Parla con me e con Lucia Sacco

La violenza psicologica è un duplice colpo invisibile che lacera non solo la mente, ma anche il cuore: le parole diventano lame affilate pronte a stilettare continui meccanismi di sopraffazione che nel tempo tolgono la dignità e annullano l’identità della vittima.

Paure e angosce, senso di colpa e silenzio sono dietro l’angolo ad ogni passo: esse piovono dentro impregnandosi del nostro essere, finché la mente ne diventa quasi dipendente, sicuramente annebbiata, tendendo ad annichilirsi a causa della propria impotenza.

Ciò accade in amore, ma non solo: anche un amico, un parente o un collega può cadere in simili atteggiamenti e pugnalarci con parole crudeli e aspre, magari a volte senza volerlo, ma il peso di ciò che viene detto resta come uno squarcio perenne.

Lucia Sacco ha avuto la forza e la determinazione di superare queste violenze, riuscendo sia a realizzarsi professionalmente e sia a ritagliarsi il suo posto nel mondo, accettandosi come donna disposta, ogni giorno, a superare i propri limiti e a guardare al di là di ciò che gli altri possono pensare. E ha condiviso con noi la sua storia, le sue emozioni e la sua grande volontà per ritrovare un’autostima che sembrava quasi dimenticata.

Ciao Lucia, benvenuta in questo nostro piccolo spazio de L’otto mensilmente, da anni ospitato da First Cisl Emilia Romagna.

Ti abbiamo invitata perché tu ci possa raccontare un po’ di te attraverso una brevissima intervista; tuttavia, prima di iniziare con le domande vere e proprie, vogliamo che ti presenti al pubblico attraverso un piccolo riassunto sulla tua vita: raccontaci chi sei, che studi hai fatto e di cosa di occupi oggi.
Ho 32 anni, sono di origine pugliese e dall’età di 19 anni vivo in Emilia Romagna. Ho conseguito la laurea triennale e poi specialistica presso l’Università di Modena e poche settimane dopo la laurea ho iniziato il mio primo, e ancora attuale, lavoro in banca.

Circa un anno e mezzo fa sono entrata a far parte della squadra FIRST CISL, un po’ per caso: mi è stato proposto di diventare dirigente sindacale e li ho pensato PROVIAMOCI!

Non è stata in realtà una decisione così immediata né presa alla leggera. Mi sentivo impreparata per questo compito. Ma più ci pensavo e più sentivo che quella proposta era un segnale e che avrei dovuto cogliere!

Ad oggi mi sento di poter affermare che l’attività sindacale rappresenta una parte imprescindibile della mia vita.

Passiamo ora allo specifico di questa monografia: l’intervista. Ti faremo alcune essenziali domande affinché attraverso le tue risposte si possa continuare a tracciare un solco positivo all’interno della società, grazie al quale poter proseguire la nostra semina di buone intenzioni e di azioni efficaci per la costruzione di una cultura fondata sul rispetto di genere e priva di qualsiasi forma di violenza, soprattutto nei confronti delle donne.

1) Quale è stata la gioia più grande che hai provato nella tua vita?
Ad oggi sicuramente quella di essere riuscita a laurearmi in un periodo davvero particolare e doloroso della mia vita in cui tutti, amici e parenti compresi, credevano che probabilmente avrei mollato.

Ma mi sono rimboccata le maniche, mi sono guardata allo specchio e mi sono detta “tu ce la puoi fare”. Ed è stato cosi.

Quindi si! Ad oggi questa rappresenta un grande motivo di orgoglio e soddisfazione per me stessa e dunque sicuramente fonte di gioia.

