Banche, stampa italiana rilancia studio First Cisl. Colombani: territorialità indebolita dalla concentrazione

La fredda constatazione di First Cisl della significativa riduzione delle banche in Italia ha richiamato l’attenzione della stampa nazionale. “In 30 anni le banche italiane sono diventate meno della metà” è il titolo del lancio Ansa. Anche per Askanews “Banche, First Cisl: in trent’anni sono più che dimezzate”. Stessa impostazione per Agi: “Banche: studio First Cisl, in 30 anni sono meno della metà”. AdnKronos rilancia nel suo titolo le considerazioni del segretario generale First Cisl, Riccardo Colombani, per il quale “servono incentivi reputazionali ed economici per territorialità”.

A rilanciare il tema della soppressione di molti marchi bancari sono anche Il Sole 24 Ore e il Il Messaggero che rispettivamente scrivono: “Banche: in 30 anni si sono dimezzate: nel 1993 erano oltre mille, oggi sono 434” e “Banche, in Italia dimezzate in 30 anni: gli sportelli scesi a 20mila”. Avvenire pubblica un articolo a firma del giornalista Pietro Saccò che nel titolo evidenzia come le banche abbiano perso il territorio chiudendo in media tre filiali al giorno. Su Conquiste del Lavoro il giornalista Carlo D’Onofrio rilancia la proposta di First Cisl sulla necessità di prevedere degli incentivi economici per la territorialità. “Meno banche e meno sportelli” scrive la giornalista Cristiana Flaminio su L’identità precisando che “la digitalizzazione non c’entra”. Per Firstonline  le “banche italiane sono più che dimezzate in 30 anni: è fuga dai territori e la digitalizzazione non decolla”. Completa la rassegna dei titoli Websim che, utilizzando l’analisi di First Cisl, mette in evidenza un dato incontrovertibile: “Banche italiane. I primi 5 gruppi controllano oltre il 50% del mercato domestico”.

“Negli ultimi 30 anni – riportano le varie testate giornalistiche – il numero delle banche italiane è andato incontro ad una drastica riduzione: erano 1.037 nel 1993, sono scese a 434 nel 2023. Restiamo davanti alla Francia (394), ma dietro a Polonia (573) e Austria (443). Lontanissima la Germania che può ancora contare su 1.381 banche. Senza le 184 Bcc italiane affiliate alle due capogruppo del credito cooperativo saremmo sotto l’Irlanda nella graduatoria dei Ventisette. La cura dimagrante del nostro sistema bancario prende avvio negli anni ’90 e prosegue attraverso la crisi finanziaria del 2008, la riforma delle banche popolari e quella del credito cooperativo. Questo processo ha innescato quello, parallelo, della desertificazione bancaria dei territori”.

Lo studio “Banche 1993-2023: un cammino lungo 30 anni tra territorio, economia e società”, realizzato dalla Fondazione Fiba e presentato questa settimana a Roma nel corso del Consiglio Generale di First Cisl, evidenzia, come “il numero degli sportelli abbia toccato il suo massimo nel 2008 (34.139) per poi iniziare una rapidissima discesa che non si è ancora arrestata (20.909 a fine 2022). Nella prima parte del 2023 ne sono stati chiusi altri 593. Nonostante il numero di sportelli sia oggi pressoché identico a quello di 30 anni fa, nel 1993, alla vigilia dell’entrata in vigore del Testo unico bancario, i comuni serviti da banche erano 5.479, mentre a fine 2022 se ne contano 4.785. Ma soprattutto è mutata la composizione demografica della popolazione. Italiani con più di 65 anni (16%) e giovani sotto i 15 (15,1%) erano in equilibrio, oggi i primi (23,7%) hanno doppiato i secondi (12,8%)”.

Come sottolineato dallo studio cislino, la digitalizzazione si è rivelata un falso mito: “L’invecchiamento della popolazione e il basso livello delle competenze digitali tra le classi di età più elevata spiegano perché l’utilizzo dell’internet banking sia poco diffuso in Italia (48,3% della popolazione rispetto al 59,6% della media Ue). Tra gli over 65 si scende al 25,8%, contro la media Ue del 36,1%. Che la digitalizzazione sia causa della desertificazione bancaria è quindi un falso mito. La regione col minore utilizzo dell’internet banking è la Calabria (26,8%), che è anche quella con il minore numero di sportelli ogni 100mila abitanti (18). La regione più “digitale” è il Trentino Alto Adige, che è anche quella con il più alto numero di sportelli (65)”.

L’effetto della diminuzione del numero delle banche sul territorio nazionale ha generato la “concentrazione del sistema sempre più forte. La quota dei primi cinque gruppi italiani sul totale degli attivi è cresciuta di 24,9 punti dal 1999 al 2022, arrivando oggi a controllare oltre il 50% del mercato domestico, contro il 46,4% della Francia ed il 35% della Germania. Un’evoluzione che è dovuta in larga parte al crollo del numero delle banche a matrice cooperativa. Le banche popolari erano 92 nel 1996, a fine 2022 erano appena 18. Nello stesso periodo le banche di credito cooperativo sono scese da 591 a 226”.

Alla stampa il segretario generale First Cisl, Riccardo Colombani, ha rimarcato che «la territorialità delle banche è fondamentale per gestire la transizione digitale, un obiettivo cruciale per il Paese che va però perseguito senza mettere a rischio l’inclusione sociale. Non va dimenticato che la popolazione anziana utilizza poco i canali digitali e che in alcune aree del Paese l’impossibilita di accedere ad un servizio essenziale rappresenta un pericolo concreto di esclusione. La centralità delle banche per la vita delle comunità è stata voluta dal governo durante la pandemia, quando hanno continuato ad assistere la clientela tenendo aperte le loro filiali ed erogando credito assistito dalle garanzie statali».

Per il leader dei bancari della cisl «la concentrazione del sistema cui abbiamo assistito, soprattutto dopo la crisi di Lehman Brothers, era mirata da parte delle autorità europee ad assicurare stabilità, ma ha avuto anche l’effetto di indebolire il legame tra le banche ed i territori. Questo legame va invece rafforzato attraverso incentivi reputazionali ed economici. Al contrario, dobbiamo scongiurare i propositi di un’ulteriore concentrazione del sistema bancario, perché aggraverebbe i danni di un disagio sociale sin troppo evidente.  Inoltre è necessario – ha concluso Riccardo Colombani  – istituire degli osservatori regionali sull’attività bancaria, presieduti dalle istituzioni regionali e partecipati dalle associazioni di rappresentanza di banche e imprese non bancarie, dalle associazioni dei consumatori e dalle organizzazioni sindacali».


L’analisi sulle banche con le tabelle esplicative

L’Osservatorio sulla desertificazione bancaria