Parla con me e con Giusi Amore

Giusi Amore è una meteora che passa nella mia vita, lasciando sempre il segno.

Non ricordo esattamente quando l’ho conosciuta, ma ricordo esattamente che cosa rimane dentro di me, tutte le volte.

I suoi occhi esprimono gioia e amore, il suo sorriso alla vita alleggerisce tutte le difficoltà che incontriamo ogni giorno.

Incontrare qualcuno che faccia della propria vita un messaggio di amore vero e concreto, non è facile. Lei non “fa del bene a casa altrui”, lei accoglie come se non ci fossero limiti, in continuità nella sua quotidianità. Lo fa con una naturalezza e ogni volta mi chiedo… ma come fa? Lei non fa. Lei è.

Voglio invitare ognuno di voi a lasciarvi trasportare dalle sue parole, leggetele con il cuore. Io mi sono commossa e per questo e per tanto altro, ringrazio Giusi.

Ciao Giusi, benvenuta in questo nostro piccolo spazio de L’otto mensilmente, da anni gentilmente ospitato da First Cisl Emilia Romagna.

Ti abbiamo invitata perché tu ci possa raccontare un po’ di te attraverso una brevissima intervista; tuttavia, prima di iniziare con le domande vere e proprie, vogliamo che ti presenti al pubblico attraverso un piccolo riassunto sulla tua vita: raccontaci chi sei, che studi hai fatto e di cosa di occupi oggi.
Se guardo indietro mi sembra di aver vissuto tante vite. Ho sempre cercato di dare il meglio di me, il meglio di cui ero capace, impastato con i miei limiti. Nello studio come nel lavoro. E nella mia vita privata. Provengo da una famiglia umile e lo studio per me è stato uno strumento di riscatto. Mio padre ha potuto studiare fino alla terza elementare, un’infanzia di privazioni affettive e materiali che hanno inciso profondamente sul suo carattere. Una cosa che ripeteva spesso a noi figli era di studiare, perché studiando saremmo stati uomini e donne libere. “E non sottomessi come me” ci diceva. Con queste parole sono cresciuta. Sapendo che potevo contare solo su di me. Che nessuno mi avrebbe regalato niente. Dovevo conquistare ogni piccolo traguardo. Il giorno in cui mi sono laureata, mio padre piangeva come un bambino. Una delle poche volte che ha lasciato trasparire la sua fragilità.

Oggi sono una mamma, una sposa e una donna felice. Non perché io abbia raggiunto chissà quali traguardi, ma perché nel mio piccolo cerco di vivere ogni giorno come se fosse l’unico possibile per accogliere il dono della vita. Perché in fondo l’oggi, questo preciso istante, è l’unico tempo che ho, che abbiamo per essere felici. E per condividere la nostra felicità con chi ne ha bisogno.

Passiamo ora allo specifico di questa monografia: l’intervista. Ti faremo alcune essenziali domande affinché attraverso le tue risposte si possa continuare a tracciare un solco positivo all’interno della società, grazie al quale poter proseguire la nostra semina di buone intenzioni e di azioni efficaci per la costruzione di una cultura fondata sul rispetto di genere e priva di qualsiasi forma di violenza, soprattutto nei confronti delle donne.

1) Quale è stata la gioia più grande che hai provato nella tua vita?
La gioia più grande l’ho provata quando ho tenuto per la prima volta tra le braccia i miei figli. Una gioia profonda, disarmante, che ha squarciato le mie difese, e dilatato il mio cuore e i miei orizzonti.

2) E invece quale è stato il dolore che più ti ha segnato profondamente l’animo?
La morte di mia madre. Ho perso la mia mamma all’improvviso un pomeriggio di settembre di un anno e mezzo fa. Un dolore profondissimo, che fino a quel momento non conoscevo. Una terra misteriosa su cui all’improvviso mi sono ritrovata, come catapultata da un altro pianeta. Ma era la terra del mio cuore. Anche se faticavo a riconoscerla. Un dolore intimo e profondissimo che scivola tra le pieghe dell’anima. In spazi che non sapevo di avere in me.

3) Questo dolore come ha condizionato la tua vita? Come sei riuscita a trasformare questo dolore in voglia di farcela?
Il dolore per la perdita di mia madre è un dolore preziosissimo che custodisco dentro. Che mi accompagna. Che mi racconta di me. Della mia vita. Dei fili d’oro di cui sono e siamo tutti tessuti. Quando è mancata la mia mamma, in quel preciso istante ho sentito fermarsi il respiro, il mio cuore sfibrarsi. Ma allo stesso tempo ho avuto la percezione chiarissima che la nostra anima è fatta di un intreccio preziosissimo di amore: l’amore che riceviamo e l’amore che doniamo. L’amore di mia madre è una trama fittissima di cui sono tessuta. Che mi nutre e mi custodisce. Anche adesso che sono grande. Anche adesso che non posso più sentirla, abbracciarla. Ma l’amore vero trova strade misteriose. Strade nuove. Anche al di là dello spazio e del tempo.

A differenza di altri dolori, quello per la perdita di mia madre ha molto a che fare dunque con l’amore. E, più che trasformarlo, è lui che mi trasforma. Che mi aiuta a dare un senso più profondo alle cose che contano davvero. A comprendere che la vita è più grande dei nostri fragili giorni. E alla fine ciò che resta è l’amore che mettiamo nei nostri piccoli gesti di ogni giorno, nel nostro prenderci cura gli uni degli altri. L’amore ci costituisce nel profondo e ci rende madri, padri, figli, fratelli… al di là dei legami sangue. Ci fa sentire responsabili dei nostri figli, come dell’umanità intera. Se non sentiamo questa responsabilità allora non è amore.

