Studio First Cisl sulla stampa, parità di genere nelle banche avanza a ritmo lento

La parità di genere nelle banche. L’Ufficio studi di First Cisl analizza otto gruppi bancari italiani. Il report viene pubblicato in occasione della Giornata internazionale della donna destando l’interesse di varie testate giornalistiche.

“Banche: First Cisl, progressi su parità genere, ma a rilento” questo il titolo del lancio Ansa cui fa eco quello di AdnKronos “8 marzo: First Cisl , in banche ridotto divario di genere ma non tra i dirigenti”. Simile l’impostazione del lancio Dire, “Donne. Banche, First Cisl: più dirigenti ma ancora netta minoranza” e Askanews “First Cisl: parità genere ancora a rilento in banche. Divario occupazionale ridotto a 4 punti, resta lavoro da fare”.

Sulla carta stampata ampio spazio dedica alla ricerca di First Cisl il Quotidiano Nazionale che titola “Imprese e occupati, è sprofondo rosa” evidenziando come un leggero progresso delle donne, nel mondo del lavoro, si registri nel settore bancario.

Sulle citate agenzie di stampa si legge della lentezza del processo di parità di genere negli istituti bancari. Ansa, AdnKronos, Dire e Askanews riportano ampi stralci dell’analisi dell’Ufficio Studi di First Cisl evidenziando l’incremento del numero delle donne che ricoprono il ruolo di dirigente sottolineando però che “la distanza che le separa dagli uomini, resta notevole”.

“Negli ultimi 22 anni – riportano gli organi di stampa – la composizione dell’occupazione nel settore si è decisamente riequilibrata: confrontando i dati relativi al 1997 e al 2019 emerge infatti che il divario tra componente femminile e maschile, che si attestava a circa il 38%, si è ridotto a soli 4 punti percentuali (48% contro 52%). La media nasconde una realtà tutt’altro che omogenea: in alcuni gruppi (Mps, Intesa Sanpaolo, e Crédit Agricole) l’equilibrio ormai è raggiunto. Le differenze sono ancora più evidenti se si guarda agli inquadramenti: le donne si concentrano infatti nelle Aree professionali (57,9%), ma restano decisamente staccate se si prendono in considerazione Quadri direttivi (36,2%) e Dirigenti (solo il 15,7%)”.

“Sul versante delle promozioni – rimarca lo studio First Cisl – solo 4 dei primi 8 gruppi forniscono nelle Dnf (Dichiarazione non finanziaria) i dati relativi, dai quali si evince una leggera prevalenza delle donne in termini percentuali. Ma solo due gruppi (Ubi e Bper) forniscono indicazioni precise sulla tipologia degli avanzamenti. Da queste si ricava che il personale maschile è maggiormente favorito nelle promozioni che contano ai fini della progressione di carriera (tra aree professionali a quadro, all’interno della categoria dei quadri direttivi, e tra quadri direttivi e dirigenti). Significativo il dato sul part-time, che si collega alle esigenze familiari e di cura, e che registra nel suo utilizzo una marcata sproporzione. In 6 gruppi, infatti, le donne con contratto a tempo parziale rappresentano il 25,8% della forza lavoro femminile, gli uomini solo l’1,7%. Marcato il divario anche sui congedi parentali, che nonostante l’introduzione del congedo obbligatorio per i padri, continuano ad essere utilizzati in larghissima misura dalla componente femminile”.

Per il segretario generale di First Cisl, Riccardo Colombani, «Negli ultimi anni, anche grazie all’impegno del sindacato, sono stati fatti molti passi avanti verso la parità di genere. Il nuovo contratto nazionale ha introdotto novità importanti su temi come la valorizzazione della genitorialità e i carichi di cura, fondamentali per consentire alle donne di seguire senza penalizzazioni i loro percorsi di carriera. Va ricordata anche la dichiarazione congiunta Abi – sindacati sulla violenza contro le donne. Tuttavia la strada da fare per raggiungere l’eguaglianza di genere è ancora lunga».

La responsabile del Coordinamento donne e parità di genere di First Cisl, Elisabetta Artusio, conclude facendo notare come sia «necessario che nelle aziende  si promuovano programmi di vera valorizzazione delle persone, accompagnati da scelte organizzative coerenti, finalizzate a riconoscere e ad investire nel merito, nelle potenzialità e nel valore aggiunto dato dalle diversità, indipendentemente dal genere. Il “gender gap” che emerge mostra uno spreco di capacità e competenze che le aziende non sono state in grado di utilizzare».

 

In allegato il comunicato con le tabelle esplicative