Il Treno per la Memoria: Viaggio nel dolore di Auschwitz.

Nel giorno della memoria ripercorriamo le emozioni vissute da nostro Segretario Maurizio Gemelli nel viaggio ad Auschwitz.

Il Treno per la Memoria: Viaggio nel dolore di Auschwitz. 

Il viaggio inizia in una giornata di sole caldo. Ci troviamo tutti alla Stazione Centrale di Milano e già appare evidente a tutti che c’è un qualcosa di unico. Siamo in tanti, tantissimi sul Binario 21, l’atmosfera somiglia a quella di una gita qualunque ma…qualcosa ti dice che non è così.

Si, l’inizio è quello classico: assegnazione dei posti, cestino (con panini ), foto di ragazzi che ridono e si spintonano…ma non è solo questo. Ti accorgi che stai per partire per un viaggio diverso, unico.

Saliamo sul treno e ci guardiamo intorno. Tanti ragazzi e tanti adulti (ci chiamano “diversamente giovani” ed è un epiteto che in fondo ci piace). Qualcuno legge, qualcuno intona un canto (non manca qualche inno calcistico) ma poi…un po’ alla volta cominciamo a sfogliare il materiale che è stato inserito nelle buste consegnateci insieme ai panini e allora ci fermiamo tutti: sono brevi note sui posti che andremo a visitare ma soprattutto sono racconti di quello che sono (e soprattutto sono stati) i Campi di Concentramento e di Sterminio.

Ed è allora che sentiamo che non stiamo partendo per la solita gita di gruppo. I pensieri si accalcano nella mente e un velo di tristezza ti attacca alla gola.Poi il treno parte e ricominciamo a sentire i cori e gli sfottò tra i ragazzi e in fondo un po’ ti fa piacere ascoltarli, ti aiutano a distrarti un attimo da quelle pagine di dolore.

Il viaggio è lungo, lunghissimo…sembra non finire mai. Alterniamo qualche chiacchiera tra noi al primo morso sul panino che ti ricorda le gite della scuola e ti sembra anche quello un modo per ricordare che eravamo giovani anche noi non molto tempo fa.

La notte passa dormendo (o cercando di farlo) nelle cuccette e al mattino…l’odore del caffè dallo scompartimento accanto ci dà la scossa per alzarci nella nebbia fredda che bacia i finestrini del treno e ci dice che siamo già quasi arrivati. Quasi però…siamo ancora nella Repubblica ceca e quell’ultimo tratto che ci separa da Cracovia sembra davvero interminabile e non vedi l’ora di scendere dal treno. E ti senti in colpa pensando che in fondo stiamo viaggiando al caldo e che nulla…NULLA è paragonabile al viaggio che altri hanno fatto proprio lì 60 anni fa. Ma l’uomo è così: in quel momento le gambe fanno male e pensi solo a te e al fatto che ti meriti un riposo.

Cracovia infine emerge dalla nebbiolina e si scende. Ci portano in visita al centro e al pomeriggio ai luoghi che hai visto in tanti film. La Fabbrica di Schindler, il Quartiere Ebraico, il Ghetto e ci sembra che in quei posti in fondo ci sei già stato. Potere evocativo dei Film, dei Documentari e dei libri che hai letto. Qualcosa appare addirittura così familiare da lasciarti nel dubbio di aver anche vissuto in quei posti, ma poi ti scuoti e pensi che è solo a causa della “forza” dei fatti qui accaduti. 

L’indomani è la volta dei Campi e partiamo col bus pensando di sapere già quello che vedremo. Ma non è così. Quei luoghi (a differenza dei luoghi di Cracovia) non riesci neanche ad immaginarteli. Anche se li hai visti decine di volte in Tv o al cinema…

La scritta all’ingresso forse si. Quella almeno a me fa l’effetto di un qualcosa già tante volte visto e confesso che non mi colpisce più di tanto (in quel momento odio la Tv e il fatto che rende quasi “normale” anche il più brutale dei crimini, anestetizzandoti in un certo senso verso il dolore e i
drammi collettivi).

Ma bastano pochi minuti: la vista delle celle, della camera a gas e quei poveri resti di abiti, occhiali, capelli strappati alla vittime prima di inviarli ai forni… tutto questo ti fa bloccare il respiro. E ti accorgi che, per quanto naturale, sono le immagini dei bambini che ti colpiscono di più: la foto di una bambina che piange senza lacrime si stampa nella mente e non riesci a dimenticarla più (ma in fondo non vuoi dimenticarla perché NON DEVI dimenticarla). E la nostra Guida rievoca pagine di orrore che non possono e non devono essere dimenticate.

Nel desolato piazzale di Birkenau-Auschwitz 2, circondato dal filo spinato, poi assistiamo ammutoliti ad una celebrazione di alcuni ragazzi che vengono da Israele e poi ci siamo noi, con la corona di fiori di CISL e CGIL e il racconto toccante di alcuni ragazzi.

La Cerimonia si svolge in un clima irreale, in un silenzio che fa quasi male alle orecchie sferzate anche da un vento gelido. Poi, ci incamminiamo per tornare verso il Portone, quel Portone che in tutto il mondo è il simbolo di Birkenau-Auschwitz 2 e costeggiamo i binari. Lo facciamo lentamente, a dispetto del vento che quasi ci spinge indietro.

I ragazzi, anche i ragazzi che il giorno prima avevano negli occhi la luce della vita e la gioia della loro età avevano, in quel tratto di strada lungo quei binari, una cupezza mai vista. Incredulità, dolore, stupore dipinti sulla faccia di ognuno di noi e nessuno osa parlare. Nessuna parola può rappresentare quello che abbiamo visto, solo vengono in mente le parole di Primo Levi:

Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo.

Maurizio Gemelli