Sono 12,8 miliardi di euro gli utili realizzate nel 2017 dalla 5 principali banche italiane. Nello scorrere i bilanci di UniCredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Banco Bpm e Ubi si scopre che i 12,6 miliardi di euro di utili sono in gran parte dovuti alla somma di 19,6 miliardi rinvenienti dalle commissioni. I dati sono ricavati da uno studio di First Cisl e rilanciati dal quotidiano “Milano Finanza” nell’edizione odierna con un articolo di Claudia Cervini dal titolo “Gli utili in banca spinti dalle commissioni”. “Il risultato – si legge – è in gran parte legato ai proventi del risparmio gestito che, per definizione, sono legati alla consulenza offerta alle famiglie da parte dei lavoratori. Non c’è un robot che possa sostituire le persone”.
Alla luce di questi numeri e di queste considerazioni il segretario generale di First Cisl Giulio Romani lancia un chiaro messaggio: “Si torni a fare banca socialmente utile aprendo le porte degli organi di controllo e di amministrazione ai rappresentanti dei lavoratori e dei cittadini». E sulla politica di dismissione dei crediti deteriorati il responsabile dell’ufficio studi di First Cisl, Riccardo Colombani, dice al quotidiano economico milanese “è vero che con le cessioni di grossi stock l’impatto delle rettifiche rispetto ai proventi operativi è sceso dal 51% del 2016 al 28% del 2017 ma l’ ossessione per la svendita degli npl genera potenziali rischi sociali, perché tarpa le ali al rilancio dell’economia, apre la strada a possibili speculazioni a danno dei clienti in difficoltà e distrugge occupazione. In presenza di tassi eccezionalmente bassi che hanno portato a una riduzione dell’1,2% del margine di interesse – prosegue Colombani – l’apporto del margine servizi al margine primario è salito in un anno dal 44,6% al 46,1%, mentre l’incidenza del costo del lavoro sul totale degli interessi e delle commissioni è scesa dal 41,1% al 40,2. Se i tassi tendessero a salire anche di poco – avverte Colombani – gli utili potrebbero volare. Sarebbe tuttavia inaccettabile che, soprattutto dopo i sacrifici chiesti in questi anni ai lavoratori, ai risparmiatori e anche ai contribuenti a beneficiarne fossero solo i grandi azionisti. Il rischio che, agli sforzi fatti da tutte le componenti sociali del Paese per risanare il sistema bancario faccia seguito il tentativo di riaffermare strategie corporative dei banchieri e dei loro alleati, – conclude Colombani – è forte e molto pericoloso. È dunque ora di vincolare finalmente le retribuzioni dei top manager al raggiungimento di obiettivi socialmente utili”.