Ma siccome noi siamo la FIRST CISL e non ci piace fermarci ad uno sguardo superficiale proviamo a guardare un po’ più a fondo la questione.

Adesso che molti di noi hanno lavorato da casa per due interi mesi è possibile iniziare a fare un bilancio valutandone i pro e i contro.

Beh, cosa dire dei vantaggi? Sono sotto gli occhi di tutti ed erano così lampanti che siamo stati proprio noi per primi a promuoverlo nelle aziende: minore mobilità, maggiore possibilità di conciliare la vita con il lavoro, più tempo per sé stessi e per i propri cari sottratto agli spostamenti, maggiore autonomia nell’organizzazione delle attività, maggiori possibilità anche per le persone più fragili per questioni di salute e, in questo momento, maggiore tutela della salute pubblica.

E anche le aziende si sono rese conto che, dove le attività sono compatibili, si può lavorare da casa, che il lavoro da remoto funziona, che le persone anche senza il controllo continuo e pressante del responsabile che gli fiata sul collo sono in grado di lavorare e farlo bene, che la produttività non ne risente. Tutto bellissimo, insomma.

Ma noi pensiamo che quasi mai sia tutto oro quello che luccica e non amiamo farci abbagliare ma anzi abbiamo la tendenza a provare a guardare la medaglia da ogni lato, o meglio, il dodecaedro da ogni faccia visto che il più delle volte la realtà è mutisfaccettata.

Abbiamo già parlato di smartworking (https://www.firstcisl.it/milanometropoli/2020/04/21/21-aprile-la-vita-ai-tempi-del-covid-19/) e di tecnologia (https://www.firstcisl.it/milanometropoli/2020/05/12/12-maggio-la-vita-ai-tempi-del-covid-19/) ma ci sono altri aspetti della questione che vale la pena approfondire e, senza voler fare i guastafeste, semplicemente portare all’attenzione anche altre questioni meritorie di interesse.

Innanzitutto rileviamo che una prevalenza del lavoro da casa priva i lavoratori di una componente fondamentale del lavoro stesso: la socialità. La socialità è una parte fondamentale del lavoro sia per quanto riguarda la produttività e la crescita personale (il confronto fra colleghi favorisce la generazione di idee, la creatività, la nascita di proposte innovative, l’arricchimento personale) che, e questa forse è la parte alla quale come sindacato teniamo di più, le relazioni. La lontananza, se perdura, aliena e allontana, riduce quel senso di collettività e solidarietà che insieme ci rende più forti. Quindi, va bene lavorare a distanza, è molto utile da ogni punto di vista soprattutto in considerazione dei vantaggi che produce nel breve termine, per altri, soprattutto nel lungo, rischia di essere deleterio. Quindi adottiamo volentieri il lavoro da remoto ma con tutti i correttivi necessari e cum grano salis, come dicevano i nostri avi che di virtù che stanno nel mezzo e di sale se ne intendevano.

E poi c’è un altro tema che non va sottovalutato e che, magari potrebbe aiutarci a capire un po’ meglio perché molte aziende si stanno infatuando del lavoro da remoto. Probabilmente molte di esse si sono rese conto che, se buona parte delle persone lavorano da casa invece che in azienda, si genera una considerevole riduzione dei costi (manutenzione degli impianti, pulizia degli ambienti, contratti di varia natura e in particolare quelli d’affitto, ecc..) scaricandoli, il più delle volte proprio sui lavoratori. In pratica, dove non è arrivato il cambio culturale, è arrivato il taglio dei costi. Ne dovremo tener conto quando ci ritroveremo a discutere con le aziende per i prossimi accordi.

Intanto ieri il presidente del Consiglio Conte ha parlato annunciando il decreto “Rilancio”. Se ve lo siete perso lo trovate qui http://www.governo.it/it/articolo/decreto-rilancio-conferenza-stampa-palazzo-chigi/14600 in attesa che venga diffuso il testo ufficiale.

Anche la Regione Lombardia ha emesso una nuova ordinanza con le indicazioni ai datori di lavoro a partire dal 18 maggio https://www.regione.lombardia.it/wps/wcm/connect/242f8d10-eebf-48d0-826b-f27cfc68a52e/ordinanza+546+del+13_05_2020.pdf?MOD=AJPERES.

È stato sottoscritto il protocollo per la fase due anche nel settore riscossioni https://www.firstcisl.it/2020/05/riscossione-ader-sottoscritto-il-protocollo-per-fase-2/

La Comunicazione FIRST CISL di Milano Metropoli