Il via libera della Commissione europea all’offerta pubblica di scambio di Unicredit su Banco Bpm ha riportato all’attenzione dei media sul tema del risiko bancario sul quale, ai lavori del 3° Congresso nazionale First Cisl di Roma, il riconfermato Segretario generale nazionale First Cisl, Riccardo Colombani, ha lanciato – scrive Investire – “un allarme netto, puntuale, che mette in guardia dai rischi di una deriva sistemica del settore bancario e assicurativo italiano, troppo spesso raccontato come un semplice “calcio mercato finanziario”.
Per Colombani la concentrazione tra istituti di credito rischia di generare effetti preoccupanti sull’economia reale e pesanti ricadute occupazionali. «Tutti ovviamente attenzionano il risiko bancario-assicurativo sotto il profilo degli assetti proprietari e del dualismo tra Ceo – ha spiegato il leader dei bancari e degli assicurativi della Cisl – ma pochissimi si soffermano a valutare gli impatti che questo risiko determinerà sulle famiglie e sulle imprese (…) Ho molti dubbi che si possa creare quel valore richiamato dal Governatore (della Banca d’Italia Fabio Panetta, ndr). La concentrazione delle banche comporta una concentrazione del rischio, che a sua volta determina l’abbassamento degli affidamenti concessi alle imprese».
Sempre su Investire il Segretario generale nazionale First Cisl fa un esempio concreto: «Se ho un conto in Unicredit e un altro in Banco Bpm, e le due banche si fondono, la mia esposizione complessiva verrà considerata unitaria. Se supera i limiti, la banca chiederà il rientro del credito. È quello che accade in tutti i processi di concentrazione».
La concentrazione del sistema bancario italiano, contrariamente a quanto si possa credere, è significativamente maggiore «di quello tedesco e persino più di quello francese – fa notare Colombani – solo che in Francia le banche hanno espanso la loro presenza all’estero, mentre da noi manca ancora un vero processo di consolidamento europeo. Questa mancanza di operazioni cross-border porta a creare “super campioni nazionali”, riducendo la concorrenza tra istituti. Un’assenza di concorrenza che rischia di tradursi in un aumento dei costi per i clienti: non è detto che i prodotti offerti costeranno di meno, anzi potrebbero costare di più».
A ben guardare, sul fronte delle commissioni bancarie, l’Italia è già ai vertici. «Le banche italiane – prosegue sulla rivista il leader dei bancari e degli assicurativi della Cisl – sono top performer a livello europeo. Le commissioni incassate sono più alte rispetto a Francia, Germania e Spagna. Siamo secondi solo all’Ungheria per commissioni rapportate all’attivo e composizione dei ricavi».
Criticità si possono generare sui livelli occupazionali. «Negli ultimi vent’anni sono stati tagliati 75.000 posti di lavoro nelle banche italiane – ha ricordato Colombani – e adesso, con le fusioni in corso, sono a rischio altri 104.595 posti. L’intelligenza artificiale renderà automatizzabili molte funzioni. Bisogna evitare che venga usata per giustificare nuovi tagli (…) serve un nuovo patto sul futuro del lavoro bancario che consideri l’intelligenza artificiale un processo complementare al lavoro umano e non un ausilio sostitutivo».
Guardando al futuro, dalle colonne di Investire, Riccardo Colombani ribadisce che la mentalità va cambiata: «Oggi prevale un capitalismo predatorio. Serve una conversione verso un capitalismo partecipativo, che includa tutti i portatori di interesse, non solo gli azionisti. L’articolo 46 della Costituzione non è un orpello – ricorda – la partecipazione deve mirare all’elevazione economica e sociale del lavoro. Ci sono già quattro modelli nella legge promossa dalla Cisl, tra cui la partecipazione agli utili. Questo potrebbe essere un primo passo per mettere d’accordo tutte le sigle sindacali». Sul controllo nazionale delle banche, Colombani evidenzia che «da più parti si sostiene la necessità di un azionariato italiano, preferibilmente istituzionale, per garantire la stabilità del settore. È un tema legittimo ma attenzione a come si traduce nella pratica. Il golden power può essere uno strumento utile, ma non deve diventare un alibi per ingerenze improprie o per giustificare un accentramento inefficace».