“Il congedo parentale – così lo definisce l’Inps – è un periodo di astensione facoltativo dal lavoro concesso ai genitori per prendersi cura del bambino nei suoi primi anni di vita e soddisfare i suoi bisogni affettivi e relazionali”; è quanto si legge nel nuovo numero di #noicooperfirst.
“Il congedo parentale – si legge sempre sul sito dell’Inps – spetta ai genitori naturali, che siano in costanza di rapporto di lavoro, entro i primi 12 anni di vita del bambino per un periodo complessivo tra i due genitori non superiore a dieci mesi. I mesi salgono a 11 se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di almeno tre mesi. Tale periodo complessivo può essere fruito dai genitori anche contemporaneamente. Se il rapporto di lavoro cessa all’inizio o durante il periodo di congedo, il diritto al congedo stesso viene meno dalla data di interruzione del lavoro”.
In tempo di “coronavirus” e di scuole chiuse il tema è diventato di attualità e le regole che disciplinano la materia non possono essere “interpretate” dalle Aziende ma applicate.
In particolare, appare del tutto evidente che il congedo possa essere inframezzato da periodi di ferie o di malattia senza che le giornate di sabato e domenica vengano computate, né indennizzate a titolo di congedo parentale.
Al proposito, in allegato, il “Messaggio 18 ottobre 2011, n. 19772”, in cui l’Inps definisce la corretta interpretazione della norma.
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