La fusione tra Intesa Sanpaolo e Ubi ha avviato una profonda trasformazione del sistema bancario. Il consolidamento è il dato più appariscente, ma a cambiare sarà probabilmente la natura stessa della finanza italiana. Lo dimostra proprio l’operazione completata con successo da Carlo Messina sull’ex popolare guidata da Victor Massiah. “Il coinvolgimento di Bper e per suo tramite di Unipol ne fa un caso unico nella storia – questa la riflessione del segretario generale Riccardo Colombani in apertura del comitato esecutivo First Cisl che si è tenuto oggi 9 dicembre – Dopo aver tanto parlato di banca-assicurazione quel che invece emerge è il fenomeno dell’assicurazione-banca, che vede i grandi gruppi assicurativi svolgere un ruolo centrale nella ridefinizione della geometria del sistema. Mi sembra un’evoluzione positiva. Ho già detto che vedrei di buon occhio un rafforzamento della presenza di Generali nel Monte dei Paschi di Siena, di cui la compagnia triestina è già secondo azionista. Generali ha quelle caratteristiche di anchor investor di cui c’è bisogno per il rilancio della banca”.
Mps resta infatti lo snodo attraverso cui passa quella che Colombani definisce una nuova ventata di “mergermania”. First Cisl e gli altri sindacati del credito hanno già espresso parere negativo su un’eventuale fusione con UniCredit. E nel fine settimana anche Cgil Cisl e Uil della Toscana, con il governatore della Regione Eugenio Giani, si sono attestate su questa linea. “Si è molto discusso dell’arrivo alla presidenza di UniCredit di Piercarlo Padoan e delle successive dimissioni dell’ad Mustier, sul cui operato siamo stati in passato molto critici. Non credo che, in ogni caso, sia possibile dedurre da queste mosse che la decisione su Mps sia già presa. Al contrario, mi pare difficile che l’operazione possa concretizzarsi”, dice Colombani.
“Il peso del contenzioso per Rocca Salimbeni è molto rilevante, specie dopo la sentenza di condanna di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola che ha reso necessari nuovi accantonamenti. Mps ha bisogno di una nuova iniezione di capitale, all’incirca 2,5 miliardi di euro, ma UniCredit, come in passato le banche che hanno rilevato altri istituti in crisi, chiede come condizione la neutralità patrimoniale – ricorda Colombani – Peraltro la norma inserita nella legge di stabilità che consentirebbe di trasformare le Dta in patrimonio del soggetto acquirente, studiata proprio per favorire le aggregazioni bancarie, in particolare in relazione al Monte dei Paschi, sta incontrando una dura opposizione in Parlamento”. Ecco perché “la privatizzazione, a queste condizioni, pare irrealistica, oltre che sbagliata. Sbagliata perché, oltre tutto, darebbe luogo a tagli occupazionali dolorosi secondo i rumors”.
Un’eventualità da scongiurare a tutti i costi. La continua emorragia di posti di lavoro rappresenta una minaccia sempre più grave. “Non dobbiamo cullarci sull’utilizzo del Fondo di solidarietà e sulla volontarietà delle uscite – avverte Colombani – Di questo passo si rischia di restringere il numero dei lavoratori del settore bancario fino a 200mila nel giro di pochi anni. Per questo insisto nel chiedere un’inversione di tendenza sull’occupazione. È ora di tornare ad assumere”.
Sotto questo aspetto l’Opa lanciata da Crédit Agricole Italia sul Credito Valtellinese non sembra invece rappresentare una minaccia: “Tra le reti delle due banche non ci sono sovrapposizioni, tra l’altro il comportamento tenuto da Crédit Agricole in questi anni induce all’ottimismo”.
Restano ancora delle ombre, invece, sulla situazione della Banca Popolare di Bari: “La rotta scelta per il salvataggio, con la creazione di una banca di investimenti per il Sud a capitale misto, è quella giusta. Il fatto che lo Stato – precisa Colombani – possa giocare un ruolo nel sistema bancario non solo non mi preoccupa, ma lo considero opportuno in questo momento storico”.
Tornando al nodo occupazione, è chiaro che si tratta di una questione che supera i confini della categoria per toccare l’intera economia. “Come indirizzare il credito a famiglie e imprese – si chiede infatti Colombani – se le banche abbandonano i territori? Non facciamoci incantare dalle sirene della rivoluzione digitale, il lending on-line riguarda solo pochi prodotti e non risolverà i nostri problemi, anzi li aggraverà”.
“Senza credito non ci sono speranze di ripresa, ma per esercitare il credito servono più lavoratori, non meno, e servono politiche anticicliche sostenute da garanzie di Stato. Da questo punto di vista – sostiene Colombani – il governo si è mosso bene con il decreto Liquidità, ma bisogna proseguire su questa strada”.
L’altra priorità è il risparmio. La ricchezza mobiliare degli italiani ammonta a 4.500 miliardi di euro, mille dei quali fermi sui conti correnti bancari e postali. “Per far ripartire l’economia non c’è altro modo che incanalare una parte di queste risorse verso gli investimenti. Investimenti che – ricorda Colombani – calano da anni, a differenza di quanto avviene in altri grandi paesi europei come Francia e Germania. La sfida che vogliamo lanciare al governo, alle autorità di vigilanza e agli intermediari è quella di pensare nuovi strumenti in grado di realizzare questo obiettivo offrendo però al contempo garanzie ai risparmiatori”.