Bancari a perdere e il fuoco amico fra i sindacati, l’intervista completa

“Bancari a perdere e il fuoco amico fra i sindacati” è il titolo di una lunga intervista a Giulio Romani, segretario generale di First Cisl, pubblicata dal blog Zero Zero News, diretto da Gianfranco D’Anna. Di seguito, per chi non avesse ancora avuto modo di leggerla nella sua completezza, riportiamo l’intervista.

Bancari a perdere e il fuoco amico fra i sindacati

Bancari a perdere nella terra di nessuno fra le trincee di Sindacati e istituti di Credito. Nella estenuante guerra di logoramento per la difesa dei posti di lavoro, talvolta le artiglierie sbagliano maliziosamente bersaglio. Un fuoco amico cinicamente riservato agli alleati più agguerriti e concorrenziali.

Nelle scorse settimane una ricerca di First Cisl sugli esuberi bancari della prima parte del 2017 ha avuto grande clamore, nazionale e internazionale. Tanto da essere ripresa perfino dalla stampa di alcuni dei paesi arabi più interessati alle vicissitudini del sistema bancario italiano.

“I numeri più rilevanti di questo tsunami iniziato ormai da anni, sono quelli riferiti ai gruppi bancari maggiori” evidenzia il Segretario Generale della First Cisl, Giulio Romani.

Nelle sue dichiarazioni lei parlava dei 17.500 esuberi definendoli un’ecatombe occupazionale. In realtà licenziamenti non ce ne sono stati e i suoi colleghi sono insorti per difendere l’operato del sindacato, criticandola esplicitamente. Ma l’ecatombe occupazionale nelle banche c’è stata o no?

C’è una nave che affonda e ci sono, oltre al comandate e qualche altro suo fidato che hanno portato la nave sugli scogli, dei valorosi ufficiali che portano in salvo i passeggeri sulle scialuppe. Qualche passeggero cade in acqua, ma complessivamente la gente arriva quasi tutta a riva. Quando finalmente si tocca terra i valorosi ufficiali però, parlando ai giornalisti che li intervistano, e si dividono. Qualcuno dice che c’è stato un naufragio, un disastro marittimo mare e che bisogna andare a recuperare quelli che non sono riusciti a salire sulla scialuppa. Altri, invece, focalizzati sul salvataggio delle persone, dicono: “Nessun problema! Le scialuppe hanno tenuto un’ottima linea di galleggiamento!” Un po’ di ragione ce l’hanno tutti, ma negare il disastro non aggiunge nulla ai salvataggi fatti… L’unico effetto, magari involontario, che rischia di avere è quello di scagionare il comandante della nave. E tenga conto che, stavolta, sugli scogli c’è finita una flotta! Insomma, si può lasciare che uno dica che il naufragio è un disastro del mare e l’altro dica che i passeggeri sono stati salvati, senza litigare. Ecco, io la vedo così questa polemica nei confronti delle mie parole.

Singolare. Che idea si è fatta?

Penso che un sindacato confederale, che voglia mettere in campo una visione di Paese e non solo il presidio di interessi di settore, non possa accontentarsi di aver risolto il problema dei lavoratori e delle banche direttamente interessati dagli esuberi. Riconoscerci la lungimiranza di aver dotato il sistema bancario di un sistema di ammortizzatori sociali efficienti, non ci esime dal rilevare che, solo per effetto delle ultime manovre, ci saranno per i giovani circa 15.000 posti di lavoro in meno, nonostante il massiccio impiego di risorse pubbliche a cui si sta facendo ricorso. E ancora non conosciamo il destino degli oltre 700 lavoratori, quelli caduti in acqua, dei gruppi BPVi e Veneto Banca esclusi dall’acquisizione di Intesa San Paolo… Se in tutti i settori si ripetesse con uguale proporzione un analogo trend di diminuzione degli occupati, l‘Italia perderebbe quasi 2 milioni di posti di lavoro all’anno. Come sindacato confederale, considerato che la disoccupazione giovanile è già al 34%, trovo strano che una situazione del genere possa essere minimizzata. Non riconoscere che si tratti di un disastro, rischia di portare ad un disimpegno rispetto alle sorti della società in cui viviamo.

Chiaro. Comunque aver portato a riva le persone, per usare la sua metafora, è pur sempre un bel risultato. O no?

Certo che lo è! Infatti, noi siamo sempre stati ai remi unitariamente a tutti gli altri e, toccata terra, abbiamo partecipato ai festeggiamenti! Presidiare la continuità dei redditi degli occupati, anche in caso di diminuzione dei posti di lavoro, è certamente un pezzo fondamentale della nostra attività, ma non riesco a considerare un Paese ideale quello in cui siano i nonni a dover mantenere i nipoti, perché i figli il lavoro non lo trovano più… Il sindacato rappresenta in primis i lavoratori e il lavoro: possibile che qualcuno tra noi possa essere lieto di un mondo in cui i redditi assistenziali e previdenziali diventino la principale fonte di alimentazione delle famiglie? Sono ancora dell’idea che la nostra Repubblica debba fondarsi sul lavoro e non sulle pensioni o sugli assegni di esodo, che pure sono sacrosanti. Non casualmente ho parlato di ecatombe occupazionale e non di ecatombe per i bancari. Il fatto che si siano evitati licenziamenti inorgoglisce anche me, ma non cambia il fatto che, in assenza di ricambio generazionale, quei posti di lavoro non ci siano più.

