L’altro giorno la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva la legge sul whistleblowing. Si tratta di un dispositivo introdotto a tutela di quei dipendenti che segnalano una possibile frode, un pericolo o un altro serio rischio che possa danneggiare clienti, colleghi, azionisti, il pubblico o la stessa reputazione dell’impresa. Letteralmente whistleblowing corrisponde all’azione di “soffiare il fischietto” e si può tradurre in “denuncia” (sul posto di lavoro).
La legge è valida sia per il settore privato che per quello pubblico.
La segnalazione del comportamento presumibilmente illecito del collega o del superiore mette al riparo il dipendente che lancia l’allarme su una falsa comunicazione sociale, un danno, una negligenza e reati ben più gravi.
Tra gli altri ne ha dato notizia l’Ansa, con un lancio dal titolo: “Whistleblowing: Camera, ok definitivo alla legge”.
Manco a dirlo la legge in Italia arriva con un certo ritardo. Nata negli Stati Uniti addirittura 150 anni fa, seppure in un ambito circoscritto, oltreoceano la legge ha trovato l’attuale conformazione nel 1989.
C’è da chiedersi, legittimamente, se fosse stata introdotta anche da noi trent’anni fa tanti problemi ai risparmiatori, alle famiglie, alle imprese e al sistema bancario sarebbero stati evitati?