UNI Finance, webinar con il Premio Nobel per l’economia 2001 Joseph Stiglitz

Lo scorso 28 settembre, 800 dirigenti sindacali, operatori finanziari e stakeholders di settore di tutto il pianeta hanno partecipato ad un webinar organizzato da UNI Finance, dal titolo “Creare l’economia equa di cui il mondo ha bisogno – il ruolo del settore finanziario nella società Post Covid”.

UNI Finance che nel mondo rappresenta 3 milioni di lavoratori bancari ed assicurativi attraverso 237 sindacati, ha invitato l’economista e premio Nobel Joseph Stiglitz, professore alla Columbia University, ad esporre il suo pensiero sulle possibilità di cambiare e migliorare la società, l’economia e la vita comunitaria dopo la crisi COVID.

Dopo una breve introduzione di Rita Berlofa e di Christy Hoffman, rispettivamente Presidente e Segretario Generale UNI-Finance, Stiglitz ha iniziato l’intervento ringraziando i lavoratori del settore finanziario che in questi mesi hanno continuato ad erogare servizi a cittadini e consumatori. Ha poi evidenziato come nei Paesi con istituzioni più solide, in cui ci si è fidati della scienza e si è intervenuti con coerenza così come in quelli in cui il sindacato era più forte, la risposta alla crisi è stata più efficace.

La situazione a livello planetario, come in precedenti crisi, è drammatica; in alcuni Paesi, come il Brasile, sono stati registrati massicci licenziamenti, in molte nazioni i lavoratori non hanno assegni o ammortizzatori di alcun genere.

Negli Stati Uniti che rappresentano il 3% della popolazione del pianeta si registrano quasi il 25% dei contagi mondiali. Negli USA, dove il 50% delle persone non ha un’assistenza sanitaria e non è prevista retribuzione per malattia se non soli 10 giorni in caso di COVID anche chi si ammala si deve necessariamente recare a lavoro, mentre i presìdi di base anti-contagio vengono spesso forniti dai clienti stessi con cui questi lavoratori entrano in contatto. Nonostante ciò, la disoccupazione è aumentata.

Il lavoro diventa, quindi, insieme alla sanità l’emergenza primaria.

Tre potenziali rischi individuati da Stiglitz nel settore: eccessivi rischi, troppe carte di credito, prestiti concessi in modo predatorio.

Serve una nuova era di “Government Spendig”, con massicci investimenti pubblici nell’economia reale.

In Europa ci sono state risposte senza precedenti, eppure non sufficienti per la gravità della situazione: troppe condizionalità, pochi i soldi: moltissimi di quelli che oggi stanno ricevendo prestiti non potranno restituirli e, in sostanza, date le regole restrittive in termini di bilancio e di interventi pubblici, le banche europee sono in condizioni di maggiore fragilità rispetto a quelle americane.

Secondo il premio nobel è necessario un “backstop”, ovvero un prestatore di ultima istanza che salvi dal fallimento queste famiglie, e lo faccia salvando le banche che hanno prestato loro i soldi in questa fase storica.

Questa mancanza di reti di salvataggio delle famiglie ha causato i danni maggiori, più profondi in USA che altrove. L’ineguaglianza è stata alla radice di questa scarsa resilienza della società americana. Anche l’aver erogato aiuti sotto forma di prestiti ha contribuito ad aumentare tale divario: invece che dare soldi a chi ne aveva bisogno, i soldi sono stati dati alle banche che li hanno erogati ai loro “migliori clienti” guadagnando ulteriori profitti.

Il denaro non può essere un fine in sé, ma deve sempre un mezzo per il raggiungimento di un fine. Abbiamo bisogno di un “atterraggio etico” (testuale “ethical landing”) da questo periodo crisi che riorienti l’economia verso finalità più consone all’essere umano. La cultura attuale non ci ha salvato, ed una nuova cultura sta prendendo il suo posto. Quanto sta accadendo in questi mesi sta cambiando profondamente il pensiero comune; c’è una chiara presa di coscienza sull’inadeguatezza dell’attuale impostazione.

Si devono chiudere i paradisi fiscali e aiutare i whistleblowers che denunciano i misfatti dei banchieri.

Servono leggi Anti-Trust più severe che ci proteggano da monopoli e oligopoli così come è necessario sostenere politiche di più eque sulla tassazione, combattendo l’immorale evasione delle Big Tech.

Infine si devono superare i concetti tradizionali di benessere e ricchezza; il PIL non basta più, è necessario misurare il benessere in modo più completo.

C’è bisogno di un nuovo pensiero anche sul capitalismo e sul mondo finanziario: Lo “shareholder capitalism” deve lasciare il posto allo “stakeholder capitalism”. Questo è il cambiamento principale di cui abbiamo bisogno. Dove c’è un ecosistema più ricco di soggetti sociali, sindacati in primis, c’è stata una migliore risposta. Deve finire la dittatura del breve termine (letteralmente “short-termism”) e in questo i sindacati hanno un ruolo fondamentale.

Un po’ provocatoriamente conclude dicendo che c’è bisogno dei sindacati per salvare il capitalismo da sé stesso.

Joseph E. Stiglitz, statunitense, 77 anni, Professore alla Columbia University, è anche co-presidente della Commissione di alto livello sulla misura delle prestazioni economiche e del progresso sociale presso l’Ocse e capo economista del Roosevelt Institute. Vincitore del Premio Nobel per l’economia nel 2001, è ex senior vicepresidente e capo economista della Banca Mondiale ed ex presidente del Consiglio dei consiglieri economici del Presidente degli Stati Uniti. Nel 2000 ha fondato l’Initiative for Policy Dialogue, un think tank sullo sviluppo internazionale con sede alla Columbia University.

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