5 motivi per cui potresti perdere il lavoro, brevi assenze in orario di lavoro

Dopo aver parlato dell’utilizzo scorretto di chat e social network e dei permessi ex legge 104/92, oggi affrontiamo un altro tipo di comportamenti che, se sottovalutato, potrebbe mettere in pericolo il posto di lavoro.

A quanti di noi non è capitato di lasciare la scrivania per andare a prendere il caffè o a fumare una sigaretta, senza passare il badge? Se questi comportamenti, da saltuari, diventano frequenti e si allungano nella durata, è il buonsenso a dirci che il rischio di sanzione disciplinare è evidente.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (sentenza n. 6174/19, depositata il 1° marzo 2019)  ha riconosciuto la legittimità del licenziamento irrogato da un’azienda a un dipendente che abbandonava l’ufficio più volte durante l’orario di lavoro senza passare il badge, risultando così regolarmente in servizio. I periodi di assenza andavano dai 10 minuti fino ad un massimo di un’ora, e non è valso a nulla che il dipendente arrivasse ogni giorno 15-20 minuti prima in ufficio, avendo lui le chiavi, in quanto la sentenza ha evidenziato come l’abitudine di arrivare in anticipo non poteva esimere il lavoratore dal rispetto dell’orario di lavoro, essendo quest’ultimo di determinazione esclusivamente datoriale.

L’azienda ha usato un’agenzia investigativa per accertare e provare le assenze – cosa che accade sempre più spesso-  la quale ha pedinato il lavoratore verificando che durante le assenze si recava al bar o a casa propria. Come già detto su queste colonne, la stessa sentenza ci dice che tali controlli non violano la privacy in quanto “i controlli del datore di lavoro, anche a mezzo di agenzia investigativa, sono legittimi ove siano finalizzati a verificare comportamenti del lavoratore che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti o integrare attività fraudolente, fonti di danno per il datore medesimo, non potendo, invece, avere ad oggetto l’adempimento/inadempimento della prestazione lavorativa, in ragione del divieto di cui agli articoli 2 e 3 dello Statuto dei lavoratori”

(continua…)