Wob, l’indagine della Banca d’Italia sull’ascensore sociale

Tra gli argomenti della settimana che hanno colto l’attenzione della stampa vi è l’indagine dei ricercatori Luigi Cannari e Giovanni D’Alessio del dipartimento di Economia e Statistica della Banca d’Italia “Istruzione, reddito e ricchezza: la persistenza tra generazioni in Italia”, di cui vi proponiamo alcune analisi.

Per l’Huffington Post l’ascensore sociale in Italia si è rotto. Il blog illustra infatti lo studio di Bankitalia: istruzione, reddito da lavoro e ricchezza continuano a ereditarsi dai genitori ai figli, con una tendenza in peggioramento negli ultimi anni. Le condizioni di partenza resterebbero così decisive e preponderanti per lo status, in virtù di fattori come il quartiere di provenienza, le scuole frequentate, amicizie e familiari, che il nostro Paese risulta essere tra quelli con meno mobilità tra le generazioni, motivo di possibili tensioni nella parte di popolazione svantaggiata. Negli ultimi vent’anni le famiglie mostrerebbero un’elevata persistenza intergenerazionale nei livelli di istruzione, con la scelta della scuola condizionata dalla scolarità dei genitori e una segmentazione degli studenti fortemente correlata con le classi sociali di provenienza.

Anche Rosaria Amato su Repubblica sottolinea come in Italia sia sempre più difficile riuscire a migliorare la propria situazione di partenza: padri e figli, stesso reddito e istruzione; classi sociali cristallizzate tra le generazioni. Il Censis pone l’Italia all’ultimo posto nella graduatoria europea della percentuale di persone che hanno migliorato la propria condizione socio-economica rispetto a quella dei genitori, con una percentuale del 23%, inferiore alla media Ue (30%) ma anche a Lettonia (26%) o a Ungheria (29%). Per l’Ocse “potrebbero essere necessarie cinque generazioni ai bambini nati in famiglie a basso reddito per raggiungere il reddito medio”.

Su Il Sole 24 Ore il professor Quirino Camerlengo coglie l’occasione dello studio di Bankitalia per fare una riflessione su come l’immobilità sociale svuoti di significato quel principio di eguaglianza sostanziale consacrato nell’art. 3 della Costituzione. Secondo il professore la politica avrebbe ignorato le richieste di promozione sociale provenienti dagli strati più deboli della popolazione e le élite avrebbero minato alla base la mobilità sociale attraverso le azioni di cooptazione volte a garantire la trasmissione ereditaria del potere agli stessi appartenenti ai ceti dominanti. Nell’articolo Camerlengo propone infine la sua ricetta.