Marche, dalle Bcc una spinta alla ripresa. Colombani, ma la riforma va rivista

L’incremento degli sportelli bancari del credito cooperativo nelle Marche, da 133 nel 2000 a circa 200 alla fine del 2020, denota l’interesse che questo settore del credito rivolge al proprio territorio. Un elemento che dimostra lo spirito con cui le Bcc hanno saputo compensare la politica messa in atto dalle grandi banche che, nello stesso periodo, hanno drasticamente ridotto la loro presenza. Un fenomeno analizzato dalla tavola rotonda organizzata da First Cisl Marche, dal titolo “Il Credito cooperativo tra Europa e coesione territoriale”.

All’evento – introdotto dal segretario generale di First Cisl Marche Giovanni Gianuario e moderato da Paolo Grignaschi del Network dirigenti Bcc First Cisl – hanno partecipato il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani, il direttore generale di Bcc del Piceno Franco Leone Salicona, il direttore generale di Banco Marchigiano Marco Moreschi, il direttore generale di Bcc di Pergola e Corinaldo Mario Montesi.

L’intervento del segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani:

I dati presentati da Giovanni Sentimenti, del Comitato scientifico Fondazione Fiba, evidenziano infatti la flessione del numero degli sportelli operanti su tutto il territorio nazionale: nel 2000 l’intero sistema del credito (Abi e Bcc) operava tramite 28.194 sportelli (34.139 nel 2008), ridotti a 23.481 nel 2020.

Numeri in controtendenza rispetto a quelli del credito cooperativo, che dal 2000 al 2020 ha visto crescere i suoi sportelli da 2.954 (pari al 10,48% del totale) a 4.204 (pari al 17,90%). Di conseguenza tra il 2003-2019 i comuni italiani che hanno registrato la presenza di una Bcc sono passati da 2.298 a 2.635, di cui in 650 costituiscono l’unica presenza bancaria.

Quanto alle Marche gli sportelli del credito cooperativo rappresentano una quota pari al 4,75% (4,50% nel 2000) del totale nazionale e il 19,8% delle Regioni del Centro Italia (Lazio, Marche, Toscana, Umbria).

“La storia del credito cooperativo, lunga 130 anni, è segnata dalla mutualità prevalente – sottolinea Riccardo Colombani, segretario generale First Cisl, in apertura del suo intervento – Negli ultimi venti anni le Bcc hanno garantito una presenza capillare e nelle Marche uno sportello su quattro appartiene al credito cooperativo”.

In relazione ai temi emersi dal dibattito, Colombani ha ribadito che è stata la finanza senza regole a provocare la crisi del 2008, una crisi che ha messo a dura prova la stabilità del sistema bancario, non solo in Italia. Per uscirne e per prevenirne di nuove, l’Ue ha varato l’Unione bancaria con i suoi tre pilastri: vigilanza unica (l’unico che ha ricevuto piena applicazione), risoluzione delle crisi bancarie, garanzia dei depositi. La riforma delle Bcc si inserisce in questo quadro a nasce dall’esigenza di mettere in sicurezza delle banche che, per le loro ridotte dimensioni, erano rimaste fuori dal perimetro di applicazione della risoluzione, regolata dalla direttiva Brrd, che peraltro solo in Italia è stata sperimentata, ancorché in modo parziale, nel caso delle quattro banche interregionali risolte nel 2015; decisione questa che ha provocato danni rilevanti al sistema bancario, ben al di là di quel che ci si attendeva per istituti che detenevano solo l’1% dei depositi su scala nazionale”.

In ogni caso va detto che l’obiettivo della stabilità è stato raggiunto, ma al prezzo di un parziale snaturamento della missione del credito cooperativo. “Missione che, come ha ricordato di recente il Copasir, rappresenta un elemento indispensabile di democrazia nell’intermediazione creditizia”, ha puntualizzato il numero uno dei bancari della Cisl. Mutualità significa infatti prossimità, ma perché le Bcc siano realmente al servizio dei territori occorre una revisione della riforma nel segno del principio di proporzionalità. “Le banche di credito cooperativo – ha sottolineato Colombani – a seguito della riforma sono state incardinate in due gruppi e per questa ragione classificate come significant ai fini della vigilanza. Dunque adesso sono soggette alla stessa regolazione delle grandi banche. Un errore che va corretto: banche che hanno l’obbligo per statuto di fare il 95% degli impieghi sui territori di riferimento non possono rientrare nello stesso quadro giuridico delle altre”.

Il contributo che le Bcc possono dare alla ripresa non va sottovalutato. In un momento di tassi negativi, ha osservato Colombani, “l’ingente stock di liquidità depositato presso le banche deve essere canalizzato verso gli investimenti. Il nostro sistema produttivo nazionale è caratterizzato da piccole e medie imprese, le aziende con meno di 10 dipendenti occupano 11 milioni di lavoratori. Il credito cooperativo può svolgere un ruolo fondamentale a loro favore, erogando il credito e fornendo i servizi di cui hanno bisogno”.

Il video integrale della tavola rotonda: