Il “Corriere di Arezzo” si occupa del processo contro lavoratori e dirigenti dell’ex Banca Etruria che ha registrato la remissione delle querele nei confronti di 15 bancari difesi dall’avvocato di First Cisl Maurilio D’Angelo. “Bond truffa, dipendenti scagionati”. Questo il titolo del servizio. “È la prima sentenza di proscioglimento – scrive l’autore Marco Antonucci – che un giudice pronuncia sul caso delle obbligazioni truffa da quando è iniziato il processone contro 37 tra dipendenti e manager della fu Banca Etruria”.
“Il presidente del tribunale di Arezzo, Gianni Fruganti – prosegue Antonucci – ha accolto le remissioni di querela presentate da alcuni risparmiatori nei confronti di 17 tra direttori e addetti ai titoli e quattro fra i funzionari di alto livello di quella che, nel corso delle indagini, è stata identificata come la cabina di regia che in Via Calamandrei avrebbe fortemente spinto per il collocamento di quei titoli. Sono tredici, complessivamente, i casi a cui si riferiscono le denunce ritirate in queste settimane da alcuni ex obbligazionisti che, dopo l’azzeramento choc dei propri risparmi per effetto del decreto salvabanche del novembre 2015, in questi mesi si sono visti rimborsare fino all’ 80 per cento”.
“Alcuni risparmiatori hanno espresso la volontà di far cadere le accuse contro quei dipendenti con i quali avevano sottoscritto quelle obbligazioni subordinate – scrive ancora il Corriere di Arezzo – e i vari fascicoli sono stati riuniti in un unico procedimento approdato davanti al giudice Fruganti che ieri pomeriggio ha firmato il proscioglimento”.
Sulla vicenda è intervenuto l’avvocato di First Cisl Maurilio D’Angelo che ha difeso 15 lavoratori. “Questa non è una sentenza a favore dei dipendenti o contro i risparmiatori – ha detto D’Angelo al quotidiano aretino -. Quello che è importante è che si vada verso l’accertamento della verità dei fatti. C’è grande soddisfazione da parte nostra. I lavoratori della banca iniziano a vedere un po’ di luce dopo anni molto difficili. Se ci sono state delle responsabilità, queste non erano dei dipendenti”. Questo punto di vista è stato ribadito al termine dell’udienza dall’avvocato D’Angelo. Il “Corriere di Arezzo” ha ripreso il concetto evidenziando che “i difensori lo hanno sempre puntualizzato: all’incirca un terzo di quanti lavoravano in banca (o i loro familiari) avevano messo i loro soldi in quelle obbligazioni subordinate all’improvviso trasformatesi in carta straccia”.