Incontri idee&fatti, quando tutto sarà finito

E’ online il nuovo numero di Incontri idee&fatti dal titolo “Quando tutto sarà finito”.

Il sopravvento del mercato

I dati Istat ci dicono che la vita media in Italia è una tra le più alte nel mondo, eppure la stragrande maggioranza delle persone con un lungo vissuto non si è mai trovata a doversi confrontare con una situazione come quella attuale, ovvero il Covid-19 o, per meglio dire, il “Coronavirus”.

Almeno le ultime tre generazioni, tranne qualche caso particolare limitato nel tempo e soprattutto nello spazio, hanno vissuto in un tempo di pace, caratterizzato da progresso e sviluppo.

Un tempo – scevro da fattori esogeni in grado di condizionare e alterare la costruzione del nostro benessere – che forse ci ha indeboliti, facendoci credere di essere diventati “padroni” del mondo, in grado di governare gli eventi nel modo a noi più congeniale.

In questo contesto, con questo modo di agire e di pensare, si è sviluppata, soprattutto negli ultimi decenni, la teoria della “finanza” quale unico regolatore della vita degli uomini.

Un regolatore senza regole, che non ammette errori né debolezze, non lascia spazi a emozioni e sentimenti e, soprattutto, considera le persone unicamente uno strumento per raggiungere i propri obiettivi.

Parole come delocalizzazione, profitto, mercato, dumping sociale e globalizzazione hanno preso il sopravvento, delineando una società in cui valori come la solidarietà e l’equa distribuzione delle risorse hanno perso significato.

Una condizione che evidentemente favorisce un mondo del lavoro destrutturato in cui il lavoratore è solo un costo, un elemento della catena produttiva inversamente proporzionale agli utili che il suo lavoro determina. Indispensabile esclusivamente in relazione al suo “costo”.

La globalizzazione, ovvero quella rivoluzione socio-economica che avrebbe dovuto cambiare in meglio le condizioni di vita di tutti, si è rivelata una macchina su cui si sono innescate una serie di crisi economico-finanziarie, che hanno stratificato la società in settori “economici” tra loro troppo diseguali.

Le imprese hanno perseguito esclusivamente il profitto, delocalizzando   indiscriminatamente   le loro produzioni in funzione del basso costo della manodopera, ignorando scientemente il fatto che questa condizione si determina con la riduzione e, in alcuni casi, con l’assenza di diritti per i lavoratori.

Un fenomeno noto come dumping sociale che si sviluppa quando “le imprese hanno interesse a spostare le proprie attività produttive in un Paese che ha una legislazione meno stringente (o che non viene applicata) in tema di sicurezza e protezione sociale, di orario di lavoro e di salario giornaliero.” (dal Vocabolario Treccani).

Il “mercato” ha avuto il sopravvento, siamo stati targhettizzati   nei   nostri   bisogni, nelle   nostre abitudini e nei nostri sentimenti, assuefatti da una società i cui valori fondamentali sono diventati produttività e consumo.

Un modo di pensare che ha condizionato in negativo anche il mondo del lavoro. Un mondo che, bisogna ricordare, è fatto di persone.

Ma in questo momento, la gravità della situazione, che coinvolge tutto il territorio nazionale, senza distinzione di classe, di categoria, di livello, impone che ciascuno faccia la sua parte.

E, forse, è il momento anche della riflessione, di ripensare al valore della vita, che non può essere regolata in primis dalla “finanza” o dal “mercato”. Perché la società è fatta di uomini e di donne che, nel rispetto di regole responsabilmente condivise, hanno doveri ma anche diritti primari come libertà e dignità”.

Silvio Brocchieri

Questo e tanto altro sul numero 74 di “Incontri idee&fatti”

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Allegato. Incontri idee&fatti n. 74