«Gli utili delle banche corrono ancora, ma serve più credito per le aziende» è il titolo con cui Avvenire pubblica una lunga intervista del giornalista Pietro Saccò al segretario generale di First Cisl, Riccardo Colombani.
“Le banche italiane – si legge su Avvenire – hanno margine per aumentare i prestiti alle imprese, anche l’avvicinarsi del primo taglio dei tassi di interesse della Banca centrale europea, previsto per giugno, non peggiorerà i loro conti, nota Riccardo Colombani, segretario generale del sindacato di settore First Cisl”. Segue il testo dell’intervista:
Possiamo aspettarci un 2024 di profitti robusti sulla scia del 2023?
La forbice dei tassi nel primo trimestre è stata in linea col quarto trimestre dello scorso anno. La probabile riduzione dei tassi da parte della Bce nei prossimi mesi non dovrebbe incidere troppo sul margine d’interesse e non ci sono motivi per ipotizzare un calo delle commissioni. Insomma, i proventi operativi continueranno ad essere elevati e lo stesso vale per gli utili.
Ma i costi aumenteranno per effetto degli aumenti che avete ottenuto con il nuovo contratto nazionale…
Abbiamo condiviso un nuovo modello retributivo con un significativo riconoscimento della produttività. L’appeal del lavoro in banca aumenterà, così come la motivazione di chi già ci lavora. Questo è il migliore investimento possibile per le banche. Ora dobbiamo completare l’opera.
Cioè?
Siamo pronti a rinnovare il contratto nazionale dei dirigenti. Nel mese di luglio si terranno le elezioni degli organi Abi. Nel giro di pochi mesi, ne sono certo, definiremo le intese necessarie. Con la stessa convinzione, pensiamo sia possibile concludere in tempi brevi la trattativa per il rinnovo del contratto nazionale con Federcasse per le lavoratrici e i lavoratori delle Bcc. Con Federcasse, tra l’altro, nei mesi scorsi abbiamo sottoscritto l’accordo per i dirigenti.
Col rallentamento del ciclo economico, gli analisti prevedono una crescita delle sofferenze. Gli utili diminuiranno?
Le previsioni di crescita del governo e di Banca d’Italia sono basse, ma non è detto che ciò determinerà un rialzo significativo dei crediti deteriorati. Intanto, nel 2023 i non-performing loan delle banche italiane sono diminuiti mentre sono cresciuti per le banche europee. E il rischio di credito degli attivi è diminuito ulteriormente, dopo la riduzione consistente nel triennio 2020-22, soprattutto per effetto delle garanzie statali che hanno accompagnato le erogazioni durante la pandemia. Il costo del rischio dovrebbe rimanere basso, salvo crisi economico-finanziarie, magari dovute all’ulteriore allargamento delle guerre in atto. Proprio in considerazione di tale drammatica possibilità, è confortante l’elevata patrimonializzazione delle banche, anche se il capitale in eccesso, rispetto ai minimi regolamentari, potrebbe essere utilizzato per coniugare gli interessi delle banche e delle imprese non finanziarie beneficiarie di prestiti.
Come si può fare a rilanciare il credito?
Il coefficiente patrimoniale Cet1 ratio a fine ’23 era di poco superiore alla media dell’Eurozona ma, mentre le banche europee hanno aumentato la patrimonializzazione aumentando il capitale, le banche italiane hanno ridotto il rischio di credito. Due strategie ben diverse. Francamente non credo che dipenda solo dalle condizioni della domanda di credito. Di sicuro, c’è stata la corsa a remunerare gli azionisti, anche pompando la quotazione dei titoli azionari attraverso i buyback, le operazioni di riacquisto di azioni. Tutto legittimo, ma in questo modo non si è accumulato il capitale creato con la gestione. Credo che il sostegno alle imprese possa essere stimolato proponendo processi di trasformazione dei sistemi d’impresa in chiave ecologica. Governo e Parlamento nazionali, istituzioni europee e autorità di settore devono creare le condizioni affinché ciò si realizzi.
Che cosa vi aspettate per il Monte dei Paschi: il ministero venderà ancora azioni o arriverà subito un partner?
L’unica certezza è rappresentata dal vincolo a non vendere ulteriori azioni sino a fine giugno. La quota di capitale detenuta dal Mef consente la formazione di una maggioranza in assemblea, anche in quella straordinaria, che prescinde dallo Stato. Oggi il capitale è detenuto in gran parte da investitori istituzionali, ma servono capitali pazienti per assicurare continuità e futuro alla banca più antica al mondo. Il Monte, nonostante gli straordinari risultati dello scorso anno, e il rialzo notevole della quotazione, è valutato dal mercato molto meno delle altre big rispetto al patrimonio tangibile. È un’occasione per investitori di lungo periodo che devono essere invitati a realizzare un’operazione di sistema, nell’interesse del Paese.
Qui l’intervista su Avvenire: