Colombani su Economy: banche italiane solide e redditizie, ora redistribuiscano il valore ai lavoratori

«E ora le banche ridistribuiscano il valore» è il titolo con cui Economy Magazine pubblica una lunga intervista di Sergio Luciano al segretario generale di First Cisl, Riccardo Colombani che sottolinea: «Le banche italiane sono solide e redditizie: è necessaria una ridistribuzione del valore ai lavoratori e ai clienti risparmiatori».

Segue il testo integrale dell’intervista:


Colombani, lei è il segretario generale della First Cisl, e dunque è tra i firmatari della piattaforma sindacale per il rinnovo del contratto di lavoro della categoria, che chiede un aumento lordo mensile di 435 euro e un taglio dell’orario: noi clienti bancari siamo contenti perché se le banche riescono a sostenere questo tipo di richieste è un buon segno, segno che stanno bene in salute. Ma… siete sicuri di non esagerare nelle richieste?

Sì, le banche italiane sono molto in salute – risponde Riccardo Colombani, segretario generale della federazione della Cisl che rappresenta i lavoratori del settore del credito, delle assicurazioni, dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, della Banca d’Italia e delle autorità indipendenti. Inoltre la piattaforma che lei citava è stata, sì, approvata dalle segreterie generali e nazionali ma deve ancora essere approvata dalle assemblee dei lavoratori. Comunque, le richieste vanno nell’ottica di un approccio multistakeholder

Cioè?

Cioè un approccio che tenga conto degli interessi di tutti e che preveda una distribuzione del valore giusta ed equa per tutti i portatori di interessi e quindi anche per le lavoratrici e i lavoratori che noi rappresentiamo. Noi crediamo però, come organizzazione confederale, che ci debba essere una distribuzione del valore anche per i clienti delle banche e in particolar modo per i risparmiatori. Basti pensare che sono depositate nei conti correnti delle banche molte centinaia di miliardi di euro, le ultime indicazioni di Banca d’Italia ci parlano di quasi 1.200 miliardi di euro.

Be’, sono al sicuro, le pare?

Il sistema è indubbiamente solido ed è al riparo da crisi sistemiche. La situazione è molto stabile, non solamente da un punto di vista patrimoniale, che è adeguato ai rischi monitorati da Banca centrale europea e da Banca d’Italia, ma anche da quello della liquidità. Tra l’altro le banche italiane più grandi, le cosiddette ‘significant’, vengono monitorate direttamente dalla Banca centrale europea e hanno una posizione migliore delle omologhe francesi e tedesche.

E dunque visto che le banche sono solide e che il denaro oggi costa molto – per cui chi chiede un mutuo se lo vede offrire a un tasso del 6/7% – per quale ragione quei 1.200 miliardi che, come lei ci ricordava, sono nei conti correnti delle banche e delle Poste, non vengono remunerati? Era comprensibile quando il denaro costava pochissimo, ma adesso?

Penso che sia necessario tornare a una certa rimunerazione dei conti, proprio nell’ottica di garantire stabilità al sistema bancario stesso. Il net stable funding ratio, cioè l’indicatore dell’ammontare dei depositi stabili, lo dimostra chiaramente. Una remunerazione dei depositi garantirebbe più a lungo questa stabilità. Peraltro Banca d’Italia, con una comunicazione abbastanza recente, datata 15 febbraio, ha indicato alle banche di evitare l’aumento dei costi bancari che vengono giustificati con il rialzo dell’inflazione, perché il rialzo dei tassi di interesse deciso dalla Banca centrale europea per contenere l’inflazione avrà l’effetto collaterale di garantire sicuramente un aumento della redditività complessiva. Quindi è incomprensibile che non solo non vengano rialzati i tassi di interesse sui depositi, ma addirittura si vadano ad inasprire i costi di tenuta dei conti correnti bancari.

Be’, la Banca d’Italia si è espressa, bene!

È stata encomiabile, del resto ha il dovere da una parte di tutelare il contraente debole che è il risparmiatore, e al tempo stesso di garantire la correttezza dei comportamenti degli operatori. Le banche hanno la possibilità di usare la leva dei costi e i clienti la possibilità di risolvere il contratto senza oneri in un certo intervallo temporale. In realtà c’è nel sistema, secondo noi, un’impostazione politica di fondo che non ci convince affatto e che può essere fonte di instabilità, se non nel breve, nel lungo periodo: consiste nel considerare il capitale l’unico elemento che i top manager devono curare, indirizzando tutti i loro sforzi a remunerare gli azionisti. Che troppo spesso in banca esista l’unico principio di valorizzare gli interessi dell’azionista è clamorosamente in distonia con tutti i criteri di sostenibilità, i famosi criteri Esg.

E che si dovrebbe fare, invece?

Al di là della redistribuzione del valore tra i vari portatori di interesse, lavoratrici, lavoratori e risparmiatori – e noi faremo la nostra parte nel contratto e nei contratti che nel tempo seguiremo – servono altri elementi fondamentali per ribaltare questa impostazione politica. Serve che la Politica – cioè le istituzioni – si interessi della questione bancaria, non solo quando ci sono le crisi bancarie, ma cerchi di prevenirle.

In che modo?

Sicuramente incentivando la biodiversità bancaria, da un punto di vista dimensionale e sotto il profilo della natura del capitale. A noi servono banche grandi, come ne abbiamo, ma servono anche banche piccole e medie che preservino la territorialità di un servizio essenziale. La territorialità serve anche per prevenire quei fenomeni di banking run, come sono avvenuti ad esempio con quelle banche semidigitali come la Silicon Valley Bank, dove ovviamente le start up tecnologiche hanno ritirato i propri depositi. La prossimità fisica alimenta quindi in modo virtuoso la fiducia dei risparmiatori verso le banche. Quindi preservare la biodiversità da questo punto di vista, e anche sotto il profilo della natura del capitale, è necessario. Ormai il sistema bancario è quasi completamente privato, però abbiamo delle banche pubbliche che lo sono diventate per necessità e credo che questo Governo, che si prefigura come un governo di legislatura, debba investire sulla Banca Popolare di Bari e sulla Cassa di Risparmio di Orvieto per realizzare il progetto di Banca di investimento per il Sud. Non possiamo disperdere altresì il valore della banca più antica del mondo, mi riferisco al Monte dei Paschi di Siena. Credo inoltre che servano degli incentivi per attrarre capitali pazienti che rimangano a lungo nel patrimonio delle banche.

Tutto questo però non basta senza qualcosa di nuovo che permetta al risparmio delle famiglie di andare a finanziare l’economia produttiva non rischiando l’osso del collo.

Abbiamo avanzato la proposta del Fondo nazionale di investimento in economia reale, per il quale servono modelli di servizi e di investimenti diversi rispetto a quelli attuali, modelli di servizio su base indipendente. E credo che la creazione di questo fondo sovrano possa servire anche alla trasformazione ecologica dei sistemi produttivi nel nostro Paese. Abbiamo avanzato questa proposta e dopo pochi mesi è intervenuta la proposta della Presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen, di un Fondo sovrano a livello dell’Unione e questo ci conforta, perché anche lo strumento ipotizzato da Bruxelles è indirizzato alla trasformazione ecologica dei sistemi produttivi degli Stati membri. Credo che serva veramente un’impostazione politica completamente diversa da quella attuale, per permettere al nostro Paese di crescere a lungo e bene, ma soprattutto di crescere in modo inclusivo.

Qui l’intervista su Economy:


Qui tutte le informazioni sul rinnovo del Ccnl del settore creditizio e finanziario