Le cause della crisi non sono rimosse, l’intervista di Avvenire a Giulio Romani

«La situazione del sistema bancario italiano è migliorata rispetto a quella di un anno fa. Però le cause che hanno portato alla crisi delle nostre banche non sono state rimosse. Sarebbe sbagliato parlare di una “svolta” del sistema»: è con queste parole che prede avvio l’intervista al segretario generale di First Cisl, Giulio Romani, sul quotidiano Avvenire.

Di seguito l’intervista a Giulio Romani, raccolta da Pietro Saccò.

Quali sono i problemi che restano irrisolti?

“C’è intanto una questione di base, che è una questione etica. È stato fatto un errore storico negli anni Novanta, quando si è pensato che con la privatizzazione l’attività delle banche potesse essere affidata al mercato. Non sono stati messi quegli anticorpi che avrebbero permesso a un sistema diventato privato di occuparsi primariamente dell’interesse pubblico. Al di là dei problemi di singoli istituti, la crisi delle banche è il frutto naturale di un modello di business che insegue solo interessi privati”.

Chiedete un ritorno alle banche di Stato?

“Certo che no! Ma riteniamo necessario intervenire sulla governance delle banche e sui sistemi di remunerazione dei manager. Sul lato della governance bisogna inserire elementi di partecipazione di quei soggetti che sono portatori di interesse dell’attività bancaria, a partire dai dipendenti e dal pubblico. Soggetti che moderino con la loro presenza l’inclinazione degli amministratori della banca a soddisfare solo l’interesse degli azionisti senza tenere conto della funzione sociale di un istituto di credito”.

Sulla remunerazione dei manager cosa occorre cambiare?

“Il manager di un’azienda fa quello per cui è pagato. Se è pagato per fare volumi allora cerca di farne il più possibile, magari facendo tanto credito all’immobiliare, che è la strada più semplice. Però così produce anche crediti deteriorati, com’è successo in questi armi in cui le banche italiane hanno creato una quantità spaventosa di deteriorato. Nella remunerazione degli amministratori bisogna inserire elementi diversi da obiettivi di redditività immediata: fette significative dei compensi dei dirigenti andrebbero legate a parametri come la qualità del credito concesso o quella dei prodotti finanziari venduti. Occorre premiare le scelte che contribuiscono a generare benessere sul territorio”.

Quest’anno le banche italiane hanno ridotto drasticamente le sofferenze nei loro bilanci. Non è un risultato importante?

“Sicuramente, per le banche. Ma temiamo fenomeni di gestione aggressiva delle sofferenze da parte di chi le ha acquistate. L’obiettivo di interesse generale dovrebbe essere fare in modo che la gestione dei crediti deteriorati sia equilibrata: serve molto rigore su chi ha fatto il furbo e molta pazienza con chi ha la possibilità di rimettersi in sesto. Questo si può fare solo se il credito non viene svenduto ma è pagato adeguatamente e affidato a un soggetto che sente di avere responsabilità verso il territorio”.

Non sembra una strada facile.

“Avevamo fatto una proposta, approvata dalla Banca d’Italia: creare soggetti che mettendo assieme imprenditori, fondazioni e dipendenti delle banche rilevassero le sofferenze a prezzo di libro dagli istituti di credito in difficoltà, ottenendo in cambio quote di proprietà della banca. Questi soggetti, che conoscono realmente le imprese da cui arrivano le sofferenze, saprebbero gestirle in maniera positiva per il territorio. Invece si è fatto il contrario: sofferenze vendute a prezzi stracciati a soggetti esterni al mondo bancario, che con un atteggiamento speculativo cercano di recuperare rapidamente la maggior quantità di soldi possibile. Con il risultato paradossale che tra i debitori i furbi se la cavano sempre, perché possono rimborsare a sconto il nuovo creditore, mentre chi è davvero in difficoltà è preso di mira da un sistema di recupero rapace”.

La commissione Banche è stata un’occasione mancata?

“Ha creato molte polemiche politiche, ha messo le istituzioni una contro l’altra. Non ha affrontato i nodi veri, le motivazioni per cui siamo arrivati a questo punto. Nel frattempo manca ancora una legge che riunendo i diversi reati finanziari oggi sparsi nei codici, dall’aggiotaggio all’ostacolo alla vigilanza, punisca i responsabili del dissesto di una banca”.