Rafforzare la disciplina collettiva del lavoro remotizzato: una priorità di First Cisl riconosciuta e condivisa

Fin dall’entrata in vigore della legge sul lavoro agile (Legge 81/2017) la nostra Federazione ha evidenziato l’esigenza di rafforzare gli spazi di regolamentazione affidati alla contrattazione collettiva, in considerazione di una criticità contenuta nel dettato di legge, che consente di affidare delicati ambiti normativi  – tra i quali la materia disciplinare – alla contrattazione individuale (si veda http://tinyurl.com/bdfyyxru).

Anche a seguito di alcune iniziative parlamentari, riferite in particolare alle proposte di riforma dell’articolo 21 della Legge 81/2017, ad oggi prive di esito, nell’ambito del lavoro agile abbiamo evidenziato i rischi connessi a una disciplina delle fattispecie sanzionabili che fosse affidata alla contrattazione individuale  (si veda http://tinyurl.com/yhztekzu).

L’argomento, lo ricordiamo, investe in particolare la previsione della possibilità di regolamentare con accordo individuale un regime disciplinare ulteriore e specifico per il lavoro agile, con la concreta preoccupazione di assistere all’introduzione di una tipizzazione di fattispecie applicabili per mera “adesione” della singola lavoratrice o del singolo lavoratore.

Scenario che si presenta di particolare rilevanza, se si tiene conto di come, in ragione del mutamento del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa, l’autonomia individuale potrebbe divenire ex lege fonte regolatoria di istituti ordinariamente riservati all’autonomia collettiva, quali appunto quello delle condotte disciplinarmente rilevanti.

In particolare, già in tale contesto evidenziavamo che “… è inappropriato che una materia così delicata possa essere normata … in maniera solo formalmente pattizia, ma sostanzialmente unilaterale dal datore di lavoro. C’è il rischio, e persino la certezza, riguardante alcuni contratti individuali, che con le proposizioni tipiche dei c.d. contratti per adesione vengano introdotte clausole di responsabilità rafforzata del lavoratore, particolarmente in materia di riservatezza dei dati trattati nel lavoro remotizzato.  Il controllo datoriale realizzato con l’uso degli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa è già ormai, per le modificazioni dell’articolo 4 comma 2 della Legge n. 300/1970 introdotte dal c.d. Jobs Act, a tutti gli effetti considerato ‘controllo diretto’. Esso legittima una pervasività del cosidetto ‘controllo difensivo’ datoriale che sconta il solo limite della tutela della privacy. Se a questa già esistente prerogativa datoriale si associa anche la previsione pattizia di fattispecie disciplinari ulteriori e tipiche per il lavoro agile, con sanzioni appositamente applicabili per tale modalità di esecuzione della prestazione, c’è il rischio di superare de facto la natura di modalità accessoria del rapporto di lavoro, e di introdurre una tipologia di rapporto strutturalmente diversa e alternativa (oltre che potenzialmente discriminante) per struttura, disciplina e controllo. C’è inoltre certezza che le sanzioni disciplinari espulsive, qualora comminate per comportamenti appositamente individuati per il lavoro agile, rendano di fatto impossibile non soltanto la prosecuzione di tale modalità di lavoro, ma la permanenza del rapporto di lavoro sottostante, cui il lavoro agile accede. Per tutte le ragioni suesposte ci sembra davvero commendevole l’intento abrogativo del legislatore del testo unificato”.

È motivo di soddisfazione evidenziare che l’inedita questione (giuslavoristica e di politica contrattuale), da noi introdotta, sia stata finalmente raccolta e riportata tout court dall’autorevole pubblicazione 24 Ore Professionale. Modulo 24 Contenzioso Lavoro, che in un approfondimento dell’Avvocata giuslavorista Michela Bani riprende testualmente l’intero punto (pagina 117, si veda http://tinyurl.com/yttn6nr6).

Anche sul lavoro per “cicli, fasi e obiettivi” (previsto dalla citata Legge 81/2017 e oggetto delle proposte di riforma legislativa, tese ad eliminare il riferimento al lavoro per obiettivi ), l’Avv. Bani riporta testualmente, pur con considerazioni fattuali diverse, la nostra posizione, che ravvisa nell’attesa modifica una sorta di “limite all’interesse imprenditoriale a trasformare la prestazione di mezzi (fattispecie tipica prevalente nel lavoro subordinato) in obbligazione di risultati. Tale trasformazione, se non arginata, avrebbe conseguenze pericolose e ad oggi inesplorate ai fini dell’individuazione dell’esatto adempimento della prestazione lavorativa, con la possibile obiettivazione e quantificazione dei criteri di individuazione dello scarso rendimento”.

Infine, anche sul tema dello “scarso rendimento”, nell’articolo di Antonella RosatiQuale differenza tra telelavoro e smartworking” (si veda http://tinyurl.com/mupkj9m9), l’autrice riporta testualmente tale nostro passaggio concettuale.

Nell’attuale fase di trasformazione digitale, anche in assenza di correttivi di legge, occorrerà pertanto intensificare l’attività di contrattazione collettiva, per garantire i diritti delle persone del lavoro con riferimento a tutte le modalità di lavoro. Sia in presenza sia in remoto, il lavoro digitalizzato è una realtà di per sé pervasiva, che impone un rafforzamento adattivo delle attuali tutele giuslavoristiche (diritti cosiddetti “analogici” della personalità, privacy, benessere individuale e organizzativo, salute e sicurezza informatica, clima e socialità del lavoro, misurazione delle prestazioni, eccetera).