Negli ultimi anni anche la gestione del personale (“people management”) è stata significativamente impattata dalla trasformazione digitale: i database aziendali sono alimentati quotidianamente da dati personali e prestazionali, nonché da metadati, con scarsa consapevolezza da parte delle persone del lavoro, che pure ne costituiscono la “materia”. Le “fonti” di alimentazione dei dati sono principalmente endogene (gestionali aziendali, procedure di lavoro, dispositivi aziendali in dotazione, intranet e domini di posta elettronica, ecc.) ma anche esogene, come i cosiddetti “social”.
Questi sistemi aziendali, invariabilmente contrassegnati con l’ammiccante prenome di “people”, delle “persone” hanno e sanno ben poco: sono in realtà modelli informatici di “analytics”, cioè strumenti di gestione algoritmica, in grado di processare dati ricavandone informazioni, considerate persino decisive. Tale filosofia gestionale persegue l’obiettivo del risparmio dei costi del lavoro (di chi gestisce personale e di chi è gestito) e quello del controllo ossessivo delle performance, e pretenderebbe di sviluppare analisi, “predizioni”, nonché di introdurre “prescrizioni” dotate del crisma della scientificità. Eppure è intuitivamente evidente che l’esperienza umana non possa essere codificata in dati, tracciati in codice binario, e che rischia di risultare arbitraria sia la scelta dei dati operata dalle aziende, sia la sua conseguenza.
La profilazione e la trasformazione delle persone in set di dati “significanti” e dotati di valore economico è, appunto, il fenomeno che si definisce “datificazione”. Le aziende del settore finanziario e assicurativo assumono e gestiscono una grande quantità di informazioni, provenienti non solo dalla clientela, ma anche da lavoratrici e lavoratori, che poi trasformano in dati.
Con quali logiche e criteri vengono selezionate le informazioni per la rilevazione dei dati? E poi come vengono utilizzati i dati raccolti, per quali specifiche finalità, e con quali garanzie di minimizzazione e di tutela per i soggetti trattati? Non c’è trasparenza né certezza a riguardo, ma è certo che la costruzione e la misurazione dei dati potrebbe avere un impatto sui percorsi professionali, sul riconoscimento economico del contributo lavorativo, sulla previsione dei costi per la riconversione professionale, fino alla rilevazione delle performance ai fini della valutazione dell’esatto adempimento della prestazione lavorativa, con eventuali conseguenze anche di natura disciplinare.
Per Cisl, fondata sul “personalismo” di Mounier e Maritain, la persona è soggetto di relazioni umane, la cui irrinunciabile complessità accompagna e qualifica costantemente il lavoro. Un set di dati informatici non potrà mai riassumere il reale contributo dato dalla persona, né l’algoritmo di misurazione della prestazione lavorativa può ridurre il lavoro a una merce e la persona a una mera risorsa economica.
Il tema della datificazione è centrale per la comprensione della grande trasformazione del settore. Occorre un’azione di sensibilizzazione culturale, finalizzata a riaffermare concretamente il valore della persona nel lavoro al centro anche nella relazione con le lavoratrici e i lavoratori, e una ragionata azione negoziale, anche sfruttando gli spazi e le forme di partecipazione offerti dalla normativa europea (Regolamento generale sulla protezione dei dati e Regolamento europeo sull’intelligenza artificiale) e, soprattutto, dal Contratto collettivo nazionale di lavoro Abi recentemente rinnovato.
Su questi temi si è svolto il corso di formazione per segreterie regionali/macroregionali e territoriali: “La ‘datificazione’ applicata alle persone del lavoro: consapevolezza, tutela, presidio”, in due edizioni, il 22 e 23 maggio 2024 ed il 18 e 19 giugno 2024. Con le docenze di Domenico Iodice, responsabile di C.A.First, e di Francesco Varanini, consulente aziendale, scrittore e docente universitario, si sono affrontate le “questioni valoriali”, la descrizione del fenomeno e, infine, gli spazi di tutela individuale e collettiva. Con l’obiettivo di fronteggiare il fenomeno diffondendo sensibilità, consapevolezza e cultura, tra sindacaliste e sindacalisti e tra lavoratrici e lavoratori, le segretarie e i segretari regionali e territoriali partecipanti, nel loro fondamentale ruolo di presidio culturale e organizzativo dei temi del lavoro, hanno anche formulato interessanti proposte di strumenti e di azioni concrete.