Tonino Russo, Cisl Calabria: regione senza più banche, accompagnare la transizione o morirà l’impresa

La regione è all’ultimo posto per presenza di sportelli dopo l’avvio della digitalizzazione, il segretario regionale del sindacato: “Penalizzate soprattutto le aree interne, ma siamo già al 70 percento dei comuni. Il problema però è nazionale: la presenza delle banche è garantita dalla Costituzione e senza un adeguato percorso famiglie ed economie dei territori accuseranno il colpo”. Di seguito l’intervista a Tonino Russo, segretario generale Cisl Calabria, di Domenico Letizia su Cuore Economico.

In Italia c’è un’area vasta di territorio sprovvista di sportelli bancari. Per milioni di cittadini – si pensi agli anziani o agli abitanti dei piccoli borghi – significa dover sopportare pesanti disagi per accedere a servizi bancari necessari alla vita quotidiana.

Negli ultimi anni, il problema si è perfino aggravato, senza che il ricorso sempre più spinto al digitale riuscisse a tamponare le falle apertesi.

Un problema che diviene anche economico ed imprenditoriale in quanto per moltissime piccole e medie imprese della nostra Penisola la chiusura delle filiali rappresenta una tematica rilevante, riassumibile in poche parole: meno accesso al credito.

È la triste realtà di moltissimi comuni italiani, circa il 40 percento del totale che risultano sprovvisti di una banca.

Quattro milioni di persone che non possono aprire con conto corrente o prelevare al bancomat nel proprio comune di residenza.

Nel tentativo di comprendere e approfondire la problematica, intervistiamo Tonino Russo, segretario generale della Cisl Calabria.

In Calabria tre comuni su quattro non hanno neanche uno sportello bancario e ciò diviene una problematica enorme per le imprese e la cittadinanza. Cosa sta accadendo al mondo delle banche e perché il fenomeno è in continua espansione?

“La banca è un’impresa e come tale mira alla realizzazione di profitti. La falcidia degli sportelli rientra senza dubbio in una logica di contenimento dei costi del personale alla quale, come tutti sperimentiamo nella nostra quotidianità, corrisponde – o dovrebbe corrispondere – un ampliamento delle operazioni che è possibile svolgere on line, senza recarsi materialmente in banca: quindi non un venire meno dei servizi per i cittadini, ma anzi una loro maggiore fruibilità ed efficienza.

In realtà, spesso non è così: al venire meno dei posti di lavoro negli istituti bancari (dato già di per sé preoccupante, che espone spesso i lavoratori a richieste di spostamento in altre sedi, anche lontano dal luogo di residenza), corrisponde il venire meno di punti di riferimento tradizionali che, soprattutto per le aree interne, per le persone meno attrezzate sul piano delle tecnologie e per gli anziani rappresenta una perdita anche in termini di relazioni umane, oltre che di servizi importanti.

C’è meno possibilità di interloquire, di dialogare, di avere chiarimenti in una materia delicata come quella del credito e dell’investimento.

Una materia che per la sua importanza è richiamata nella Costituzione. Nel Titolo III, dedicato ai rapporti economici, all’articolo 47, leggiamo infatti: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito.

Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.

In altri termini, le banche esercitano una funzione sociale che lo Stato garantisce nell’interesse dei cittadini e dello svolgimento dell’attività economica che fa crescere il Paese. La spersonalizzazione dei rapporti, l’allontanamento dai territori, la rarefazione degli sportelli va di fatto in un’altra direzione.

Pensiamo alle difficoltà che questo causa al tessuto delle piccole imprese disseminate nelle nostre regioni e province. Aggiungo che la stessa Costituzione, all’articolo 41 parla di attività economica, quindi anche di quella delle banche, “indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.

La preoccupazione del sindacato, dunque, riguarda sia i lavoratori del settore bancario, sia un contesto che condiziona negativamente l’economia e l’imprenditoria locale, con gravi riflessi sullo sviluppo e l’occupazione”.

Per monitorare il fenomeno, denunciarne le conseguenze e sensibilizzare tutti i soggetti coinvolti, la Cisl ha lanciato un “Osservatorio sulla desertificazione bancaria” che riporta le analisi e pubblica report sul fenomeno. Quali dati stanno emergendo dall’Osservatorio?

“I dati raccolti e analizzati provincia per provincia nel report curato dalla Fondazione Fiba-First Cisl rivelano una vera e propria “desertificazione bancaria”, è stato giustamente rilevato.

Come è stato osservato, in Italia esiste un’area grande quanto Lombardia, Veneto e Piemonte messe insieme, completamente priva di sportelli bancari.

