È con un amplissimo servizio a firma di Claudia Cervini che il settimanale Milano Finanza presenta, con il titolo “Un conto da 2,8 miliardi”, i risultati della ricerca di First Cisl sul costo sociale delle crisi bancarie italiane. L’Ufficio Studi di First Cisl, diretto da Riccardo Colombani, ha preso in esame le ricadute finanziare e occupazionali delle crisi di Mps, di Popolare di Vicenza e Veneto Banca (le due popolari di cui Intesa Sanpaolo ha acquisito ampia parte delle attività, mentre un’altra parte del perimetro è passata alla liquidazione coatta amministrativa), delle quattro banche “risolte” (Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Banca delle Marche, CariChieti e Carife, le cui good bank sono state acquisite da Ubi Banca) e delle tre casse di risparmio del Centro Italia (Carim, CariCesena e Carismi) in fase di integrazione in Crédit Agricole Italia. L’articolo è accompagnato dai commenti di Giulio Romani, segretario generale di First Cisl, e dello stesso Colombani.
“Il sistema bancario italiano – scrive Claudia Cervini – sta finalmente risalendo la china, ma il conto delle crisi degli istituti di credito degli ultimi due anni anche senza contare i risparmi persi dai possessori di azioni e di obbligazioni subordinate è salato. Sul fronte dell’occupazione si traduce in 10 mila posti di lavoro in meno su una platea di 40 mila occupati; in 1,2 miliardi di euro già messi a budget dalle banche per la gestione degli esuberi e di altri 1,6 miliardi a carico dello Stato per un totale di 2,8 miliardi di euro dedicati alla gestione degli esuberi. «Al costo sociale delle crisi andrebbe aggiunto anche quello indiretto sopportato dalle economie locali a fronte della stretta creditizia e della gestione aggressiva dei non perfoming loans determinata dalla loro vendita massiva a società che, in certi casi, operano secondo logiche speculative di breve periodo, due fattori che pesano certamente sulla ripresa economica», spiega Giulio Romani, segretario generale di First-Cisl, commentando lo studio realizzato dall’Ufficio Studi del sindacato per MFDowJones”.
“La parte del leone – sottolinea Claudia Cervini affrontando i costi stimati da parte dell’Ufficio Studi di First Cisl – spetta a Mps e alle banche venete. Nell’istituto senese i lavoratori in servizio al momento della soluzione della crisi erano, secondo il bilancio al 30 giugno, circa 24.800; con l’ingresso dello Stato nel capitale e il nuovo piano industriale sono state programmate uscite attraverso il Fondo di Solidarietà (parte straordinaria) per 4.800 persone: i lavoratori in servizio al termine delle uscite programmate saranno quindi 20 mila. Al 30 giugno non risultava alcun accantonamento fatto ad hoc, ma l’indicazione è che il piano di uscite costerà complessivamente 1,15 miliardi di euro al 2021. Il contributo dello Stato allo scopo è rilevante. Secondo la stima di First-Cisl, si parla di 130 milioni di euro destinati a Mps. Questo numero si ottiene sommando il contributo pubblico al Fondo di Solidarietà da qui al 2021 per persona (quindi 32 mila euro a testa moltiplicati per le 1.800 uscite previste nel 2017 e 24 mila euro moltiplicati per le 3 mila uscite in programma dal 2018 in poi). Quanto alle ex popolari venete acquisite da Intesa Sanpaolo, in questo caso il bilancio è diverso per motivi inerenti più alla composizione del personale dell’acquirente che alle dinamiche dell’operazione. I lavoratori in servizio al momento del salvataggio di Popolare Vicenza e Veneto Banca erano 9.303 (a cui vanno aggiunte 700 persone occupate in società finite in liquidazione coatta amministrativa, la cui sorte è ancora nella maggior parte dei casi incerta). Le uscite programmate in questo caso sono 4 mila attraverso il braccio straordinario del Fondo di Solidarietà, di cui 3 mila però sono relative a dipendenti di Intesa Sanpaolo che hanno maturato i requisiti necessari per l’uscita. Il contributo dello Stato stimato allo scopo (attraverso il Fondo di Solidarietà) è di 104 milioni di euro. Per le tre realtà salvate da Ubi Banca (Etruria, Marche e Chieti) si stima un contributo pubblico di 16 milioni di euro e di 3 milioni per la gestione degli esuberi di Carife, acquisita da Bper Banca. «Questo è il risultato di una gestione dissennata di alcune banche da parte dei vertici ma anche di scelte orientate a raggiungere obiettivi che hanno portato i manager a forzare l’ottenimento di risultati di breve periodo senza tenere in alcun conto le ricadute sociali che tali scelte manageriali avrebbero generato», aggiunge Romani. «Quando sosteniamo che le retribuzioni dei manager andrebbero vincolate per legge a una serie di risultati extra contabili, come la qualità del credito erogato, la tenuta del valore delle azioni e la creazione di occupazione, intendiamo sottolineare l’unica via disponibile per evitare che si ripetano situazioni analoghe».
“I numeri riportati nello studio – aggiunge Claudia Cervini – potranno a breve dover essere rivisti al rialzo, dato che alcune partite sono ancora aperte e altre non sono state ancora contabilizzate”.
Poi, il commento di Riccardo Colombani: «L’accordo dell’8 febbraio che abbiamo siglato con l’Abi sulle politiche commerciali e sull’organizzazione del lavoro e il recentissimo avvio della commissione bilaterale destinata a verificarne l’attuazione in tutte le banche consentirà finalmente ai lavoratori di intervenire, attraverso il sindacato, nella valutazione delle scelte gestionali dei manager. È un passo avanti per evitare che in futuro i dipendenti bancari e i cittadini italiani possano essere nuovamente chiamati a pagare altri tributi a fronte degli errori manageriali».