La pandemia ha dato un duro colpo all’economia italiana, ma le sue ripercussioni rischiano di essere particolarmente pesanti al Sud. Per questo il ruolo delle banche e del credito sarà così importante nei prossimi anni. Dal Pnrr arriveranno 82 miliardi di euro, una cifra che rappresenta un’occasione storica per rimettere in moto l’economia e tenersi agganciati al treno europeo, invertendo la tendenza che negli ultimi anni ha visto il Mezzogiorno retrocedere in modo drammatico tra i vagoni in coda al convoglio comunitario. Gli investimenti pubblici da soli però non bastano: a dare la spinta dovranno contribuire anche quelli privati. È proprio su questo terreno che il sistema bancario può dare un contributo decisivo, prestando assistenza alle imprese e garantendo loro il credito di cui necessitano.
Ciò che vale per il Sud vale a maggior ragione per la Calabria. È a questa realtà e alle prospettive che si schiudono che First Cisl Cosenza ha dedicato il convegno “Organizzazione del lavoro e rischio d’impresa nel mondo bancario post Covid-19”, svoltosi venerdì scorso a Rende e al quale ha preso parte il segretario generale Riccardo Colombani.
La contrazione del Pil nel 2020, secondo una stina di Prometeia riportata dal rapporto annuale di Bankitalia sull’economia calabrese, è stata in linea con quella registrata a livello nazionale, attorno al 9%. Ma il dato non è di per sé così significativo se non lo si inserisce nel quadro di stagnazione e impoverimento che contraddistingue il caso calabrese. Nel 2019 il Pil regionale pro capite è stato il più basso in Italia e tra i più bassi nell’Unione Europea (dati Eurostat). La Calabria figura inoltre tra le dieci regioni europee (insieme a Campania e Sicilia) con la quota più elevata di persone a rischio povertà.
È anche tra le regioni italiani su cui più ha inciso il processo di desertificazione bancaria in atto da tempo nel nostro Paese. Se a livello complessivo, ha ricordato Colombani nel suo intervento, “il numero di sportelli chiusi è allineato al dato nazionale, impressiona però la rapidità con cui si allarga il fenomeno della fuga dai comuni: nel 2010 i comuni che potevano contare sulla presenza di una banca erano 184, nel 2020 sono scesi a 132: un calo del 28% circa”.
L’esodo delle banche non può che avere riflessi pesanti su un’economia asfittica come quella calabrese. Sono soprattutto le più grandi a chiudere le filiali, ed infatti Colombani ha messo in risalto il ruolo positivo giocato dai piccoli istituti e dal credito cooperativo nel garantire un presidio sul territorio; presidio senza il quale le imprese, specie quelle minori, e le famiglie sarebbero lasciate completamente sole.
Per il segretario generale di First Cisl “è positivo che il Pnrr sia incentrato anche sulla transizione digitale, alla quale destina risorse ingenti. Ma per quanto riguarda il settore bancario dobbiamo stare in guardia dal rischio che la digitalizzazione venga usata come un’arma per comprimere i costi del personale in modo generalizzato”. C’è poi un tema più vasto di equità sociale e generazionale, ha sottolineato, che non può essere sottovalutato. L’Italia è il paese più anziano d’Europa e tra i nostri anziani le competenze digitali sono assai modeste. “Pensare che queste persone possano fare a meno delle filiali nel loro rapporto con la banca, utilizzando in via esclusiva l’internet banking o ricorrendo al lending online, è assurdo”. Va poi considerato che sono gli anziani a detenere la quota maggiore di risparmio: come investiranno i loro soldi senza il supporto della rete fisica degli sportelli? Semplice: non li investiranno, e a subire le conseguenze – questa la risposta del numero uno dei bancari della Cisl – sarà tutta l’economia.
Tornando alla Calabria, Colombani ha fatto notare che, come nel resto del Paese, un aiuto consistente potrebbe provenire dal risparmio privato, cresciuto in modo rapidissimo durante la pandemia: “Oggi i depositi ammontano a circa 28 miliardi di euro, mentre il credito erogato, nonostante il forte contributo dei prestiti assistiti dalle garanzie statali, è di poco superiore ai 18 miliardi. È evidente che la sfida consiste nel canalizzare verso l’economia reale una parte consistente della ricchezza depositata da famiglie e imprese sui conti correnti. Le risorse stanziate dal Pnrr serviranno a innescare la ripartenza, ma non sono sufficienti a generare quello shock da investimenti di cui il Paese ha bisogno”.