Colombani su Huffington Post: eventi catastrofici, le assicurazioni spingano i rami danni e la cultura della protezione. Lo Stato faccia la sua parte

In Italia, il divario tra la necessità di protezione dai danni e la copertura assicurativa rimane allarmante, specialmente per i rischi catastrofali. Mentre gli effetti del cambiamento climatico intensificano la vulnerabilità del patrimonio immobiliare, il sistema assicurativo è chiamato a costruire un’offerta di polizze ramo danni più adeguata e a educare i cittadini alla cultura della protezione assicurativa, con l’indispensabile supporto dello Stato. Questo è il tema dell’articolo del segretario generale First Cisl, Riccardo Colombani, pubblicato su Huffington Post:

Eventi catastrofici, le assicurazioni spingano i rami danni e la cultura della protezione. Lo Stato faccia la sua parte

L’Italia soffre tra i più elevati livelli di sottoassicurazione contro i danni su scala planetaria: si pone agli ultimi posti in Europa e solo al 24° posto tra i Paesi Ocse nel rapporto premi su Pil, in base ai dati dall’ultima relazione annuale Ivass. È in questo quadro che il sistema delle assicurazioni viene chiamato oggi a un impegno straordinario, analogo a quello che negli anni Sessanta – in coincidenza con il boom economico, la motorizzazione del Paese e l’aumento dell’incidentistica stradale – portò allo sviluppo di una nuova cultura di protezione e al varo nel 1969 della Rca obbligatoria. La legge entrò in vigore nel 1971, dopo la pubblicazione del regolamento di esecuzione del 1970. Fu un percorso caratterizzato da una vivace dialettica. Ormai la Rca è metabolizzata dalla popolazione come servizio imprescindibile, ma l‘Italia fu l’ultimo Paese della (allora) Cee ad adottare il sistema dell’assicurazione obbligatoria.

L’emergenza che si sta diffondendo adesso, conseguenza del cambiamento climatico, è dovuta ai danni sempre più frequenti, gravi e diffusi provocati da eventi catastrofali che mettono in pericolo la casa, bene primario degli italiani e che spesso rappresenta la gran parte del patrimonio per le fasce meno abbienti della popolazione. In questo segmento i livelli di sottoassicurazione sono davvero preoccupanti: in Italia, esposta al rischio fisico molto più di altri Paesi europei per terremoti, alluvioni, inondazioni e frane, solo il 6% delle abitazioni è coperto dai rischi. E questo contesto chiama le compagnie a varare massicce campagne di educazione assicurativa, perché la cultura della protezione da danni catastrofali si diffonda nella popolazione e venga percepita come una necessità, al pari di quanto accadde negli anni Sessanta con la Rca. Sia chiaro, lo Stato e le Regioni dovranno fare la loro parte per la cura dei territori con un’opera incessante di prevenzione. E comunque saranno assolutamente da evitare balzelli a carico dei cittadini, perché davvero insopportabili. Al tempo stesso rischierebbero di deresponsabilizzare le istituzioni politiche. Insomma, la tutela dell’ambiente e dei patrimoni immobiliari non dovrà essere scaricata sulle spalle dei cittadini. Comunque, l’educazione assicurativa, così come l’educazione previdenziale, sono fondamentali e non possono essere considerate come semplici varianti dell’educazione finanziaria.

C’è però una questione a monte che il sistema assicurativo deve affrontare con decisione. È la costruzione di un’offerta di polizze per i rami danni adeguata alle necessità. Occorre accendere un faro sul processo di aggregazione delle compagnie assicurative in agglomerati finanziari a matrice bancaria, favorito dal Danish compromise, introdotto nel 2012 a livello comunitario e in base al quale le banche, che incorporano e detengono partecipazioni in imprese assicurative, hanno la possibilità di ridurre l’assorbimento del proprio capitale regolamentare. Si sta sviluppando un modello che, in base agli annunci, pare privilegiare i rami vita, magari il collocamento di prodotti finanziari assicurativi, rispetto ai rami danni, che in Italia sommano premi che valgono appena l’1,8% del Pil. Serve un’inversione di tendenza. Occorre che le assicurazioni, a prescindere dal contesto societario o proprietario, indirizzino l’attività sempre più verso la copertura dei danni e contestualmente realizzino programmi di educazione assicurativa.

Al contempo, bisogna agire sul grande tema dell’invecchiamento della popolazione e della necessità di assicurare i rischi che ne conseguono. Siamo già oggi il Paese di gran lunga più vecchio d’Europa: l’indice di vecchiaia stimato per il corrente anno sfiora il 200%. Significa che ci sono 200 persone sopra 65 anni ogni 100 giovani sotto 15 anni. Per tanti anziani, che non sono autosufficienti, e per i caregiver, si tratta evidentemente di un peso sempre più difficile da sopportare da soli. Servono politiche e sforzo comune tra istituzioni e soggetti d’impresa.

Qui l’articolo su Huffington Post