Pandemia e banche, First Cisl analizza trimestrali, grande interesse della stampa

Gli effetti della pandemia sui conti delle principali banche. L’ufficio studi di First Cisl ha pubblicato un’articolata ricerca sulle ultime trimestrali dei più importanti istituti creditizi nazionali. Le risultanze hanno richiamato l’attenzione della stampa che ha diffusamente rilanciato i principali temi dell’analisi.

Ampia la rassegna dei servizi sia in forma cartacea che on line. “Le banche resistono alla crisi Covid” titola La Gazzetta del Mezzogiorno. Sulla stessa linea la titolazione del Giornale di Sicilia: “Le banche italiane resistono alla pandemia”. Non si discosta dai precedenti il titolo de Il Piccolo: “Le banche resistono all’effetto Covid ma le filiali crollano”. Anche L’Eco di Bergamo valorizza due aspetti della ricerca titolando “Banche resistenti al Covid ma meno addetti e filiali”.

“Covid: First Cisl, banche resistono, tenuta ricavi, meno dipendenti” è il titolo de l’Arenail Giornale di Rimini, il Corriere di Como, Corriere QuotidianoBresciaoggi, Il Giornale di Vicenza,  il Giornale di Riccione e Giornale San Marino. Completa il quadro dei titoli Business24 con “Banche, il sistema italiano regge l’urto”.

Tutte le testate riportano ampi stralci della ricerca dell’ufficio studi di First Cisl sottolineando le considerazioni del segretario generale di First Cisl, Riccardo Colombani. Per lo studio cislino “il sistema bancario italiano regge l’urto della pandemia. A dimostrarlo sono i risultati di bilancio del terzo trimestre. I dati relativi ai principali gruppi del Paese (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi, Banco Bpm e Mps), secondo l’elaborazione dell’Ufficio studi di First Cisl, confermano la resilienza del settore a fronte del crollo delle attività produttive”.

“In questo quadro emerge la sostanziale tenuta dei ricavi operativi (- 5% rispetto allo stesso periodo del 2019). La flessione è ancor più contenuta se si guarda ai ricavi core (margine primario – 4,1%) , quelli originati dalle attività verso la clientela. Clientela che continua però a scontare i disagi dovuti alla chiusura di filiali (- 4,6%).  In parallelo diminuisce anche l’occupazione: nel periodo considerato sono circa 5mila i bancari in meno. L’effetto sui conti è evidente, con una contrazione pronunciata dei costi del personale (- 2,6%). Particolare rilievo assume il valore del cost/income, ora al 56,3%, dato nettamente inferiore a quello che si riscontra nei maggiori gruppi europei (61,3%). Il raggiungimento di un più elevato livello di produttività è testimoniato dal prodotto bancario pro capite, cresciuto del 2,5%, nonostante le eccezionali difficoltà operative e organizzative poste dalla crisi Covid-19”. Sui quotidiani si legge anche come “migliora la qualità del portafoglio crediti con l’ulteriore riduzione del peso dei crediti deteriorati netti (adesso al 3,2%). I rischi di credito sono stati coperti in via straordinaria con accantonamenti prudenziali per circa 3,5 miliardi di euro. Restano stabili i crediti a clientela (+ 0,3%)”.

Sui quotidiani Riccardo Colombani evidenzia che «ci troviamo in una situazione che richiede politiche creditizie anticicliche, imperniate su garanzie statali finalizzate ad un deciso incremento degli investimenti per assicurare una solida e duratura ripresa dell’economia. È altresì necessario che le regole sulla gestione dei rischi di credito, calendar provisioning e nuova definizione di default, cambino per evitare un corto circuito tra banche e imprese. Occorre inoltre confermare la moratoria sui prestiti almeno fino al termine dell’emergenza».

L’ufficio studi di First Cisl certifica come “migliora sensibilmente la patrimonializzazione con il CET1 ratio phased-in che passa dal 13,6% al 14,9%”. «Sarebbe sbagliato eliminare il blocco dei dividendi. Meno patrimonio – fa notare Colombani – significa infatti meno credito, l’esatto contrario di quello di cui abbiamo bisogno. Per aumentare e gestire il credito verso la miriade di Pmi che costituisce il nostro tessuto imprenditoriale servono più lavoratori. Proseguire sulla strada dei tagli è quindi insensato: il trend occupazionale va invertito nell’interesse del Paese».

 

In allegato il comunicato con le tabelle esplicative