Lombardia, Colombani, per tornare a crescere va tutelata la biodiversità delle Bcc

Non c’è regione italiana in cui il radicamento del credito cooperativo sia più forte che in Lombardia. Tra il 1996 e il 2020 gli sportelli sono quasi raddoppiati (da 399 a 747), un risultato che si inquadra nella tendenza registrata a livello nazionale, che ha visto la presenza delle Bcc salire dal 10,4% al 17,9% del totale e dall’8,5% al 15,9% in Lombardia.  Una crescita ancor più significativa se si considera che dal 2008 al 2020 in Italia sono spariti 10.658 sportelli.

La “locomotiva” d’Italia ha subito un duro colpo dalla pandemia: nel 2020 la caduta del Pil (- 9,4%), secondo Bankitalia, è stata più pronunciata rispetto al dato nazionale, e anche sul piano dell’occupazione il prezzo è stato pesante, benché leggermente inferiore rispetto alla media dell’intero Paese ( – 1,7%, 77mila posti bruciati).

L’uscita dalla crisi e le sorti della ripresa dipendono in larga misura dal credito. Già con la pandemia, del resto, il sistema bancario ha dimostrato la sua centralità. Sarà così anche per quanto riguarda il Pnrr appena promosso da Bruxelles: gli investimenti pubblici andranno accompagnati da nuovi investimenti privati, che dovranno essere sostenuti anche dal credito. Le banche saranno chiamate inoltre a fornire assistenza alle tante piccole e medie imprese che non hanno le competenze per elaborare una vera pianificazione finanziaria. 

Qui sta la sfida per il credito cooperativo, che può giocarsi la carta della presenza capillare sul territorio e della conoscenza di prima mano della clientela. Questo a patto di non rinunciare ai suoi valori di fondo e di trovare la chiave per condurre a termine la difficile transizione cominciata con la riforma del 2016. Riforma che è stata al centro della tavola rotonda  Credito cooperativo tra Europa e coesione territoriale” organizzata da First Cisl Lombardia. All’evento, introdotto dal segretario generale di First Cisl Lombardia Andrea Battistini e moderato da Paolo Grignaschi del Network dirigenti Bcc First Cisl, hanno preso parte il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani,  il direttore generale di Cassa Padana Andrea Lusenti, il direttore generale di Banca Brianza e Laghi Ernesto Mauri, il direttore generale di Bcc Milano Giorgio Beretta e il direttore di Federazione Bcc Lombardia Raffaele Arici. I dati sul settore sono stati presentanti da Giovanni Sentimenti, del Comitato scientifico della Fondazione Fiba.

L’intervento del segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani:

“La riforma del credito cooperativo, come quella delle banche popolari – ha sottolineato il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani nel suo intervento – nasce in un contesto segnato dalla grande crisi finanziaria del 2008, punto di approdo di una stagione nata negli Stati Uniti sotto il segno della deregulation, con l’abolizione del Glass Steagal Act, e culminata negli eccessi della finanza derivata e nel tracollo dei mutui subprime. Per prevenire nuove crisi e limitarne in ogni caso gli effetti sistemici l’Ue è corsa ai ripari varando l’Unione bancaria con i suoi tre pilastri. Le Bcc, rimaste fuori dal campo di applicazione della direttiva Brrd sulla risoluzione, erano in attesa di una soluzione, che è stata trovata per l’appunto con la riforma del 2016. L’obiettivo della stabilità è stato raggiunto, ma a costo di un parziale snaturamento”.

Snaturamento che per Colombani mette a rischio “la biodiversità del credito cooperativo, un valore da tutelare ad ogni costo. Non dimentichiamo che di recente è stato il Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ad insistere sull’importanza del principio di proporzionalità: le Bcc non possono infatti convivere con le grandi banche sotto lo stesso ombrello di regole. Inoltre, sempre secondo il Copasir, è necessario valorizzare l’autonomia funzionale del credito cooperativo, che si configura come un elemento fondamentale di democrazia nell’intermediazione creditizia”. 

La riforma ha scosso alla radice la biodiversità del credito cooperativo anche sul versante interno, secondo Colombani. Concentrando tutte le Bcc sotto due holding ne ha di fatto vanificato l’autonomia funzionale, senza la quale la ragione stessa del modello di banca di territorio entra in crisi. Mettere in risalto i punti controversi della riforma non significa tuttavia bendarsi gli occhi di fronte alle esigenze di innovazione. Investire sul digitale è importante anche per le Bcc, riflette il leader dei bancari della Cisl: “Il Pnrr ha assegnato decine di miliardi di euro alla transizione digitale, è evidente che il futuro passa di qui”.

Occorre però guardarsi da una ricezione acritica degli orientamenti prevalenti: non tutto ciò che va bene per le grandi imprese va bene anche per le piccole; e non tutto ciò che va bene per i partner europei va bene anche per l’Italia. “Abbiamo un indice di vecchiaia della popolazione più alto e un livello di competenze digitali più basso rispetto ai principali paesi europei. Ciò fa sì che per noi puntare in via prioritaria sul digitale nel settore bancario rischia di avere conseguenze pesanti sia sotto il profilo economico che sociale. Molte persone anziane non sono in grado di utilizzare l’internet banking; pensare che possano basarsi sui servizi digitali per investire i loro risparmi è assurdo. Eppure sono proprio gli over 65 a detenere la quota principale del risparmio privato. Da tutto ciò deriva che la presenza della banca sul territorio attraverso gli sportelli è essenziale. Dovremo sempre dire grazie, quindi, alle Bcc per avere fatto argine contro la debancarizzazione dei territori voluta dai grandi gruppi. In questo modo hanno garantito non solo il credito a molte realtà che ne sarebbero rimaste prive, ma hanno difeso la coesione sociale. Per questa ragione – ha concluso il leader dei bancari della Cisl – sono convinto che lo spirito della cooperazione possa dare slancio al Paese anche nella fase di ripartenza post pandemica che abbiamo di fronte”.

Il video integrale della tavola rotonda: