21 aprile. La vita ai tempi del Covid-19

L’attivazione dello smartworking nelle nostre aziende ha avuto un andamento che replica quello dei contagi da coronavirus. Partito con numeri molto bassi a febbraio, aumentato esponenzialmente a marzo, arrivato, quindi, al picco. Ma cosa ne sarà dopo questa emergenza? Calerà come i contagi?

Una riflessione a tal proposito ci viene proprosta da Maddalena Acquaviti, segretaria territoriale della FIRST CISL di Milano Metropoli con delega al welfare e alle innovazioni tecnologiche.

“La trasformazione digitale, in questi anni, è stata, nonostante i proclami, piuttosto lenta probabilmente anche per effetto di un DSI (Digital social index) che in Italia resta ancora piuttosto basso.

Se, da una parte, le aziende hanno dichiarato di puntare sull’evoluzione tecnologica dei servizi e l’automatizzazione dei processi, non si può dire che fino ad ora abbiano fatto altrettanto per modernizzare l’organizzazione del lavoro e utilizzare la tecnologia per rispondere a esigenze di mobilità e conciliazione. In questi anni la FIRST CISL ha portato avanti una visione più globale che potremmo definire, per restare in tema di termini medici, più olistica; gli strumenti di conciliazione e, in particolare, lo smartworking, infatti, non possono essere concepiti come elementi indipendenti e sconnessi ma devono essere integrati e inseriti nel più complesso contesto organizzativo e culturale dell’azienda.

Alzi la mano chi in questi anni non ha tentato di introdurre lo smartworking nella sua azienda. Qualcuno c’è riuscito a fatica e con molta lentezza, altri non ce l’hanno mai fatta. Tutti hanno riscontrato un’enorme resistenza culturale e organizzativa e molte difficoltà a sottoscrivere accordi collettivi. Un punto fermo da cui si può partire è stato posto nel settore bancario con il CCNL 19/12/2019.

L’emergenza ha costretto le aziende ad attivarsi rapidamente per il lavoro da remoto dimostrando che una riorganizzazione delle attività è possibile e che, con gli opportuni interventi, sarà gestibile anche dopo.

Nonostante questo, già possiamo immaginare che molte imprese, a fine emergenza, tenderanno a riportarsi alle condizioni precedenti invece di cogliere questa occasione per rivedere la propria organizzazione in modo da renderla più flessibile e attivare quel cambio culturale necessario a rendere sostenibili nel tempo gli interventi operati.

Non dovremo farci cogliere impreparati!

Per la gestione dell’emergenza il governo ha previsto una procedura semplificata che bypassa gli accordi individuali al fine di dare maggiore diffusione in tempi brevissimi allo smartwoking e così ridurre le occasioni di contagio, aiutare le famiglie con i figli a casa e preservare quanto più possibile la tenuta economica del Paese.

Al termine dell’emergenza dovremo, invece, tornare a parlare di questo tema con le aziende e spingere su accordi collettivi anche perché, a nostro avviso, il cambio culturale deve necessariamente passare dal coinvolgimento e dalla partecipazione dei lavoratori.

In questa fase siamo obbligati dagli eventi a effettuare, più che un esperimento di smartworking collettivo, una sorta di telelavoro forzato. Al termine dell’emergenza dovremo, tra le altre cose, tornare a garantire la volontarietà e una reale flessibilità pur all’interno delle previsioni contrattuali in tema di orario di lavoro.

Dovremo chiedere di intervenire nel processo e fissare gli obbiettivi organizzativi che intendiamo perseguire in termini di conciliazione e maggiore flessibilità. Sarà poi necessario monitorarne l’evoluzione, pretendere i numeri di persone coinvolte e di giornate utilizzate senza trascurare gli aspetti legati alla salute e alla privacy su cui andrà fatta adeguata formazione. Un altro aspetto che non andrà perso di vista sarà quello relativo al diritto alla disconnessione che è totalmente scomparso dai radar in questa fase in cui casa e ufficio sono diventati praticamente coincidenti sia intesi come spazi fisici che temporali.

Inoltre potremo cogliere l’occasione per dare nuova spinta allo smart-learning e così consentire anche a chi è impiegato su attività che non è possibile svolgere da remoto di poter operare da casa.

Sarà, quindi, necessario che il sindacato partecipi attivamente e venga coinvolto in percorsi condivisi per fissare obiettivi, raccogliere dati, analizzare i risultati al fine di rispondere alle reali e mutate esigenze dei lavoratori e monitorare tutte le ricadute normative in ambito di privacy, salute e sicurezza, diritto alla disconnessione.

Per chi fosse interessato, la Regione Lombardia ha emesso un bando a favore delle aziende che intendono adottare lo smartworking

https://www.fse.regione.lombardia.it/wps/portal/PROUE/FSE/Bandi/DettaglioBando/Agevolazioni/avviso-adozione-piani-aziendali-smart-working

Alcune notizie:

La FIRST Lombardia si chiede: “Ma quale fase 2?”

https://www.firstcisl.it/lombardia/2020/04/20/covid-19-ma-quale-fase2-battistini-salute-valore-fondamentale/

Naspi, integrazione salariale, Fondo credito: gli importi 2020 in un documento della FNP CISL di Milano https://www.cislmilano.it/dettagli_articolo/9747/Naspi-integrazione-salariale-Fondo-credito-gli-importi-2020

 La comunicazione FIRST CISL di Milano metropoli