“Lo sciopero proclamato da Cgil e Uil è un errore perché cade in un momento molto difficile per il Paese”. Non usa giri di parole il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani. La rottura dell’unità tra le confederazioni sulla legge di stabilità “è un fatto preoccupante perché le ragioni addotte dai vertici di Cgil e Uil appaiono vaghe” e producono un vulnus che “indebolisce tutto il movimento sindacale”. Questo non significa che la ferita non possa rimarginarsi, anche se il segno lasciato è profondo, osserva Colombani nel suo intervento al Consiglio generale di First Cisl, sottolineando che nella categoria il canale del dialogo con Fisac e Uilca resta aperto.
La Cisl anche in questa occasione è rimasta fedele alla sua identità. Il conflitto non è il fine, ma un mezzo e lo sciopero è uno strumento che va calibrato con senso di responsabilità, come ammoniva Giulio Pastore: “Il primo dovere dell’organizzazione sindacale è quello di non ricorrere allo sciopero così alla leggera. Fintanto che vi è un filo di possibilità di trattative, per noi scendere in sciopero è tanto quanto tradire i lavoratori”.
Parole che suonano più che mai attuali. Difficile infatti sostenere che il percorso seguito finora dalla legge di stabilità mortifichi i sindacati e gli interessi che rappresentano. La revisione degli scaglioni Irpef, delle aliquote e l’innalzamento della soglia della No Tax area per i pensionati rappresentano, anche se non esauriscono, l’avvio della riforma fiscale che il Paese attende da tempo. Si tratta di un segno concreto della capacità d’iniziativa che la Cisl ha mostrato, un protagonismo che va dispiegato – come ha evidenziato più volte il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra – anche nella governance degli investimenti veicolati dal Pnrr. Una governance che, per funzionare, dovrà essere “partecipata”, annota Colombani.
Gli investimenti pubblici, da soli, però non bastano. La vera sfida consiste nel creare le condizioni per un maggiore afflusso del risparmio privato verso l’economia reale: “Da un anno parliamo della necessità di uno shock da investimenti, l’unico modo per risollevare un’economia in stagnazione da vent’anni. Secondo le previsioni nel 2024 la crescita del Pil si attesterà al 2%: è troppo poco, così rischiamo che le diseguaglianze si amplino ulteriormente. Non dimentichiamo che in Italia le retribuzioni reali dal 1990 al 2020 sono rimaste stazionarie, dato che ci relega a fanalino di coda tra i Paesi Ocse”.
Per invertire la rotta la spinta dello Stato è necessaria: “Perché non definire – propone il segretario generale di First Cisl – un sistema di garanzie che, con tempi e modalità certe, stimoli i risparmiatori ad investire nel capitale di rischio delle nostre imprese?”. Troppo spesso la questione del ruolo dello Stato nell’economia viene affrontata con le lenti dell’ideologia, così la realtà resta in ombra. Ma la realtà, ricorda Colombani, è che oggi lo “Stato garante”, nel silenzio dei più, ha allargato la sua sfera d’azione fino a divenire uno dei motori della nostra economia: “Con il Fondo di garanzia per le Pmi sono stati mobilitati 213 miliardi, 30 attraverso la Sace, poi ci sono le Gacs sulla cartolarizzazione delle sofferenze”. Senza una crescita forte e prolungata “lo Stato da garante indosserà le vesti di liquidatore”.
Per raggiungere questo obiettivo aumentare il credito è fondamentale e per farlo servono politiche anticicliche, come il prolungamento dei prestiti garantiti dallo Stato, misura richiesta anche dall’Abi, che tuttavia continua a rappresentare il sistema creditizio come un settore di imprese tra loro concorrenti. Solo in questo modo sarà possibile “invertire la tendenza, ormai strutturale, del credit crunch che da oltre dieci anni ha colpito le imprese, in particolare quelle minori”.
La “spinta gentile” dello Stato, pure in questo caso, appare come l’unico mezzo per superare il muro delle difficoltà, aggravatesi con l’irrigidimento del quadro regolatorio, conseguenza di misure “come il calendar provisioning e le nuove norme sul default”.
Il compito del sindacato, secondo Colombani, stavolta si presenta più impegnativo. La crisi che stiamo vivendo “è una crisi entropica, come dice Stefano Zamagni, perché non si presenta come una momentanea battuta d’arresto, una recessione come quelle che hanno punteggiato la storia del capitalismo, ma come una crisi di senso, che investe i punti di riferimento sui quali si è retto finora il sistema”. Alla Cisl spetta il compito di attingere nuove soluzioni dal suo bagaglio di valori, a cominciare dalla centralità della persona, che può essere riaffermata solo attraverso la partecipazione: “Non serve una legge che imponga una soluzione una volta per tutte – ribadisce Colombani – semmai abbiamo bisogno di una legge di sostegno che valorizzi le migliori esperienze a livello europeo, quelle della partecipazione finanziaria francese e della Mitbestimmung tedesca, per aprire la strada ad un originale modello italiano”.