Per milioni di cittadini – soprattutto gli anziani – questo significa sopportare gravi disagi e mancanza di accesso a servizi ormai necessari alla vita quotidiana. Il fenomeno si è aggravato negli ultimi anni e peggiora ogni trimestre, senza che il ricorso sempre più spinto al digitale riesca a tamponare l’abbandono dei territori da parte delle banche.

Oltre alle persone fisiche, anche le piccole imprese, come dicevamo, subiscono le conseguenze della desertificazione con la conseguenza tragica di una riduzione del credito alle economie locali.

La mia regione, la Calabria, è in fondo alla classifica. I numeri recentemente pubblicati chiaro: la desertificazione bancaria in Calabria riguarda una popolazione di 546.000 persone che risiedono in comuni che non registrano la presenza di alcuna banca (56000 in più negli ultimi 12 mesi), mentre 316.000 persone risiedono in comuni che hanno un solo sportello.

In Calabria ci sono oggi appena 18 sportelli ogni 100.000 abitanti: Vibo Valentia è all’ultimo posto, preceduta dalla provincia di Cosenza, a poca distanza Catanzaro e Reggio Calabria, entrambe tra le ultime 10; solo la provincia di Crotone sta un po’ meglio.

È emerso che comuni molto popolosi come Casali del Manco, Cetraro o Mendicino in provincia di Cosenza, Cutro o Strongoli in provincia di Crotone, Mileto in provincia di Vibo, Gioiosa Ionica o Motta San Giovanni in provincia di Reggio Calabria, Chiaravalle o Gizzeria in provincia di Catanzaro, sono del tutto privi di sportelli bancari. Insomma, il 73 percento dei comuni in Calabria non ha sportelli bancari sul suo territorio.

E 11 comuni sono stati abbandonati negli ultimi 12 mesi. Il fenomeno di desertificazione, rileva la Fondazione Fiba-First Cisl, potrebbe ulteriormente aggravarsi, raggiungendo rapidamente il 90 percento del territorio: i comuni con un solo sportello sono infatti il 17 percento del totale.

I calabresi, viene inoltre osservato, utilizzano poco anche l’home banking: appena il 27 percento contro una media nazionale del 48 percento”.

Per le piccole imprese della nostra Penisola l’accesso al credito è linfa vitale per la crescita economica e commerciale. Come si può arginare tale fenomeno e come può venire in soccorso alle imprese la digitalizzazione bancaria e finanziaria?

“I dati emergenti sono sicuramente negativi, come dicevamo, anche per le imprese: molte di esse sono a rischio senza uno sportello bancario cui fare riferimento.

Ad oggi sono 27.000 le imprese calabresi che hanno sede in comuni in cui non è presente alcun istituto bancario: 3.100 in più negli ultimi 12 mesi. E bisogna considerare il fatto che 18mila imprese hanno sede in comuni con un solo sportello.

Non è difficile rendersi conto di quanto l’economia complessiva della Calabria sia in grandissima difficoltà, cosa particolarmente grave in una fase in cui dovrebbero essere realizzati opere e servizi legati ai finanziamenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Sicuramente, la digitalizzazione bancaria e finanziaria può costituire e costituisce uno strumento utilissimo, fruibile da chi con questo strumento ha dimestichezza.

Ma sottolineo che la presenza fisica delle banche e degli operatori delle banche sul territorio è determinante per la funzione essenziale e a volte insostituibile dell’intermediazione personale.

È vero quello che scriveva tra gli anni 40 e 50 del secolo scorso Corrado Alvaro: di fronte ai cambiamenti, all’avanzare della modernità, “il calabrese vuole essere parlato”. Non è segno di arretratezza, ma di concretezza. È un’esigenza da valorizzare, non da mortificare.

L’evoluzione del sistema è inevitabile: non si può certo pensare, ad esempio, di rinunciare a procedure digitali che in molti casi ci facilitano la vita.

Ma questo non può significare lasciare indietro chi ha bisogno di essere accompagnato nel percorso, soprattutto se si tratta di scelte che incidono negativamente anche sui processi di sviluppo.

Sono temi che per essere affrontati correttamente e nei loro diversi aspetti necessitano di un confronto costruttivo tra tutti i soggetti coinvolti: banche, istituzioni, organizzazioni rappresentative dei lavoratori e dei consumatori devono sedere intorno a un tavolo e concordare percorsi a partire dai bisogni emergenti.

Le decisioni che incidono sulla crescita dei territori e sulla vita di lavoratori, cittadini, famiglie, pensionati, imprese non possono essere prese senza mettersi in ascolto di coloro che in definitiva fanno vivere anche le banche”.