2) E invece quale è stato il dolore che più ti ha segnato profondamente l’animo?
Sicuramente il dolore più segnante è stato quello legato ad una relazione “malata”, condita da continue violenze psicologiche e da una quasi patologica dipendenza affettiva, le quali mi hanno portato ad annullarmi completamente come donna, amica, figlia…

3) Questo dolore come ha condizionato la tua vita? Come sei riuscita a trasformare questo dolore in voglia di farcela?
Quest’esperienza, nel bene e nel male, mi ha reso la donna che sono. Ho innanzitutto imparato a dare il giusto spazio e peso alle cose, in primis a me stessa. Ho smesso di farmi la guerra ed ho iniziato ad amarmi. Ho promesso a me stessa che non avrei mai più permesso a nessuno di umiliarmi, rendermi succube ed insicura.

4) Quanti sacrifici hai dovuto fare per essere la donna che sei ora? E per ricoprire il ruolo che oggi hai nella società (civile… lavorativa…)?
Non è stato facile. È stato un percorso lungo, ancora non terminato e abbastanza faticoso: fino a qualche anno fa mi “facevo la guerra”. Non mi accettavo, mi sentivo sempre insoddisfatta ed inadeguata nel mondo.

Poi ho imparato ad apprezzarmi ed ho capito che solo amandoci e credendo in noi stesse possiamo essere giudicate per quel che siamo realmente.

5) Se volessi con una parola definire la situazione della donna oggi nel mondo, quale useresti? E per quale motivo useresti questa parola?
Se penso alla situazione delle donne nel mondo, sicuramente la prima parola che mi viene in mente è DISCRIMINAZIONE: in famiglia (per fortuna in gran parte ormai superata in Italia, ma in molti Paesi un figlio maschio è ancora considerato come “preferibile”), nell’istruzione (il tasso di analfabetismo femminile è più alto), nel lavoro e nei diritti civili (penso ad esempio alla deriva che sta prendendo il dibattito riapertosi sulla legge 194/78 in tema di aborto).

6) In che modo la società deve cambiare, affinché si concretizzi un pensiero collettivo di progresso civile e culturale grazie al quale la donna sia finalmente libera, emancipata e mai più soggiogata al potere e alle volontà maschili?
È necessario un cambiamento culturale che passi attraverso le famiglie in primis, la scuola e la politica.

A mio avviso un primo passo importante, che dovremmo tutti mettere in atto dal basso e fin da subito, è quello di modificare il linguaggio: le “battute da bar”, le allusioni sessiste e tutto quello che quotidianamente siamo ormai abituati (tanto da non distinguerli a volte) a sentire al lavoro, in tv, sui social… spesso la violenza parte proprio dal linguaggio in quanto “sdogana” certi atteggiamenti.

7) Quale consiglio vorresti dare ad una donna che sta vivendo una situazione di difficoltà?
Parlarne! Credo che sia fondamentale farlo e che spesso il limite più grande sia la vergogna, la paura di essere giudicate. Trovate il coraggio e acquisite la consapevolezza che il problema non siete voi!

Lucia, ti ringraziamo per il prezioso tempo che ci hai dedicato. Ti auguriamo che tutti i tuoi sogni si possano realizzare sia in ambito personale che lavorativo. Prima di lasciarci però, a chiosa finale di questo nostro incontro virtuale, vorremmo che tu facessi un appello contro la violenza sulle donne.
La violenza sulle donne, di qualunque tipo, va condannata e fermata a tutti i costi.

Ogni donna ha il diritto di vivere la sua vita senza paura, senza sentirsi inadeguata. Non giriamoci dall’altra parte, non restiamo indifferenti solo perché non è (ancora) capitato a noi o a qualcuno che ci è vicino.

Come ho già avuto modo di esprimere in un articolo pubblicato per l’otto mensilmente “ogni donna che lotta per sé stessa, lotta anche per tutte le altre donne”.

Riprendiamoci il nostro spazio nella società partendo dalla solidarietà femminile, invitando le donne a denunciare i soprusi spesso celati. Troviamo il coraggio di esprimere il nostro disappunto nelle situazioni sgradevoli, nei commenti inadeguati, nei comportamenti inopportuni. Educhiamo i nostri figli/nipoti/amici al rispetto di tutti gli esseri umani in quanto tali!