“Storicamente tra i più virtuosi d’Europa quanto a risparmio privato, tra gli italiani cresce la propensione all’indebitamento. Complice soprattutto la corsa dell’inflazione”. Lo scrive la giornalista de la Repubblica Sibilla Di Palma che firma il reportage di Affari&Finanza dal titolo: “Prestiti, in famiglia più prudenza piccoli importi ma il passivo sale”. Il servizio rilancia l’ultima rilevazione della Fondazione Fiba di First Cisl sul credito al consumo e le risultanze dell’osservatorio sull’indebitamento, “realizzato da Bravo su un campione di 9 mila italiani”.
Ma “qual è l’identikit dei debitori? Due terzi sono uomini e il 57% ha un’età compresa tra 40 e 59 anni, anche se nell’ultimo anno è cresciuta del 4% la quota debitoria tra i 30 e i 39 anni che rappresentano il 17,3% del totale. Dall’indagine emerge inoltre come l’indebitamento sia un fenomeno trasversale e non limitato alle categorie più fragili. Il 69,7% del campione analizzato ha infatti un contratto a tempo indeterminato. Il 14,7% è in pensione, solo il 5% è disoccupato”.
Il reportage di Affari&Finanza evidenzia anche che le regioni del nord registrano “una maggiore presenza di persone indebitate (il 43,6% del totale nazionale) rispetto a quelle centrali (22,3%) e meridionali (34,1%), proprio per la presenza di redditi mediamente più elevati e di più opportunità di lavoro stabile rispetto al resto d’Italia, con una conseguente maggiore facilità di accesso al credito. La maggior parte delle persone in situazioni di indebitamento risiede in Lombardia (16,1%) e per quasi otto persone su dieci (77%) le cause d’indebitamento riguardano prestiti personali. A questo proposito, l’ultimo barometro Crif sul credito alle famiglie italiane, relativo al primo trimestre 2024, evidenzia che le richieste di prestito hanno registrato un calo del 3,4% rispetto allo stesso periodo del 2023. Questo soprattutto per la frenata registrata nell’ambito dei finanziamenti finalizzati (meno 10%), mentre quelli personali hanno visto un balzo del 5,2%. Guardando al solo mese di marzo, però, le domande risultano in aumento del 2,6%. Resta rassicurante il dato sull’importo dei finanziamenti, considerato che quasi la metà delle richieste nel primo trimestre 2024s sono concentrate nella classe inferiore ai 5 mila euro”.
A completamento del quadro sul credito al consumo la giornalista Sibilla Di Palma rilancia l’ultima rilevazione della Fondazione Fiba di First Cisl che sta ad evidenziare come “la crescita del credito al consumo, che lo scorso anno è arrivato a pesare per il 18,2% sul totale dei prestiti richiesti, sia maggiore della media europea dell’11%. Le condizioni per accedere al credito al consumo nel nostro paese sono le più onerose su scala continentale; in base ai dati Bce, il Taeg (tasso annuo effettivo globale) sulle nuove operazioni a febbraio si è attestato al 10,59%, contro una media dell’Eurozona all’8,63%. Costi che non hanno indeterminato però scoraggiato i consumatori. Nel 2023, infatti, il ricorso a questa forma di indebitamento è cresciuto per importi elevati), sia perché la forma di indebitamento è cresciuto da 151,8 a 160,6 miliardi (più 1,4%)”.
“Dall’analisi – riporta ancora il settimanale di Repubblica – emerge, inoltre, che la rischiosità del credito, rappresentata dal tasso di deterioramento dei prestiti alle famiglie, pur rimanendo su livelli contenuti, è cresciuta (a quota 0,22%, dallo 0,14% del 2022). Guardando ai dati su base regionale, le difficoltà maggiori si registrano al Sud, con il picco in Sicilia (0,39%)”.
In generale le famiglie sono indebitate per il 60% del reddito disponibile mentre quello delle imprese raggiunge il 65% del Pil. “Per evitare peggioramenti – rimarca la giornalista Sibilla Di Palma – potrebbe essere di aiuto accelerare sull’alfabetizzazione finanziaria. L’ultima relazione triennale sul tema, realizzata da Bankitalia, sottolinea che rispetto al 2020 il punteggio dell’alfabetizzazione finanziaria degli italiani è migliorato (da 10,2 a 10,6, su 20 punti totali). Questi ultimi hanno infatti mostrato una migliore capacità di gestione delle proprie risorse finanziarie (fissare obiettivi, essere puntuali nei pagamenti). Al contempo, però, è peggiorata la familiarità con concetti come inflazione, tasso di interesse, diversificazione del rischio. Se si scorrono le tabelle Ocse nell’ultimo studio del 2023, lo scenario rispetto ai Paesi avanzati è parecchio deludente. Fatto 100 il voto massimo in alfabetizzazione finanziaria, l’Italia raggiunge 53, parecchi punti dietro a Germania (76), Francia (62), Spagna (64) e della media Ocse (63). Eppure, le ragioni per imprimere un’accelerata ci sono tutte”.
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