Il ridimensionamento della rete di sportelli bancari crea disagio nei territori, preoccupa i lavoratori, genera disfunzioni operative. Il “Corriere Adriatico”, si fa carico dell’emergenza dando ampio risalto alla problematica. Forte il titolo del servizio: “Bruciata una filiale su quattro. Il credito arretra in provincia”
“Fuga delle banche e calo dei finanziamenti anche nel Fermano – scrive l’autore dell’articolo Massimiliano Viti nell’edizione di Fermo -. Secondo una ricerca condotta a livello nazionale da First Cisl, i distretti produttivi hanno perso il 20% degli sportelli bancarie e il 18% dei prestiti. Se nel 2010 le filiali che servivano i territori del made in Italy erano 9.889, a fine 2017 erano scese a 7.912. Nelle zone dei prodotti simbolo del Paese ci sono ben 674 Comuni senza alcuna agenzia bancaria, ossia i1 27% del totale e 125 di loro hanno visto chiudere ogni sportello. La riduzione del servizio è stata accompagnata da un calo del 18% dei prestiti, mentre i depositi sono aumentati del 32%; nel 2010 il made in Italy otteneva finanziamenti per una cifra complessivamente superiore dell’89% ai depositi raccolti sui rispettivi territori, oggi il fabbisogno aggiuntivo è appena del 18%. Numeri, naturalmente, che coinvolgono anche il Fermano, territorio tra l’altro alle prese anche con la situazione che ha coinvolto Banca delle Marche nel corso degli ultimi anni e influito sulla situazione degli sportelli. Un territorio storicamente ricco di imprese, dove insistono i distretti delle calzature e dei cappelli che avrebbe quindi bisogno del massimo sostegno da parte degli istituti di credito, in particolare in un periodo di crisi come questo”.
La ricerca dell’ufficio studi di First Cisl, diretto da Riccardo, viene adattata dal “Corriere Adriatico” al distretto di Fermo comprendente 12 Comuni dove “Gli sportelli bancari sono scesi dai 59 presenti nel 2010 ai 44 del 2017, con un calo percentuale del 25%. Tre Comuni di questo territorio sono rimasti senza sportello. Il sistema locale di lavoro guidato da Montegiorgio comprende invece 20 Comuni nei quali gli sportelli bancari sono passati da da 24 a 20, con una riduzione de117%. In questa macroarea che fa riferimento all’entroterra del Fermano, due Comuni hanno perso tutti gli sportelli e ora sono 7 i centri dove non c’è la presenza di una banca. A Montegranaro (due Comuni) gli sportelli sono scesi del 23% passando da 13 a 10. A Porto Sant’Elpidio (anche in questo caso due Comuni) il calo è stato del 20%, da 20 a 16”.
“Ma se gli sportelli bancari diminuiscono a causa delle ristrutturazioni e fusione dei gruppi bancari che provoca la chiusura delle filiali doppie o non redditizie, e a causa dello sviluppo dell’internet banking, quello che interessa di più il territorio e le imprese – sottolinea Massimiliano Viti – sono i depositi e soprattutto i prestiti che il sistema creditizio eroga. A Fermo i depositi sono saliti del 13% mentre i prestiti sono scesi del 26%. A Montegiorgio +69% dei depositi e -18% dei prestiti. A Montegranaro i depositi sono saliti solo dell’8% mentre i prestiti si sono ridotti del 28%. Infine a Porto Sant’Elpidio i depositi sono aumentati addirittura del 55% ma nonostante questo i prestiti sono scesi del 21%. Nei primi tre sistemi locali (Fermo, Montegiorgio e Montegranaro) tra il 2010 e il 2017 il rapporto tra prestiti e depositi è sceso del 60% circa. A Porto Sant’Elpidio nel 2010 il valore dei prestiti era il 171% in più rispetto ai depositi; nel 2017 questo dato si è ridotto all’87% con un drastico calo dell’84%. Vale a dire che la raccolta è cresciuta del 55%, come abbiamo visto prima, ma le banche hanno chiuso i rubinetti e concesso molti meno prestiti. La riduzione degli impieghi si è verificata in tutta Italia, anche nei distretti in cui le attività economiche crescevano. Figuriamoci nella calzatura dove si è assistito a un arretramento. Si tratta di un distinguo importante perché, come hanno avuto modo di sottolineare spesso le banche che operano nel calzaturiero, con un andamento non positivo, senza crescita e senza prospettive, i prestiti servono principalmente per dare ossigeno alle aziende e spalmare i debiti su un lasso di tempo più lungo. Di investimenti, tranne qualche rara eccezione, non se ne parla. Per cui anche se la banca fosse disposta a concedere un prestito, l’imprenditore non sa che farsene se non utilizzarlo per migliorare il cash flow e la liquidità. Un discorso che piace molto poco agli istituti bancari – conclude il Corriere Adriatico -, il cui comportamento è stato tirato in ballo anche nelle ultime crisi aziendali che hanno investito il distretto delle scarpe”.