“Non è colpa del costo del lavoro: a bruciare la redditività delle banche italiane sono le rettifiche sui crediti e per questo serve una gestione paziente dei prestiti deteriorati, evitando le forti svalutazioni imposte dai regolatori europei. È quanto sostiene First Cisl, fra i primi sindacati del settore del credito e assicurativo, che ha elaborato un’analisi reddituale al 30 settembre 2017 dei primi cinque istituti italiani, ovvero Unicredit, Intesa Sanpaolo, Montepaschi, Banco Bpm e Ubi”: lo scrive Manola Piras sul web magazine Formiche. net in un articolo dal titolo “Così la linea europea sugli Npl sta affossando (inutilmente) le banche italiane. La denuncia della Cisl“.
Nell’articolo si riporta anche l’opinione espressa dal segretario generale di First Cisl: “Finiamola, una volta per tutte, di dire che il costo del lavoro è un peso per il sistema bancario. Insieme, le commissioni nette che provengono dall’attività quotidiana dei lavoratori e i minori costi derivanti dal taglio di posti di lavoro ammontano a quasi il doppio dell’utile netto delle prime cinque banche” commenta il segretario generale Giulio Romani che torna sul problema della gestione dei crediti deteriorati: “Il vero peso sono le enormi svalutazioni pretese dai regolatori europei, col risultato che continuiamo a svendere npl (non performing loans, ndr) che potrebbero invece essere recuperati attraverso una loro gestione paziente, ritornando a dare reddito”.
“Il responsabile dell’ufficio studi di First Cisl, Riccardo Colombani – prosegue Manola Piras -, scende nel dettaglio: “Agli 8 miliardi di utile realizzati dai cinque maggiori gruppi bancari italiani dei primi nove mesi del 2017 hanno dato un enorme contributo i 14,4 miliardi di commissione nette, che sono strettamente correlate al fattore lavoro. Il risultato beneficia poi dei 527 milioni di calo del costo del personale a fronte di una riduzione di ben 7.786 addetti nelle sole big five, senza contare i tagli nelle banche acquisite da Ubi e da Intesa. Quanto al costo del lavoro, il dato dei primi cinque gruppi è di 12,6 miliardi, che si confrontano con un margine di intermediazione di 36,3 miliardi. A bruciare redditività – sottolinea Colombani – sono i 10,1 miliardi di rettifiche su crediti, non molto sotto ai 10,5 miliardi dei primi 9 mesi del 2016. Se gli npl fossero destinati alla gestione in house da parte di personale specializzato – è la ricetta proposta già un anno fa dal sindacato -, invece che alla vendita più o meno obbligata, e gli accantonamenti potessero essere effettuati tenendo conto dei recuperi realizzati, gli utili tornerebbero a crescere, generando occupazione e sviluppo economico”.”