«Crisi Eurovita, “Ora un fondo di garanzia”. Ecco come si è arrivati al blocco dei riscatti» è il titolo dell’articolo di Repubblica, con cui il giornalista Federico Formica illustra la proposta avanzata dal segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani, successivamente rilanciata da altre associazioni, di istituire un meccanismo di garanzia sulle polizze vita basato sul vincolo di solidarietà tra le compagnie di assicurazione, così come avviene per il Fondo interbancario di tutela dei depositi.
“In attesa di una soluzione al dissesto di Eurovita – si legge su Repubblica – alla quale sta lavorando Ivass insieme al commissario Alessandro Santoliquido e ai big del settore assicurativo, diverse associazioni chiedono a gran voce una misura per evitare che la storia si ripeta: un fondo di garanzia per tutelare i clienti degli istituti in crisi. Insomma, qualcosa di molto simile al Fondo interbancario di tutela dei depositi. Solo che, anziché alle banche, questo si applicherebbe alle assicurazioni”.
“La proposta è stata fatta da diversi pulpiti: il presidente di Federconsumatori Michele Carrus nella sua relazione ai delegati, nel corso del congresso di Rimini; il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani, secondo il quale «un meccanismo di garanzia sulle polizze vita dovrebbe basarsi sul vincolo di solidarietà tra le compagnie di assicurazione». È una richiesta, aggiunge la vice presidente nazionale di Adoc Laura Pulcini, «che abbiamo già fatto a Ivass. Qui non si tratta solo dei clienti di Eurovita, che pure sono 400mila, ma della fiducia di tutta la platea dei consumatori: se dovesse venire meno sarebbe a rischio la tenuta del sistema». Ivass – ricorda il giornalista – ha stabilito il blocco dei riscatti fino al 30 giugno 2023 per quasi tutti gli assicurati. Significa che il denaro resterà parcheggiato fino a quel momento, nella speranza che nel frattempo si trovi una soluzione definitiva”.
La crisi di Eurovita, prosegue l’articolo “è il frutto di una situazione che tutti conoscono: l’aumento dei tassi. «Nel corso del 2022 le polizze di ramo I (le tipiche polizze vita ndr) sono diventate poco convenienti, costringendo le compagnie a vendere una notevole quantità di titoli inseriti nelle gestioni separate» spiega Giuseppe D’Orta, consulente finanziario indipendente. Quelle vendite, continua D’Orta, sono state particolarmente dolorose e hanno comportato delle «forti minusvalenze rispetto al valore di bilancio, che per le gestioni separate è il prezzo di acquisto». Di qui è scattato l’allarme dell’Ivass, che come abbiamo visto ha chiesto (invano) a Cinven di pompare denaro. Solo dopo alcune settimane il fondo ha messo 100 milioni, ma ormai la situazione si era aggravata”.
“Non solo – prosegue Repubblica – «Molti depositi di Eurovita sono coperti da titoli di Stato italiani, tedeschi e di altri Paesi. Oggi, con il rialzo dei tassi e l’aumento dell’inflazione, quegli investimenti, ottimi durante l’era del tasso zero, non sono più convenienti» spiega una fonte vicina a Ivass. Colombani punta il dito sull’intreccio tra banche e assicurazioni, con le prime che hanno distribuito moltissime polizze Eurovita: «Un modello di banca-assicurazione che sembra funzionale più alla creazione di valore per gli azionisti che alla tutela dell’interesse dei clienti»”.
“Molti clienti di Eurovita e diversi osservatori sono convinti che l’autorità di settore Ivass non abbia vigilato abbastanza, chiudendo il recinto quando i buoi erano già fuggiti. Furio Truzzi, presidente di Assoutenti, parte da lontano: «L’integrazione di Ivass in Banca d’Italia, è ormai chiaro, ha indebolito la vigilanza e il controllo dei due settori fugando ogni speranza che quell’assetto potesse creare sinergie positive per gli assicurati, i correntisti, le imprese. Non è una coincidenza che il ramo vita sia esploso proprio dal 2013, un anno dopo dall’introduzione di Ivass, passando da 85 miliardi di raccolta premi a oltre 105».
“Anche secondo D’Orta «urge una seria riflessione che coinvolga anche la vigilanza». Un aspetto particolare della vicenda Eurovita, continua l’esperto, è la proprietà: «Il fondo Cinven, un private equity le cui caratteristiche di investimento sono quelle tipiche del settore: si entra nel capitale, si ‘estrae valore’ il più possibile per poi vendere entro 3-5 anni». Un metodo di investimento «che mira a gonfiare il bilancio in tempi brevi senza interessarsi più di tanto al lungo termine». Michele Carrus (Federconsumatori) però difende Ivass: «Già nel 2021 Eurovita era stata sottoposta a stress test, che avevano evidenziato potenziali criticità patrimoniali, e aveva chiesto a Cinven di intervenire. L’aggravamento dell’autunno scorso non era prevedibile: onestamente l’impressione è che Ivass abbia agito con i tempi giusti, non avendo la palla di vetro». Fermo restando che «le regole sull’emissione di titoli rischiosi, così come sulla profilazione, devono essere più stringenti. Troppo spesso i risparmiatori non sono consapevoli del rischio che comporta il loro investimento. Questo succede quando hai banche e intermediari che spingono per vendere alcuni prodotti, piuttosto che altri».
“Come abbiamo spiegato su Repubblica – va a conclusione del suo articolo Federico Formica – per risolvere la crisi di Eurovita si sta lavorando a uno “spezzatino”: le maggiori compagnie assicurative si prenderebbero carico di una fetta di polizze, con relativi fondi sottostanti, portando allo scioglimento di Eurovita così come la conosciamo. Secondo il Sole24Ore i soggetti protagonisti dell’operazione sono Intesa Vita, Generali, Poste, Unipol e Allianz. Un’ipotesi concreta e auspicata da tutte le realtà che rappresentano i consumatori. Ma allora perché sulla vicenda è calato il silenzio istituzionale? E perché ancora non è stato raggiunto alcun accordo? Carrus la interpreta così: «Ogni compagnia riceverebbe una fetta della torta Eurovita, ma in ogni fetta c’è una parte succulenta e una decisamente meno appetitosa. In questo momento le assicurazioni chiedono alle banche, che in questi anni hanno fatto da piazziste, di prendersi le proprie responsabilità; queste ultime fanno orecchio da mercante ed è facile supporre che entrambe finiscano col chiedere una garanzia pubblica. E questa non è una partita che si gioca in piazza». Ma i tempi, continua il Sole24Ore, sono lunghi anche perché nella maxi operazione si sta cercando di coinvolgere anche i quattro istituti che hanno collocato le polizze Eurovita: Fideuram, Fineco, Sparkasse e Credem”.