4) Quanti sacrifici hai dovuto fare per essere la donna che sei ora? E per ricoprire il ruolo che oggi hai nella società (civile… lavorativa…)?
Dopo la laurea, il dottorato in Italia e negli Stati Uniti, ho finalmente trovato il lavoro che avevo sempre sognato. Frutto di impegno e sacrifici. Nelle mie prime vite la maggior parte delle mie energie e dei miei sacrifici li ho focalizzati sullo studio per riuscire ad essere una donna libera, come mi diceva mio padre. Trovare un buon lavoro, raggiungere l’indipendenza economica, avere gli strumenti culturali per leggere la realtà e comprenderla, senza subirla, sono strumenti importanti che ci aiutano ad essere uomini e donne liberi. Ma con il tempo ho capito che la libertà, come la felicità, è autentica solo se condivisa. Ed è una questione che ci riguarda tutti. Credo che il primo passo per essere liberi sia sentirsi amati, accolti, valorizzati. Così, insieme a mio marito, abbiamo aperto le porte della nostra casa e della nostra famiglia a chi è più fragile, soprattutto ragazze con storie difficili, che avevano bisogno di una famiglia in cui rinascere, in cui curare le ferite, far rifiorire la propria dignità, ritornare a sognare… per poi spiccare il volo. Per diversi anni, ho fatto anche servizio antitratta con l’unità di strada della Comunità papa Giovanni XXIII. La maggior parte delle ragazze non trova la forza di chiedere aiuto, non bussa alla tua porta, allora le devi andare a cercare tu. Così uscivamo la sera ad incontrare le ragazze vittime di prostituzione schiavizzata, per conoscerle, istaurare con loro una relazione di fiducia, far loro conoscere che un’altra strada è possibile.

5) Se volessi con una parola definire la situazione della donna oggi nel mondo, quale useresti? E per quale motivo useresti questa parola?
Non credo si possa definire la situazione della donna oggi nel mondo con una sola parola. Ma c’è un’immagine che mi viene in mente e in cui rivedo ogni donna, ed è la “forza delle onde del mare”. Ogni donna nella sua fragilità, custodisce una forza preziosissima. Una forza che le permette di superare difficoltà immense. Penso alle donne vittime di tratta che hanno subito violenze atroci, eppure se aiutate, accolte, valorizzate, ecco che rinascono. Penso alle tante giovani vittime di violenze familiari, che trovano il coraggio di scappare e denunciare… penso alle madri che stringono tra le braccia i propri figli dopo lunghi viaggi nel deserto, nel mare o sui sentieri gelidi dell’Europa. Penso alle ragazze piene di sogni che ogni giorno si impegnano per costruire, nel loro piccolo, ponti di pace. Penso alle mie figlie, al loro sorriso che squarcia la notte.

6) In che modo la società deve cambiare, affinché si concretizzi un pensiero collettivo di progresso civile e culturale grazie al quale la donna sia finalmente libera, emancipata e mai più soggiogata al potere e alle volontà maschili?
Deve cambiare la cultura. C’è bisogno di una cultura basata sul rispetto, sull’accoglienza della diversità come ricchezza. Dobbiamo lottare contro il pensiero della mercificazione del corpo, della vita, dell’usa e getta. Perché le donne non sono oggetto di nessuno. E nessuno può arrogarsi il diritto di comprarle e di venderle. Di calpestarne la dignità. Invece questo accade. Oggi. Adesso. Qui. Nelle nostre strade, nelle nostre case. Il cambiamento parte da noi. Da come educhiamo i nostri figli. Dalle nostre scelte. E dal valore che diamo alla vita.

Deve cambiare la cultura. C’è bisogno di una cultura basata sul rispetto, sull’accoglienza della diversità come ricchezza. Dobbiamo lottare contro il pensiero della mercificazione del corpo, della vita, dell’usa e getta. Perché le donne non sono oggetto di nessuno. E nessuno può arrogarsi il diritto di comprarle e di venderle. Di calpestarne la dignità. Invece questo accade. Oggi. Adesso. Qui. Nelle nostre strade, nelle nostre case. Il cambiamento parte da noi. Da come educhiamo i nostri figli. Dalle nostre scelte. E dal valore che diamo alla vita.

7) Quale consiglio vorresti dare ad una donna che sta vivendo una situazione di difficoltà?
Vorrei dirle che non è sola. Che non deve avere paura di chiedere aiuto. Che la sua vita ha un valore immenso e che nessuno ha il diritto di calpestare la sua dignità e di rubarle i sogni. Le direi che non è mai troppo tardi per tornare a sognare. E che insieme si può rinascere. Ogni giorno.

Giusi, ti ringraziamo per il prezioso tempo che ci hai dedicato. Ti auguriamo che tutti i tuoi sogni si possano realizzare sia in ambito personale che lavorativo. Prima di lasciarci però, a chiosa finale di questo nostro incontro virtuale, vorremmo che tu facessi un appello contro la violenza sulle donne.
La violenza sulle donne inizia quando viene meno il rispetto, quando qualcuno ti vuole zittire, sopraffare. Quando qualcuno ti dice che non vali niente e devi stare zitta. Quando ti dicono “ti amo” ma quell’amore è possesso, soffoca i tuoi sogni e la tua libertà. La violenza sulle donne inizia con le pressioni psicologiche. Con i sensi di colpa. Che alla fine rischi anche tu di credere di non valere niente. Ma non farlo. Non ci credere. La tua dignità ha un valore immenso. E nessuno la può calpestare. Né con la violenza fisica, né con le parole. E neppure con i silenzi.

Fermare la violenza è una responsabilità di tutti. Nessuno escluso.