Repubblica, studio First Cisl su Carige, per rilancio non svuotare le filiali

Il salvataggio di Carige e la ricerca di First Cisl sulla banca ligure. Massimo Minella su “Repubblica” analizza i dati contenuti in un articolato servizio dal titolo “Carige, ecco i numeri dei cinque anni che hanno mandato in crisi la banca”.

“Se la strada per condurre fuori dalla crisi Carige – scrive Minella sull’edizione genovese di Repubblica – è quella di radicarsi come banca del territorio, allora sarà necessario non svuotare di dipendenti il territorio a cui si guarda per il salvataggio. Perché se è vero che non c’è stata nessuna fuga dei correntisti (qui la fedeltà del popolo retail non ha eguali), è altrettanto vero che siamo di fronte a una caduta pesante della liquidità, mentre anche i crediti sono scesi in maniera robusta”.

“L’ufficio studi della Fist Cisl nazionale – prosegue Minella – elabora un documento a supporto di una trattativa sindacale appena iniziata con i commissari, dove ognuno gioca comprensibilmente la sua parte e dove il sindacato rivendica il mantenimento di un presidio territoriale forte, costruito sul valore delle filiali e su quello delle persone che non hanno mai smesso di dedicare il loro tempo alla causa di Carige. Mettendo a confronto gli ultimi cinque esercizi disponibili fra Carige, da una parte, e un pool di banche dal forte radicamento territoriale dall’altra (Banco Bpm, Mps, Ubi, Bper, Creval) si può così leggere un quinquennio vissuto pericolosamente dalla banca dei liguri. Un periodo nero dal punto di vista dei conti, che ha visto emergere il rosso in quasi ogni singola voce e che a piccoli e grandi azionisti è costato davvero parecchio. Ma lo sforzo e i dolori non sono solo stati finanziari, perché anche il capitale umano ha pagato a caro prezzo la crisi, riducendosi in maniera sensibile. Da qui la richiesta del sindacato di non ricorrere ad altri esuberi, ma anzi di sostenere lo sforzo delle filiali della banca”.

Il portavoce della segreteria nazionale di First Cisl Riccardo Colombani interviene sulle rassicurazioni dei commissari di Carige, Fabio Innocenzi, Pietro Modiano e Raffaele Lener. “I commissari di Carige sostengono che la ripresa dovrà passare attraverso il rilancio dell’attività commerciale con le famiglie e con le imprese del territorio.  Siamo d’accordo, ma senza rafforzare le filiali non ci si riuscirà, così come è impossibile riuscirci se si cedono masse di crediti garantiti, anziché lavorare al loro recupero”.

Il quotidiano romano riprende l’analisi dell’ufficio studi di First Cisl, diretto da Riccardo Colombani, per evidenziare che “mettendo insieme depositi, titoli e crediti, nel 2018 Carige ha sviluppato un prodotto bancario per dipendente di 12,8 milioni di euro, che, crescendo dell’8,4% rispetto agli 11,8 milioni dell’anno prima, si è allineato con i 12,9 milioni delle altre maggiori banche di territorio italiane. È il segno di una forte produttività del personale – spiega ancora il documento elaborato da First Cisl – però i 109 milioni di prodotto bancario per filiale di Carige sono molto più bassi dei 152,4 milioni dei competitor, e questo perché la banca ligure ha mediamente solo 8,5 dipendenti per sportello, contro i 12 delle altre banche”.

“L’aggregato preso in esame – rimarca Repubblica – è con cinque banche come Banco Bpm, Mps, Ubi, Bper e Creval, molto radicate nei loro territori di riferimento e a più riprese associate proprio a Carige come possibili protagoniste dell’aggregazione, punto di arrivo ormai irrinunciabile per la banca dei liguri (ma soltanto dopo il rafforzamento patrimoniale e l’alleggerimento dei crediti deteriorati)”.

Il confronto parte dal 2012, ultimo esercizio “senza perdite nette – spiega ancora Colombani – Carige ha ridotto personale e filiali con un ritmo più elevato dei concorrenti, che pure hanno affrontato forti ristrutturazioni. Nella banca ligure il personale è calato del 23,1% e gli sportelli sono scesi del 21,9% contro cali rispettivamente dell’8,6% e del 16,4% tra i competitor: il risultato è che il prodotto bancario di Carige è crollato del 32,8% e quello dei concorrenti è sceso solo de110,1%. Carige ha perso il 52,1% del proprio margine primario, mentre le altre banche scendono dell’11,9%. Il crollo ligure è dovuto a una contrazione spaventosa dei depositi, scesi del 40,3%, e dei crediti, ridottisi del 45,9%. È evidente che senza sportelli e con un numero troppo basso di addetti per filiale non si può fare banca del territorio e non si possono recuperare le quote di mercato perdute”.

Numeri incontrovertibili che inducono First Cisl ha sollecitare un deciso cambio di rotta capace di fermare il ridimensionamento dell’occupazione. Riccardo Colombani è netto nel dire: “Il problema è che Carige ha continuato a fare tagli pesanti anche nel 2018. A settembre i dipendenti per filiale di Carige risultano scesi del 2,7% su base annua, mentre nelle altre cinque banche salgono del 5,8%. È vero che i concorrenti hanno diminuito le loro filiali del 7,1% e Carige del 4,9%, però la riduzione di personale è più forte nella banca ligure rispetto al campione di riferimento, segnando un calo del 9% contro il 4,7% medio degli altri, con il risultato che ad aver sguarnito maggiormente il presidio del territorio è stata proprio Carige. L’ulteriore errore sarebbe quello di sguarnire le strutture centrali per alimentare la rete, perché questo impedirebbe una gestione diretta e paziente dei crediti: lo sviluppo dell’attività con le imprese è incompatibile con l’ipotesi di cessione massiva delle inadempienze probabili, i cosiddetti utp. Infatti, a fine 2017 i crediti deteriorati di Carige erano coperti da garanzie reali nella misura del 74,2%, per cui chi li acquisisse potrebbe essere indotto ad adottare modalità spregiudicate di escussioni di queste garanzie, il che potrebbe determinare il dissesto delle imprese coinvolte e quindi, a caduta, anche dell’economia ligure. Per la banca, l’occupazione e l’economia regionale è molto più profittevole una gestione dei recuperi che valorizzi la capacità di relazione del personale”.