Don Buonaiuto, vergogna definire attività lavorativa la prostituzione

“Quando parliamo di prostituzione, spesso troviamo quello squallido modo di dire ‘riapriamo le case chiuse’, ‘regolamentiamo’. Vorrei vedere se qui c’è un genitore che ha il coraggio di venirmi a dire che vorrebbe sentire la propria figlia dirgli ‘ho finalmente trovato un lavoro, con tanto di contratto ed elenco dei servizi che dovrò svolgere, vado a fare la prostituta al centro comerciale’.  Qui siamo in un sindacato, si parla di lavoro. Io credo sia una vergogna pensare che la prostituzione possa essere concepita come un’attività lavorativa. Non si tratta del lavoro più antico del mondo, ma l’ingiustizia più antica del mondo. Quando si parla così è perché non si conosce l’evoluzione di questo fenomeno”: è il web magazine In Terris a riportare, in un articolo di Manuela Petrini, le parole pronunciate da don Aldo Buoaniuto, membro dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, che da anni si batte per liberare le donne schiavizzate costrette a prostituirsi lungo i viali a luci rosse delle città italiane, intervenendo al convegno organizzato dalla Struttura nazionale Donne e Politiche di Parità di Genere di First Cisl, dal titolo “Contro la violenza non si tratta”.