Chief Happiness Manager, sogno o realtà?

CHO, ovvero Chief Happiness Manager, vale a dire il responsabile della felicità in azienda. È  questa una delle nuove figure professionali emergenti nel mondo anglosassone.

Introdotta un paio di anni fa negli Stati Uniti, è notizia recente che la figura del Chief Happiness Manager inizi a farsi strada anche in Europa dove si percepisce sempre più  quanto sia importante lo specialista del buon umore, capace di favorire il clima giusto in ufficio dunque aumentare la produttività e, conseguentemente, gli affari.

La Francia, la Germania, la Gran Bretagna sono i primi Paesi che sperimentano questa nuova professione le cui peculiarità sono state spiegate recentemente sul sito getheppy.com in un articolo dal titolo: “What does a Chief Happiness Officer actually do?” a firma di Paula Clapon. Il responsabile della felicità è, in sostanza, un responsabile HR che crede fortemente che i dipendenti felici siano impiegati migliori.

In Italia non si segnalano finora casi concreti di successo, a parte i corsi promossi dalle società di consulenza. Corsi che, regolarmente, rimangono “lettera morta” piegati, nella realtà, dalla logica delle pressioni commerciali.

Eppure, nonostante la continua necessità di accordi sindacali per attenuare le pressioni, la sensazione è che ci si stia avvicinando sempre di più alla politica della ricerca della felicità in azienda.

Istituzionalmente l’happy manager si occupa dei problemi degli altri, cerca soluzioni e individua strategie atte a rendere più serena la vita del dipendente, sia al lavoro che a casa. Dunque è né più né meno che il piano welfare che le banche hanno introdotto qualche anno fa per la gestione dei premi di produttività, per chi ancora ce l’ha.

Dunque il passo per l’istituzione di un manager addetto, riconoscibile in azienda, potrebbe essere più breve del previsto.