Ma almeno per i bancari superstiti tutto bene? O non c’è accordo neanche su questo…?

Non si esce da un naufragio asciutti, riposati e sereni…

Cioè?

Certamente ci sono colleghi contenti di poter scegliere di aderire al fondo esuberi, garantendosi di fatto la pensione anticipata, ma i tagli al personale spesso sono stati imposti dall‘Europa sulla base di pure stime economiche, senza alcun riferimento reale alle esigenze di organico delle reti. Questo determina un peggioramento costante delle condizioni di lavoro dei bancari, che si trovano a dover svolgere il doppio del lavoro con metà delle risorse. È una situazione assai preoccupante sia per la possibilità di commettere errori e rischiare quindi sanzioni, che infatti stanno esponenzialmente aumentando, sia per l’aumento del disagio psicologico degli operatori, che porta sempre più spesso a vere e proprie malattie professionali.

Quindi ribadisce il termine ecatombe? Nella rete circola la tesi secondo la quale per aver usato una parola così realistica sarebbe stato isolato dai suoi colleghi…

È curioso… cercando nel web si trovano almeno due articoli, uno, più vecchio, in cui Megale parla di ecatombe per un’ipotesi di esubero di 181 colleghi del Santander e un altro, dell’anno scorso, in cui il giornalista riferisce di un annuncio di ecatombe occupazionale, da parte di Sileoni, nel corso di un evento della sua organizzazione. Entrambi gli articoli non mi risulta che siano mai stati smentiti. Perciò sono propenso a credere che il pezzo che ha scatenato la polemica, scritto nella calura estiva, riporti più che altro varie dichiarazioni, alcune delle quali estrapolate da comunicati vecchi di un mese, e solo casualmente ordinate come se i miei colleghi fossero d’accordo tra loro. Poi un po’ di nervosismo estivo e qualche anonimo del web, che fa circolare dello spam, hanno fatto il resto. Allora le dico: chiamiamola “Pippo”, anziché ecatombe…. resta il fatto che ci saranno moltissimi posti di lavoro in banca in meno e che il lavoro di chi resta nel settore rischierà di essere meno pagato e più faticoso e stressante. Io vorrei che tutti insieme ci concentrassimo anche su questo. Senza scandalizzarci se su qualcosa abbiamo opinioni diverse, senza toglierci il merito di aver evitato tantissimi licenziamenti e senza gareggiare su chi ne ha evitati di più, perché lo abbiamo fatto tutti insieme.

Strategia di intervento per superare la situazione?

Quella che, con accenti diversi, tutti i sindacati, unitariamente, stanno da tempo dicendo: riprogettare i modelli di banca per creare nuovi lavori in sostituzione dei vecchi che spariscono. Presidiare il cambiamento sfruttandolo per ampliare l’offerta di prodotti e servizi e puntando sulla consulenza. Ridisegnare una mappa delle competenze professionali dei bancari. Investire sulla formazione e sull’innovazione per mettere a fattor comune le potenzialità virtuose del sistema. Insomma tracciare una rotta che, anziché riportarci ciclicamente sugli scogli, ci faccia scoprire nuovi continenti, navigare nel mare profondo delle opportunità e non nelle secche del ritorno al passato. Alla fine il calo dell’occupazione si concentra soprattutto nelle banche che hanno avuto gestioni scellerate, che hanno dissipato patrimoni con scelte colposamente o dolosamente sbagliate. Questo dimostra che, amministrando bene, è ancora possibile fare banca con profitto, ma bisogna uscire dalla logica del puro rendimento finanziario per investire sul lungo periodo. Si devono sviluppare modelli di governance diffusi, a cui far partecipare le rappresentanze dei lavoratori. Si devono presidiare i controlli… Sono anni che i sindacati dicono queste cose. E sono anni che ci troviamo tutti insieme, nostro malgrado, a risolvere i problemi contingenti,accompagnando la gente all’uscita e riducendo le retribuzioni di chi resta.

Dall’ecatombe si può venire fuori?

I terremoti, anche quando non ci sono vittime o ce ne sono molto poche, distruggono. Distruggono tesori artistici, storici, opere bellissime. Distruggono però anche brutti edifici, case già fatiscenti, costruzioni abusive… La ricostruzione difficilmente riesce a restituire al mondo tutti i capolavori perduti, ma può essere l’occasione per costruire meglio ciò che nel tempo era stato costruito male o illegalmente. Quindi uscire dall’ecatombe non si può, si deve. Si deve ricostruire il lavoro, anche nelle banche, su fondamenta più solide rispetto al recente passato. Sono certo che sia intento comune, che prevarrà sulle dinamiche personali. Unitariamente ci possiamo riuscire.