Contrattazione transnazionale, la sfida europea del sindacato

I grandi gruppi multinazionali del settore finanziario elaborano le loro strategie a livello europeo (o mondiale) ma le ricadute si scaricano poi sul livello nazionale.

Il problema per i sindacati è quindi il disallineamento dei piani: non è possibile influenzare le decisioni laddove prendono forma. La contrattazione collettiva resta confinata nel recinto degli stati nazionali, mancando un quadro giuridico di riferimento europeo per disegnare una contrattazione collettiva transnazionale.

I Cae (Comitati aziendali europei) hanno la titolarità di importanti diritti di informazione e consultazione, ma non hanno “potere di firma”, non possono cioè stipulare accordi che impegnino le aziende a livello transnazionale.

Come rendere allora più incisiva l’azione dei sindacati? È il tema attorno al quale si è concentrata la riflessione nel corso della prima delle tre giornate di approfondimento sulle “linee guida della contrattazione” organizzate da First Cisl nazionale.

Una delle soluzioni, ha osservato Domenico Iodice – responsabile del settore C.A.First, il settore che si occupa di coordinare le politiche contrattuali di First Cisl – nella sua relazione introduttiva, passa da un rinnovato rapporto tra Cae e sindacati nazionali: “Oggi chi negozia non gestisce preventivamente le informazioni e chi le gestisce non negozia”, ragion per cui è opportuno stringere un rapporto più stretto ed attivare una maggiore condivisione delle informazioni. Altro passo importante è il rafforzamento delle relazioni tra i sindacati nazionali ed europei.

Aperture all’iniziativa sindacale si possono rinvenire poi in alcune novità legislative europee. La proposta della Commissione europea di una direttiva sulla due diligence sulla sostenibilità aziendale (Cssd, “Corporate sustainability due diligence”) è un’occasione importante per passare dagli “obblighi di rendicontare le attività socialmente positive” agli “obblighi di realizzare le attività socialmente positive”. La proposta della Commissione Ue, ha spiegato Iodice, “prevede il coinvolgimento dei sindacati nell’elaborazione dei cronoprogrammi e dei piani di azione correttiva delle aziende, rafforzando il ruolo e l’efficacia del whistleblowing”.

Questa normativa, se approvata, disegna “una nuova modalità di negoziazione collettiva e di coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro”, ha aggiunto Iodice.

Anche la revisione della direttiva Nfrd, che definisce l’obbligo per le grandi aziende di comunicare le informazioni ambientali, sociali e del personale, offre margini di manovra. La direttiva Csrd, oltre ad ampliare il perimetro delle società soggette a obblighi di rendicontazione non finanziaria a tutte le società quotate su mercati, introduce un obbligo di informativa più dettagliata a carico delle imprese e di revisione da parte di soggetti esterni. Richiede inoltre alle aziende di digitalizzare le informazioni riportate al fine di renderle più fruibili.