Le donne nel private equity, Mag analizza dati e riprende studio First Cisl

Il quindicinale “Mag” dà un’occhiata al mondo del private equity e decreta che “Non è un lavoro per donne. Almeno in Italia”. Secondo il periodico sono i numeri a parlar chiaro. “Negli ultimi anni – scrive Laura Morelli – ci sono sempre più ricerche sulla presenza di donne nell’industria dell’investimento privato e tutte scattano una fotografia che ricorda quella relativa alla finanza in generale: il numero di professioniste che lavorano nel settore è poco dignitoso ma si riduce in maniera considerevole man mano che si scalano le gerarchie e ci si avvicina alle posizioni più prestigiose”.

“Per quanto il tema ricorra dunque nel mondo dei servizi finanziari in generale – fa notare Mag -, nel private equity questo è ancora più esacerbato. Sarà perché è sempre stato un ‘old boy’s club”, sarà perché il cambiamento culturale è un processo lungo e complesso, sarà perché alla fine le donne sono meno disposte a sacrificare la loro esistenza in nome di una carriera”.

Il Centro ricerche di Financecommunity.it e MAG hanno realizzato una ricerca che analizza “i team che compaiono sulle pagine web di oltre 50 fondi di private equity italiani o internazionali che operano in Italia”. Da questo studio “emerge che per trovare una donna al tavolo negoziale bisogna essere proprio fortunati: di tutti i professionisti impegnati nel settore, è donna il 19,5%: 115 professioniste su 588 totali fra quelli presi in considerazione dalla ricerca. Che poi, questa professionista su cinque al tavolo negoziale non è neanche detto che ci sarà, perché solitamente ricopre ruoli diversi da quelli operativi. Le partner donne nei fondi italiani o internazionali attivi nel Paese sono il 5,9%, cioè 12 su 201”.

Numeri definiti “impietosi anche confrontati con quelli impietosi anche confrontati con quelli dell’industria dei servizi finanziari in generale. In Italia secondo uno studio First Cisl sui maggiori cinque istituti italiani (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Monte dei Paschi, Banco Bpm, Ubi), che pesano per due terzi dei 300mila bancari italiani, a inizio 2017 le donne erano 84mila su 181mila, cioè il 47%, anche se solo lo 0,5% diventa dirigente”.

Sulla scorta di queste cifre, raffrontate con quelle accertate nel 2019, il quindicinale milanese evidenzia che “in due anni non è cambiato nulla, nonostante qualcuno abbia portato avanti dei progetti e per quanto il tema sia molto più di attualità rispetto al passato”.