Smart working, Colombani, va gestito con contrattazione, regole rigide non servono

La contrattazione collettiva è la bussola per governare lo smart working. Il settore bancario si è posto all’avanguardia con la disciplina del lavoro agile e l’introduzione del diritto alla disconnessione nel contratto nazionale. Anche il mondo assicurativo e le altre realtà del credito hanno conseguito risultati importanti attraverso gli accordi aziendali.

Lasciare i lavoratori da soli a negoziare con le aziende, infatti, non è un’opzione per il sindacato: il rischio, assolutamente da evitare, è quello di destrutturare il rapporto di lavoro subordinato, che deve restare invece il baricentro del settore. Questo il messaggio lanciato da First Cisl in occasione della tavola rotonda “Lo smart working tra tutela e territorio” che ha introdotto i lavori dell’Esecutivo della federazione dei bancari della Cisl.

“Durante il lockdown abbiamo sperimentato non lo smart working ma l’home working: è stato necessario per contenere la diffusione del virus. Ma adesso – ha affermato il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani – dobbiamo andare oltre l’emergenza. Per farlo non servono però interventi legislativi eccessivamente prescrittivi, è la contrattazione che deve mantenere il suo primato”.

Un’esigenza che è ben rappresentata dalla presentazione svolta dall’Ufficio Studi di First Cisl. Secondo uno studio condotto da New York University e Harward Business a livello globale il tempo medio di lavoro nelle 24 ore è aumentato di 48,5 minuti. In Italia, nel settore finanziario e assicurativo (codice Ateco K), la percentuale dei lavoratori in smart working era del 2,4% ad inizio 2020, prima del Covid-19; è passata al 26,1% a marzo–aprile, dunque nel pieno dell’emergenza sanitaria; si è poi contratta parzialmente a maggio e a giugno, dopo la fine del lockdown, scendendo al 16,5%.

L’accelerazione è stata quindi fortissima. “Perché lo smart working rappresenti davvero un’opportunità per i lavoratori – ha aggiunto Colombani – non dobbiamo coltivare l’illusione che bastino nuove regole per governarne l’impiego. Ciò di cui più abbiamo bisogno è un approccio multidisciplinare, in grado di inserire questa modalità di lavoro nel nuovo modello economico e sociale che si profila. Di questo nuovo modello dovrà far parte – ha concluso Colombani – una profonda evoluzione della cultura organizzativa, basata sull’autonomia e sulla fiducia anziché sul vecchio impianto fordista. Una sfida che si pone con particolare urgenza anche per il settore bancario”.