5 motivi per cui potresti perdere il lavoro, custodire la password

Siamo all’ultima puntata di questa disamina di casistiche, desunte dalla giurisprudenza, relative a situazioni in cui comportamenti assunti con leggerezza potrebbero mettere a rischio il posto di lavoro.

Dopo aver trattato l’utilizzo scorretto di chat, social network, permessi ex legge 104, brevi assenze durante l’orario di lavoro, timbrature del cartellino per conto di altri colleghi, oggi parliamo dell’importanza di custodire la propria password e dell’attenzione nell’utilizzo di account non propri per avere accesso ai terminali e alle procedure di lavoro.

Con sentenza 13 settembre 2006, n. 19554, la Corte di Cassazione ha qualificato legittimo il licenziamento intimato a un dipendente ritenuto responsabile di aver comunicato a un altro soggetto, ex dipendente della stessa azienda, la propria password di accesso ai terminali aziendali. La ratio è che comunicare all’esterno la propria password comporta la possibilità di consentire a terzi l’accesso a informazioni aziendali riservate, e dà luogo a una condotta idonea ad integrare una giusta causa di licenziamento.

Anche utilizzare l’account di un collega, invece che il proprio, è considerato un illecito grave. Si può arrivare al licenziamento se il lavoratore in tal modo riesce ad aver accesso a informazioni che altrimenti gli sarebbero precluse, andando quindi oltre le mansioni a lui affidate.

Il caso è quello di una dipendente di banca per cui la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento per giustificato motivo soggettivo, per aver utilizzato le credenziali del precedente direttore di filiale “per accedere al terminale a lei in uso, e per aver interrogato più volte la banca dati a pagamento Pandora Cerved per informazioni su soggetti ed imprese, non collegate ad esigenze di servizio”: (Corte con sentenza n. 12337 del 15 giugno 2016).

 

Per consultare le puntate precedenti: