Colombani su Carige, se banche vogliono fuggire cedano quote ai dipendenti

“Prestito o liberalità?” Questo il quesito che pone “Investiremag” con un servizio dedicato alla crisi di Carige dal titolo “First-Cisl: per salvare Carige coinvolgiamo i lavoratori”. “Si apre la polemica sui 320 milioni di euro – scrive il sito d’informazione finanziaria – che il presidente Pietro Modiano ha recuperato a fine 2018 per la sua messa in sicurezza di Banca Carige, attraverso lo schema Volontario del fondo interbancario di tutela depositi (Fitd). Un’operazione che fu richiesta dall’istituto per evitare un default derivante dal rischio che stavano correndo 9 miliardi di depositi protetti”. Di recente Antonio Patuelli, presidente di Abi, ha definito la cifra un prestito e non una liberalità da parte degli istituti di credito che hanno partecipato alla raccolta con propri versamenti. Gli risponde a distanza il segretario generale di First-Cisl, Riccardo Colombani”. “Patuelli viene contraddetto dal fatto che alcune banche hanno azzerato a bilancio il loro versamento allo schema Volontario del Fondo interbancario di tutela dei depositi, commenta il segretario generale dei bancari della Cisl. “Intesa ha portato a zero i 65 milioni investiti, lo stesso ha fatto il Banco Bpm coi suoi 27,6 milioni. Azzerati anche i 6,6 milioni di Mediolanum, i 5,3 Popolare di Sondrio e i 4,4 di Creval, mentre Ubi ha svalutato del 90% i suoi 24,4 milioni, riducendoli ad appena 2,4”.

Riccardo Colombani afferma che “noi crediamo invece nel rilancio di Carige. Le banche, che già hanno preteso dall’istituto l’esorbitante tasso di interesse del 16%”, non facciano la figura degli speculatori di breve periodo e si trasformino in impact investors capaci di generare un positivo impatto sociale. Così come proponiamo facciano i lavoratori del settore bancario che potranno investire le somme, che giacciono inutilizzate nel Fondo per l’Occupazione, in Carige con una gara di solidarietà a tutela del lavoro”.

Su “Investiremag” Riccardo Colombani va oltre: “Ci saremmo aspettati – dice – che i banchieri si sarebbero occupati non tanto di recuperare frettolosamente il finanziamento a Carige, quanto di garantire le ricadute sui territori, sulle economie locali e sull’occupazione provocate da ipotesi di pesantissimi tagli di personale e sportelli e di massicce cessioni dei crediti delle imprese in temporanea difficoltà”. “Eppure il Fitd sembrava vedere un rilancio della banca ligure, dato che ha svalutato solo 65,9 dei 318,2 milioni investiti nel bond di Carige, e dunque meno delle svalutazioni complessive delle banche aderenti”.

Riccardo Colombani fa la sintesi del comportamento avuto dalle grandi banche in relazione al tentativo di soccorso di Carige. A supportartlo i dati elaborati dall’ufficio studi di First Cisl che evidenzia come “Unicredit ha resistito alla tentazione di azzerare l’investimento, rettificandolo del 30%, passando da 53 a 37,3 milioni; mentre Mps riporta a bilancio un’esposizione verso lo Schema Volontario del Fitd per 14,5 milioni a fronte dei 15 investiti. Sono solo del 4% anche le svalutazioni di Bper e Banca Generali che avevano dato rispettivamente 13,9 e 2,3 milioni, mentre Fineco ha fatto scendere il valore del 30%, da 9,5 a 6,7 milioni. Ora le banche sembrano aver paura della conversione in azioni e dunque annunciano di aspettarsi che BlackRock, formulando un’offerta per Carige, dia loro di ritorno i soldi, lasciando però scoperti i lavoratori, le imprese clienti e le comunità locali”.

“Investiremag” precisa che il mega fondo di investimenti statunitense, BlackRock, è attualmente l’unico interlocutore dell’istituto nel suo tentativo rinforzare la propria base proprietaria, come richiesto da Bankitalia che, all’indomani del salvataggio tramite il Fitd, fece esplicito riferimento alla necessità di una fusione”.

“Non ci piace per niente – dice Colombani riferendosi alla strategia messa in campo dagli istituti che partecipano al Fitd -. Possiamo invece rilanciare Carige investendo in parte o in tutto il tesoretto inutilizzato dei 165 milioni versati al Foc dai lavoratori. Se le banche vogliono proprio fuggire dalle proprie responsabilità possono cedere le loro quote di bond ai lavoratori bancari e magari a quelle realtà sociali che siano anch’esse disponibili a un investimento di lungo periodo, capace di generare un favorevole impatto sociale prima di un rendimento finanziario”.