2 aprile. La vita ai tempi del Covid-19

L’innovazione tecnologica ci permette di accedere in tempo reale alle notizie ed essere dall’altra parte del pianeta in qualunque momento. Di contro ci ha portato ad un’informazione spesso incontrollata e bulimica: ingoiamo qualunque cosa rapidamente, spesso con scarso senso critico e faticando a reggere l’attenzione per più di qualche secondo. In questo periodo di quarantena, costretti a rallentare, possiamo trovare il tempo e il piacere per dedicarci con lentezza alla lettura.

Riceviamo e condividiamo il contributo di un nostro dirigente sindacale che ci porta per mano nella poesia russa.  Forse la bellezza non ci salverà ma di sicuro ci aiuterà moltissimo.

A tal proposito ricordiamo il concorso “La Poesia e la prosa del lavoro” 2020. Che quest’anno è dedicato alla nostra compianta Maria Grazia Bove https://www.cislmilano.it/dettagli_articolo/9679/Poesia-e-prosa-del-lavoro-2020-il-bando e invitiamo chiunque voglia a condividere esperienze, pensieri, suggerimenti.

Prima di lasciare spazio al contributo ricordiamo che il governo ha prorogato al 13 aprile le restrizioni fin qui introdotte http://www.governo.it/sites/new.governo.it/files/DPCM_20200401.pdf

Positive le valutazioni del segretario generale Riccardo Colombani sull’accordo ABI per la CIG.

A questo link è disponibile tutto il materiale e il comunicato unitario https://www.firstcisl.it/2020/03/anticipo-cig-colombani-bene-lintesa-con-labi/

I nostri report e altre notizie sono sempre qui https://www.firstcisl.it/milanometropoli/

La Comunicazione FIRST CISL di Milano metropoli

 “Mai come in questi tempi di emergenza sanitaria ci siamo sentiti così compressi e rinchiusi in spazi ristretti. Possiamo, allora, provare ad evadere aprendo un libro ed entrando nello spirito di luoghi distanti per lontananza fisica o culturale. Il mondo slavo ad esempio, benché piuttosto vicino, è stato per noi sempre un’area di mistero, di sconfinata immensità, di rigore climatico, un crogiolo di etnie e comunque di grande fascino per una storia fatta di imperi, di lotte e rivoluzioni, umanità e dittature che hanno cercato di comprimere ogni individualità. Ho incontrato in questi giorni nei percorsi di lettura, un poeta russo divenuto famoso in occidente a partire dal ’68, negli anni che anche per noi hanno significato lotte per i diritti, per l’emancipazione e per una democrazia più compiuta. Evgenij Evtusenko, la cui biografia appare già di per sé un romanzo, ha scritto bellissime poesie sulla libertà e sull’amore, alcune sul dolore e sull’ umanità, che può sempre salvarsi da ogni tragedia se riscopre la compassione e l’amore per il prossimo, anteponendoli al profitto ed all’egoismo. Non dobbiamo perdere la nostra umanità. Dedicata a tutti noi, vi propongo una sua poesia scritta durante la permanenza in America”.

Se non smarriamo la nostra umanità, andrà tutto bene.

-In un ospedale americano- 1961

 Ecco quando ho avuto paura della morte,
avendo dimenticato che dovevo salvare il mondo
quando le mani di una infermiera di colore
hanno sfilato dal mio collo la cravatta.

 E quando con accenno lamentoso
ho indicato con lo sguardo la toilette,
la sua siringa era inflessibile e l’occhio esperto:
“Il sangue – prima”. Ed ecco tutta la risposta.

 Questa precisione da professionista,
che non lasciava cadere lacrime sul camice,
mi mostrò all’improvviso come sono meschini
quelli che vogliono elemosinare la compassione.

 Io le sono grato – tanto, addirittura.
Ed allora perché continuo
a sognare gli occhi compassionevoli
delle nostre misericordiose infermiere?

 Su che cosa continua a reggersi la Russia,
cosa la salverà e l’ha salvata?
Il cristianesimo delle nostre donne –
la compassione.
Amaro secondo mestiere.

 Che cosa ricordai? L’infanzia,
la Transiberiana,
i ritornelli accanto alla siepe fino a tardi
e nella provetta americana
scorreva lentamente goccia a goccia il mio sangue.

 Da qualche parte in Oklahoma e nell’Ohio
possibile si prosciugherà l’anima
con le gocce del mio sangue russo
risucchiate in terra americana?

 La nuova Russia ha schiacciato con uno scricchiolio
in un pugno sia le persone che il denaro.
Per la prima volta laggiù non ci sono poeti, per i Russi
non c’è posto né in libertà né in prigione.

 Nel Caucaso ingrassano i corvi,
gracchiano, maledetti, alla sventura.
Eppure in Russia compatiscono
come non sono capaci di compatire da nessun’altra parte.

 Io da adolescente stavo nel cappotto militare di un altro.
Imparavamo l’amore dalla compassione,
compativamo donne uscite di senno,
loro ci compativano, come potevano.

 L’apicultrice, ingenua nella passione,
con i segni delle api sulla fronte.
“Io ti compatisco …” gemette.
Significava “Io ti amo”.

 Noi nel paese, verso le sventure
non schizzinoso,
come figli della pietà siamo cresciuti,
sotto la brilla, sentimentale protezione
di una tenera parolacciara – la Russia.

 Se resto a lungo all’estero
ascoltano – se si è stretto il mio cuore
per i sensibili ospedali russi,
poveri ma ricchi di compassione.

 Le inservienti sanno con cura,
come nessun altro, dar da mangiare e lavare.
Se è impossibile vivere in Russia,
morirci, però, è meglio.