Quali responsabilità disciplinari possono scaturire dall’uso dei social? Il lavoratore dipendente può menzionare nel proprio “status” il proprio rapporto di lavoro? Può pubblicare foto della propria sede di lavoro?
Proviamo a dare risposte, qui. Un approfondimento First Cisl a cura di Riccardo Colombani e Domenico Iodice.
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Un quadro definito, uno scenario inedito
Il tema dei “social” è tipicamente multidisciplinare: interessa comunicazione, sociologia, psicologia, medicina e diritto e inoltre alimenta cronaca e giurisprudenza
Restringendo il focus agli aspetti giuridici, esso impatta su diritto costituzionale, diritto penale[1] e diritto civile. Quest’ultimo, a sua volta, raccoglie puntuali riverberi sia di diritto commerciale e d’impresa[2], sia di tipo più squisitamente privatistico-contrattuale ed extracontrattuale[3]. Non ci occupiamo però qui di nessuno dei precedenti ambiti di indagine scientifica, ma dei soli riflessi giuridici “disciplinari”: concernenti, cioè, il diritto del lavoro (e in specie il rapporto di lavoro subordinato) e derivanti dalle responsabilità[4] che il datore di lavoro imputi al lavoratore subordinato a seguito di un comportamento ritenuto improprio.
Il taglio di questo “focus” vuole essere, perciò, piuttosto operativo: senza pretesa di esaustività, preferiamo indicare alcune attenzioni da tenere, a tutela del lavoratore che agisca ed operi (“in” azienda o “fuori” di essa; “per” l’azienda o “per proprio conto”) nei social network. Intendiamo infatti rispondere a una precisa e diffusa istanza di assistenza, predisponendo una sorta di “vademecum” operativo per il lavoratore e per il sindacalista che lo assista nel procedimento disciplinare, ex art. 7 .
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